Avigliano, il fascino dell’artigianato nella bottega di Annangela
Ago e filo nelle mani dell’artista creano cultura e meraviglia: un’esperienza e una storia che non devono morire
Avigliano ha sempre avuto sul suo territorio comunale tante botteghe artigianali. Una realtà multiforme e affascinante nella quale ognuno dava spazio al suo estro e alla sua arte creando mosaici meravigliosi di oggetti e attività. Oggi, purtroppo, di tutto questo rimane solo il ricordo, accompagnato dalla stessa malinconia che si prova quando finisce una storia d’amore, perché l’artigianato è arte, è amore che si genera in chi crea e in chi l’apprezza.
Eppure, se arrivate al centro di Avigliano, nella piazza de La Capëtalë, e volete vivere un’esperienza magica, imboccate il vicolo in piano che da qui parte e, dopo pochi metri, troverete una bottega meravigliosa: Il filo di Arianna (visitate il sito Annangela Lovallo). Questa esperienza l’ho vissuta ieri e la porto ancora negli occhi e nel cuore. La titolare, Annangela Lovallo, è una ricamatrice, ma forse sarebbe meglio dire una pittrice che dipinge i suoi capolavori con l’ago e il filo.
Entrati all’interno della sua bottega non si sa più dove e cosa guardare. Sfilano davanti agli occhi tantissimi oggetti comuni resi incantevoli e unici dall’estro creativo di Annangela. Tovaglie, asciugamani, bambole e ogni cosa su cui sia possibile ricamare è lì. Qualcosa è più defilata quasi fosse intimidita dalla presenza di sconosciuti, qualcos’altra è più in evidenza e si mostra con l‘arroganza di chi è consapevole della sua bellezza. Si, perché in quella bottega le cose prendono vita e sembra esprimano sentimenti.
Ma, meraviglia delle meraviglie, se Annangela vi farà il regalo di mostrarvi la sua collezione di spille allora davvero non vi rimarranno più parole per commentarne la raffinatezza. Da chiarire che queste non sono in vendita sono state create da lei per il gusto del meraviglioso, per stupire chi è ancora in grado di stupirsi. A fronte di tanta magia che toglie il fiato, una triste considerazione: Annangela ha raccolto l’eredità di sua madre anch’ella abile ricamatrice, ma la sua di eredità non la raccoglierà nessuno. Quando Annangela deciderà di ritirarsi di non creare più, non ci sarà nessuno a continuare la sua passione creativa.
Allora viene spontanea una domanda: possibile che ci si limiti sempre e solo a parlare di tutela della cultura lucana, ma senza nessuna reale operazione concreta? Creare magari borse per l’apprendistato di qualche giovane che volesse impegnarsi nella salvaguardia del nostro artigianato, è tanto difficile da immaginare? Se non si creano nemmeno queste opportunità che fanno bene a tutti, allora è inutile lamentarsi della mancanza di lavoro e dei giovani che vanno via.
Accanto alla sua bottega, Annangela, con le sue sole forze e il dono di qualche capo di vestiario da parte di generosi aviglianesi, ha creato un vero e proprio museo del costume aviglianese. Anche questo è un luogo magico perché ha il potere di farci rivivere la storia della donna aviglianese attraverso i suoi vestiti e gli accessori. Una storia sorprendente che mostra caratteri tenaci, capaci di sacrificio, orgogliosi e forti. Assolutamente da visitare. Eppure Annangela ci racconta, con delusione, che di giovani non ne vengono e quei pochi che passano si fermano davanti alla sua vetrina solo per aggiustarsi i capelli visto che c’è uno specchio….
Ma la cosa che stupisce di più è sentire che da Annangela non si è mai visto nemmeno il sindaco di Avigliano, mentre arrivano persone da tutto il mondo e, a volte, anche i politici, ma non certo quelli locali. Una delle ultime visite è stata proprio quella del ministro Sangiuliano che è rimasto colpito da tanta bellezza e passione al punto da lasciare i suoi recapiti personali ad Annangela.
In un mondo che non fosse alla rovescia, l’amministrazione comunale e quella regionale dovrebbero valorizzare questi ultimi artisti della nostra cultura lucana e offrire anche alla nostra uno spazio più ampio per creare ufficialmente un museo del vestito aviglianese che possa diventare un altro attrattore turistico.
E invece tutto è lasciato lì, all’iniziativa della singola persona abbandonata e per nulla valorizzata dalle istituzioni. Credo che si dovrebbe almeno un grazie concreto a chi, come Annangela, con passione, dedizione e amore non abbandona il suo paese perché crede ancora di dover provare a valorizzarlo.
* Docente Unibas e Direttrice del Centro Internazionale di Dialettologia