S.L.A.I. Cobas Pomigliano: Fiat, Fca e oggi Stellantis: 40 anni di farsa industriale e occupazionale in danno dei lavoratori
Il Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale: “Decine di miliardi di finanziamento pubblico, centinaia di milioni di ore di cassa integrazione (pagate all’80% dall’INPS), 147.000 posti di lavoro in meno con chiusura di fabbriche, tagli occupazionali e licenziamenti”
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato diffuso da Slai Cobas – Coordinamento provinciale di Napoli Pomigliano.
Quaranta anni di farsa industriale e occupazionale in danno dei lavoratori e in danno sociale con gravi complicità sindacali politiche ed istituzionali Decine di miliardi di finanziamento pubblico, centinaia di milioni di ore di cassa integrazione (pagate all’80% dall’INPS), 147.000 posti di lavoro in meno con chiusura di fabbriche, tagli occupazionali e licenziamenti (addetti Fiat nel 1979: 135.000, addetti Gruppo Alfa Romeo nel 1979: 34.000, addetti Stellantis oggi: 22.000).
Altro che “rilancio”: Stellantis ed i suoi sodali preparano la ‘morte assistita’ (e pagata dallo stato, dai lavoratori e dai contribuenti) delle residue fabbriche italiane e dell’intera componentistica collegata. Dopo quasi un quarantennio di piani industriali fantasma cominciati nel lontano 1986 col regalo di Stato dell’Alfa Romeo alla Fiat da parte di Prodi (all’ora presidente dell’IRI) il Gruppo, oggi Stellantis, gode dell’immeritato monopolio dell’auto in Italia con una risibile produzione annua di 751.384 unità di cui 521.104 autovetture e 230.280 veicoli commerciali (dati 2023).
Infatti, in questo arco di tempo, nella storia industriale di Fiat/FCA – oggi Stellantis – si è registrato un ciclico e sistemico rincorrersi di implausibili piani industriali annunciati e/o presentati dall’azienda con forte e ricercato impatto mediatico ai sindacati ed alle compiacenti istituzioni locali e nazionali, sottoscritti e mai realizzati, in una evanescente sequenza in cui il piano successivo smentiva e annullava il precedente.
Tali vicende sono emblematiche delle inquietanti ed acclarate modalità di ristrutturazione e riorganizzazione industriale (sic) in uso da decenni nell’intero Gruppo sempre attuate con multimiliardari aiuti di Stato diretti, indiretti ed indotti. Una ristrutturazione “speculativa fin dall’origine” e non casualmente, la prima “strategicamente propedeutica alla seconda”.
1° fase: ingiustificato ed abnorme raddoppio della capacità produttiva (implementata tra altro con generosi investimenti pubblici per la realizzazione degli stabilimenti di Melfi e Pratola Serra). Una fase di fatto incompatibile con le realistiche domande, contingenti e di fase, scientificamente desumibili rispetto ad ogni ragionata proiezione del mercato dell’auto;
2° fase: conseguente chiusura e/o progressivo ridimensionamento degli impianti e delocalizzazione produttiva all’estero con inesorabili e progressivi tagli occupazionali ed impiantistici di portata inaudita che hanno comportato da un lato una prevedibile fase di cassa integrazione multi decennale che ancora continua senza soluzione di continuità e dall’altro la conseguente perdita di ben 147.000 posti di lavoro nelle fabbriche del gruppo i cui organici sono passati nel frattempo dai precedenti 169.000 addetti agli attuali 22.000.
Ed oggi, a conclusione del “trend”, Stellantis si appresta alle reali strategie aziendali consistenti nella consapevole scelta di disattendere, sempre, tutti i solenni e formali impegni contratti in adempimento delle obbligatorie “garanzie sociali” (e di tenuta industriale ed occupazionale), ciò nonostante la specifica e collegata fruizione strutturale di ingenti finanziamenti pubblici, cui non è mai seguito alcun ritorno alla collettività del corrispettivo economico investito dallo Stato in termini di utilità, valori e fini sociali.
Il tutto in consapevole e strutturale violazione degli obblighi di legge e Costituzionali in materia di finanziamenti pubblici e del conseguente ed ingentissimo danno erariale. A tal proposito basterebbero semplicissimi accertamenti sulla situazione finanziaria di questi decenni – e sulla correlata e nota carenza di liquidità economica di Fiat/FCA in Italia – per dimostrare, prove alla mano, come la mancata predisposizione di adeguati mezzi finanziari ed industriali abbia rappresentato una incontrovertibile strategia lucrativa aziendale, reiterata negli anni, improntata al consapevole inadempimento delle obbligazioni sottoscritte per la fruizione dei finanziamenti pubblici diretti e/o indiretti. Basterebbero sindacati, partiti ed istituzioni disponibili a tutelare i lavoratori ed i cittadini. Ma di ciò non vi è traccia in Italia! Altro che l’attuale chiacchiericcio elettorale di destra di centro e di cosiddetta sinistra.