Autonomia Differenziata: “facciamo chiarezza”

19 gennaio 2024 | 11:41
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Autonomia Differenziata: “facciamo chiarezza”

“Le attuali opposizioni parlamentari perché non pretendono di discutere immediatamente la legge costituzionale di iniziativa popolare promossa dal Prof. Villone?”

Premesso che ammiro e sostengo coloro che si battono contro la cosiddetta “autonomia differenziata”, osservo che, come al solito, prevale la più sfacciata “disinformazione”, che in taluni casi diviene vera e propria malafede.

Io non sono mai stato leghista e mai lo sarò, ma non mi permetterò mai di scrivere o dire, come molti purtroppo stanno facendo, che l’autonomia differenziata (sarebbe più corretto dire e scrivere “regionalismo differenziato”) la vuole la lega.

Prima di tutto perché essa è prevista al comma 3 dell’art. 116 dalla “costituzione più bella del mondo”, voluta dal Centro-sinistra nel 2001, e, poi, perché con il DDL Calderoli non si procede affatto alla sua realizzazione.

Al riguardo è bene ricordare, o far sapere a chi non lo sa, che un DDL contenente le identiche criticità di quello attuale fu approvato addirittura da Romano Prodi nel Consiglio dei Ministri n. 93 del dicembre 2007, che però non ebbe seguito. E, nonostante oggi si faccia un gran baccano sui famigerati LEP, in quel DDL non ce n’è traccia.

Con la legge di stabilità 2014, poi, Letta primo ministro (guarda un po’, anche lui un leghista), si è stabilito che il Governo si deve attivare, entro sessanta giorni, dal ricevimento delle iniziative delle Regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali (ora anche delle autonomie), ai fini dell’intesa ai sensi dell’articolo 116.

D’altronde, quando il 28 febbraio 2018 furono addirittura firmate le pre-intese tra il governo Gentiloni (guarda un po’, anch’esso leghista) e le tre regioni nordiste della Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna (guarda un po’, del PD) non c’era nemmeno uno straccio di legge quadro come quella di Prodi e ora di Calderoli.

Quando poi, dopo le elezioni del 4 marzo 2018, la Lega e il M5S sottoscrissero il Contratto per il “Governo del Cambiamento” alle pagine 36 e 37 si legge quanto segue:

«Sotto il profilo del regionalismo, l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda di Governo l’attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte. Il riconoscimento delle ulteriori competenze dovrà essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie per un autonomo esercizio delle stesse. Alla maggiore autonomia dovrà infatti accompagnarsi una maggiore responsabilità sul territorio, in termini di equo soddisfacimento dei servizi a garanzia dei propri cittadini e in termini di efficienza ed efficacia dell’azione svolta. Questo percorso di rinnovamento dell’assetto istituzionale dovrà dare sempre più forza al regionalismo applicando, regione per regione, la logica della geometria variabile che tenga conto sia delle peculiarità e delle specificità delle diverse realtà territoriali sia della solidarietà nazionale, dando spazio alle energie positive ed alle spinte propulsive espresse dalle collettività locali. Occorre garantire i trasferimenti necessari agli enti territoriali e una contestuale cessazione delle “politiche di tagli” compiute dagli ultimi Governi. C’è ancora molto da fare per avvicinare le decisioni pubbliche ai cittadini. Un modo che sembra suggerito anche dagli articoli 5 e 118 della Costituzione, consiste nel trasferire funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni e poi ai Comuni secondo il principio di sussidiarietà.

In tale ambito, si intende rilanciare anche il disegno attuativo delle disposizioni costituzionali su Roma Capitale (art. 114 Cost.) con legge dello Stato. Verrà in tale modo sancito un nuovo Patto tra la Repubblica e la sua Capitale, restituendole nuova e definitiva dignità.

Occorre inoltre utilizzare il modello dei “costi standard” per i servizi regionali e locali.»

La Lega e il M5S, dunque, diedero ufficialità alle tre citate pre-intese e, di conseguenza, anche il M5S non è che possa alzare la voce più di tanto.

