Operaio Stellantis: “Se raddoppiano l’incentivo all’esodo ci licenziamo in massa”
Tra i lavoratori di Melfi, nella settimana dello scontro aperto tra Governo e Stellantis proprio sugli incentivi, gli animi sono divisi. “Ma se molliamo in tanti, cosa ne sarà di questa amara Lucania?”
“Apatia” mista a un forte “risentimento” per la piega che sta prendendo la vertenza tra Governo italiano e Stellantis. Gli operai di Melfi, mentre varcano i cancelli, nel turno pomeridiano, tra di loro si confrontano. E il confronto proseguirà anche, dopo, a bassa intensità, sulla linea. Abbiamo sentito uno di loro, prima dell’ingresso. “Guarda – ci dice – tra di noi parliamo e ci diciamo chissà se durerà ancora 7, 8 anni. Iniziamo ad avere seri dubbi”. E’ il tema caldo che tocca lo zoccolo duro delle maestranze di Melfi. Una forza lavoro fatta in prevalenza da 50enni, generazione nata tra la fine degli anni ’60 e i 70. Quelli che molto giovani sono entrati qui. E qui sono rimasti.
“I poteri tra di loro litigano, ma tra i due litiganti, è il povero, cioè il lavoratore, che piange”, prova a sintetizzare la nostra fonte. Sullo sfondo c’è lo scontro sempre più a muso duro tra Stellantis e Governo. Con la prima che tende a risparmiare su tutto, sino alla minaccia di proseguire nelle delocalizzazioni in Polonia, in Serbia, in Marocco e ovunque possa pagare di meno gli operai. E il Governo che invece, col ministro Urso e la premier Meloni, ha lasciato intendere alla multinazionale a maggioranza francese, che gli incentivi del futuro saranno vincolati all’investire in Italia. E ha poi aperto ad un nuovo possibile competitor da ospitare ed eventualmente, sovvenzionare, in Italia, per sfondare il muro del milione di auto prodotte l’anno. “Noi operai siamo confusi, non capiamo chi possa essere l’altro contendente pronto ad investire in Italia. E soprattutto ci chiediamo se questo non rischia di compromettere ancora di più il nostro futuro in Stellantis, già di per sé traballante”.
Nella lotta tra poteri “ricchi” è il povero che rischia di pagare il prezzo maggiore. Tant’è vero che in Italia, dopo le accese polemiche dei giorni scorsi, a rischiare sono Mirafiori e, come sempre, Pomigliano. Un gioco sui nervi che però non risparmia neanche l’umore di chi opera a Melfi e come regalo di inizio anno si è visto togliere il turno di notte. “Da noi sempre più cassa integrazione, meno soldi in busta paga e siamo abbandonati a noi stessi. Capi e capetti in questa fase non se ne vedono in giro. Devono aver fiutato il pericolo anche loro e si tengono alla larga dalla linea”.
Nello stato di abbandono attuale, in molti, tra quei cinquantenni sulle linee, stanno cercando di capire come muoversi, magari d’anticipo, prima della tanto temuta tramontana: “La politica degli incentivi all’esodo qui è partita già due anni e mezzo fa, e con questa incertezza, se raddoppiano gli incentivi, ce ne andiamo in massa”. Ragionamento fatto a mo’ di provocazione, da molti lavoratori in queste ore. “Ma senza lavoro, senza pil e senza produzione, cosa ne sarà di questa regione?”, è l’altra amara sintesi. Gli animi sono divisi. Il raddoppio degli incentivi, sino a 150mila euro o anche più, troverebbe tanti disposti a lasciarsi il passato alle spalle. Con o senza l’aggancio alla pensione. “Ma il futuro nostro è legato anche al futuro dell’Automotive in Basilicata – conclude l’operaio – Se davvero ce ne andassimo in massa non giungerebbe più ricchezza, anzi, sarebbe solo l’anticamera del deserto a San Nicola di Melfi”. Ipotesi da scongiurare. E, per la cronaca, entro il 2026 proprio a Melfi è prevista la produzione di 5 nuovi modelli di cui 4 completamente elettrici e uno ibrido. Ma le fibrillazione tra Governo e Stellantis qui fanno tremare più che altrove. Nella terra da cui i giovani (e non solo) continuano a fuggire, perdere l’unico porto sicuro finora in piedi (“San Nicola”), seppur con le sue conclamate problematiche, sarebbe uno schiaffo al territorio difficile da arginare. E da risanare.