Autonomia differenziata, Esposito (CGIL Potenza): “Colpo di grazia alla Basilicata”
“Utilizzeremo tutti gli strumenti democratici a disposizione per contrastarla”
“Sette mesi di discussione in commissione Affari costituzionali sul Ddl Calderoli, e le irrilevanti modifiche che ne sono conseguite non hanno cambiato la sostanza dell’Autonomia differenziata disegnata dal Governo e approdata all’aula del Senato. A partire dai Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, la cui definizione serve a ben poco se, come espressamente previsto, non vengono stanziate le risorse necessarie per garantirli effettivamente in ogni territorio”. Lo afferma il segretario generale della Cgil di Potenza, Vincenzo Esposito, che oggi ha partecipato al flash mob organizzato nel capoluogo lucano.
Del resto – prosegue il dirigente sindacale – la presidente del Consiglio, nella conferenza stampa dello scorso 4 gennaio, è stata molto esplicita sul punto: non ha alcuna intenzione di recuperare, attraverso la lotta all’evasione e una maggiore progressività fiscale, i fondi necessari a finanziare il welfare pubblico e universale, a cominciare dalla sanità. Preferisce piuttosto tagliare la spesa sociale.
“Ribadiamo quindi – aggiunge Esposito – tutta la nostra contrarietà rispetto a un provvedimento destinato, inevitabilmente, ad aumentare i divari tra le diverse aree del Paese, a partire dal Mezzogiorno e dalla Basilicata. L’autonomia differenziata inasprirà la competizione sociale e territoriale; farà crescere ulteriormente le diseguaglianze e a frammenterà le politiche pubbliche su materie di straordinaria rilevanza strategica come ambiente, politiche energetiche, infrastrutture, ricerca e scuola, assestando un colpo definitivo alla stessa unità culturale dell’Italia.
Una cosa è certa – conclude Esposito – i lucani e le lucane che rappresentiamo, lavoratori, giovani e pensionati, non hanno nulla da guadagnarci, come dimostra la messa in discussione del contratto nazionale di lavoro con il ritorno alle gabbie salariali e l’intenzione di trattenere nelle Regioni più ricche il cosiddetto residuo fiscale, impedendo così qualunque politica industriale e di coesione nazionale. Per tutte queste ragioni, insieme alle tante associazioni e realtà con cui condividiamo un giudizio fortemente critico su questa scelta, utilizzeremo tutti gli strumenti democratici a disposizione per contrastarla”.