Un altro DDL, sempre come quello di Calderoli, è stato poi predisposto addirittura dal governo dei migliori, cioè il governo Draghi. E il suo estensore (guarda un po’, Boccia del PD) sentenziò in Parlamento che chi era contro l’autonomia differenziata era contro la Costituzione.

Insomma, il DDL Calderoli è acqua fresca, in quanto, se in Parlamento venisse approvata la legge che recepisce i contenuti delle intese concordate tra regione e Governo e con la quale si devolvono effettivamente forme e condizioni particolari di autonomia, non ci sarebbe più nulla da fare. Tale legge, detta “rinforzata”, non si potrebbe infatti nemmeno sottoporre a referendum abrogativo, come invece potrebbe avvenire per il DDL Calderoli.

Le attuali opposizioni parlamentari, invece di gridare al fascismo, perché non pretendono di discutere immediatamente la legge costituzionale di iniziativa popolare promossa dal Prof. Villone? A proposito, ne sapete qualcosa di tale legge? Ebbene, essa vorrebbe intervenire proprio sulla Costituzione per modificare taluni aspetti degli artt. 116 e 117 ed evitare proprio la “secessione dei ricchi”. Il Titolo breve, infatti, è il seguente: Modifiche agli articoli 116 e 117 della Costituzione, in materia di autonomia regionale e riparto di competenze legislative. E il punto centrale riguarda proprio l’abrogazione del terzo comma dell’art. 116.

La raccolta delle firme, infatti, ha avuto successo poiché ne sono state raccolte 105.937 contro le cinquantamila previste dal secondo comma dell’articolo 71 della Costituzione. Il 1° giugno 2023, quindi, sono state presentate al Senato ed è iniziato l’iter.

Ma bisogna anche sapere che il numero delle firme nel Mezzogiorno continentale, cioè quello più interessato alla eventuale autonomia, non avrebbe raggiunto il quorum. Nella provincia di chi scrive (Benevento) se ne sono avute solo 558 e, se avessero firmato almeno i politici locali, si sarebbe superato il numero di 900.

Ma i dati più sorprendenti si rilevano nelle quattro regioni “rosse” poiché il PD, che oggi sembra il nemico numero uno dell’autonomia differenziata, non ha minimamente appoggiato tale proposta, come si rileva dal numero delle firme raccolte:

  • Campania 18.779;
  • Puglia 14.020;
  • Toscana 7.797;
  • Emilia-Romagna 2.879.

Al cortese lettore le conclusioni.

Luigi Ruscello ∗

Nasce a Benevento nel 1946. Ha compiuto gli studi classici ed è laureato in Scienze politiche. Ha conseguito l’abilitazione alla professione di dottore commercialista e di revisore legale. Dal 1967, anno in cui inizia la carriera bancaria, si occupa di problemi economici. Ha collaborato con giornali e riviste ed è autore di studi a carattere statistico-economico, tra i quali: Benevento provincia interna. Lineamenti economici e ipotesi di sviluppo (1974); Aspetti statistici del credito agrario in Campania (1977); Lo sviluppo economico delle zone interne (1978); I bilanci delle aziende di credito per gruppi dimensionali (1988); Benevento e il Mezzogiorno (2010); Turismo e sviluppo. Il caso di Benevento (2014); La questione meridionale non avrà mai fine (2016); Giornata della memoria, neoborbonismo e cause perdute (2018); Secessione dei ricchi o svilimento della questione meridionale? (2019); Brevi considerazioni sull’emigrazione vecchia e nuova (2019); È realizzabile il regionalismo differenziato? (2019), Luoghi comuni, miti e stereotipi dell’emigrazione italiana. È vero che espatriano i meridionali? (2021); Il turismo in provincia di Benevento. Gli indicatori di sintesi (2022). Il volume La questione meridionale non avrà mai fine è stato premiato 15 volte. Il saggio Giornata della memoria, neoborbonismo e cause perdute (2018) ha ottenuto una segnalazione di merito. Quattro suoi saggi sono stati resi pubblici sul sito academia.edu. Nel 2023 scrive Mezzogiorno e Germania Est. Un confronto (Rubbettino).∗