Angelo Chiorazzo, il Messìa che finì come Attila
All’inaugurazione del suo Comitato elettorale, insieme a quei cittadini che ‘se la bevono’, c’era una fetta enorme del sistema politico e di potere che ha fatto piovere e nevicare sia a Roma che in Basilicata. A Parte l’immancabile sponsor Donato Macchia
Ripartiamo da alcune domande: perché Chiorazzo va avanti come un caterpillar senza tener conto delle dinamiche interne ai partiti? Perché a tutti i costi aspira a diventare presidente della Basilicata, nonostante oltre la metà del centro sinistra e la stragrande maggioranza del M5S non lo vogliono? Qualcosa non quadra, anzi quasi tutto non quadra. Chi è abituato a pensare queste domande se le fa. Angelo Chiorazzo, lo abbiamo già scritto, il percorso verso le elezioni lo sta preparando da almeno un paio di anni. Nulla in tutto questo tempo è coincidenza. Le feste dell’Avvenire, l’ingresso nel Potenza Calcio con Donato Macchia, l’aggancio con il documento delle Associazioni cattoliche laicali diffuso nell’estate scorsa, l’abbraccio pubblico con il clero locale e quello romano. E poi le vecchie amicizie con politici di tutti gli schieramenti a livello regionale e nazionale che risalgono come un’eco nelle immagini di feste e di kermesse degli ultimi mesi, il battage pubblicitario in pieno stile berlusconiano, le interviste e i discorsi in pieno stile andreottiano. (Basta notare come risponde alle domande, senza rispondere).
L’esito di queste “coincidenze” sarebbe stato la candidatura di Chiorazzo a presidente, proposta da se stesso in prima battuta e da altri in seconda battuta. Tuttavia, l’inconsistenza politica del personaggio e l’assenza di contenuti nei suoi rari discorsi in pubblico, richiedevano e richiedono una tattica fondata sulla costruzione di un’immagine a copertura di tutto il resto: “Ecco a voi il Messìa, destinato a sovvertire le sorti della Basilicata, travolto da un’improvvisa vocazione spirituale”. Parecchia gente questa storia se la beve. “E’ lui l’uomo giusto, fuori dai partiti, imprenditore, benefattore, la novità fatta in persona.”
Ebbene, non c’è bisogno di ripetersi, tra l’altro la storia di Chiorazzo è sui giornali da almeno 20 anni. Le amicizie e le reciprocità con esponenti politici di destra, centro e sinistra. Dalla Dc al Pd, passando per il Psi, eppure è fuori dai partiti: certo bisogna avere amicizie ovunque per fare strada. “E’ l’uomo che nulla ha a che fare con il sistema di potere lucano”. Certo, negli ultimi 20 anni ha avuto a che fare con tutti i presidenti della Basilicata e con le organizzazioni professionali e di categoria con cui ha stretto accordi imprenditoriali e deciso assunzioni. Eppure, è fuori dal sistema. Peccato che all’inaugurazione del suo Comitato elettorale, insieme a quei cittadini che se la bevono, ci fosse anche una fetta enorme del sistema politico e di potere che ha fatto piovere e nevicare sia a Roma che in Basilicata. Sono quelli che oggi, specie del Pd e un gruppetto del M5S, si ergono ad apostoli del Messìa, dopo essersi comportati da Giuda con la Basilicata. Questi ultimi non se la bevono, la danno a bere agli altri, ma loro fanno altri calcoli. Addizioni, sottrazioni, divisioni e moltiplicazioni per resistere e riemergere nell’Olimpo del Potere. Intorno al Messìa questi signori vedono spazi di manovra: con Chiorazzo si possono concludere ottimi accordi sia politici, sia economici. Dall’altra parte, nel Pd, altri temono di perdere fette di potere e perciò si oppongono alla candidatura del Messìa. Insomma, il combattimento elettorale avviene, almeno in alcuni settori dei partiti, sul terreno degli interessi.
Tuttavia, il problema che più ci sta a cuore è politico. Chiorazzo è stato veloce, è andato spedito con le iniziative finalizzate a creare l’immagine, l’involucro, e ad offrire una percezione “distorta” della realtà. Avremmo preferito la stessa velocità nella comunicazione di contenuti. Non sappiamo che cosa ci sia dentro quella scatola. Il Messìa rinvia i contenuti a tavoli programmatici, di partecipazione democratica e collettiva. Strano invece che nella costruzione della proposta di candidatura, nella creazione dell’involucro abbia fatto e deciso tutto da solo. Non pretendiamo oggi un programma elettorale, ma idee programmatiche convincenti sì. A parte l’evocazione del “cambiamento”, della “storia nuova”; a parte le chiacchiere sulla Sanità e sullo sviluppo, non abbiamo ancora capito che cosa intenda fare Chiorazzo, come intenda farlo, con quali risorse e con quali competenze. Tutti vogliono eliminare le liste di attesa, tutti vogliono invertire la drammatica tendenza allo spopolamento, tutti voglio creare lavoro per i giovani, tutti vogliono cambiare l’andazzo del servizio sanitario regionale, eccetera. Lo volevano anche quelli di prima e di prima ancora. Di questi slogan da campagna elettorale i cittadini hanno le orecchie piene. Strano anche che Chiorazzo il cambiamento (quale?) lo voglia fare con personaggi alla Donato Macchia e con esponenti politici, suoi sostenitori, che certo il “cambiamendo” lo hanno usato a loro esclusivo vantaggio. Non abbiamo capito che cosa voglia fare, ma almeno è chiaro con chi voglia farlo.
Rimane il fatto, in queste ore, che mezzo Pd e quasi tutto il M5S, si oppongono a Chiorazzo. Un’opposizione fondata su ragioni diverse, a seconda della parte politica, più o meno nobili, ma opposizione rimane. Il Pd convocherà molto probabilmente una direzione regionale a breve, per provare a sancire un passo indietro rispetto al Messìa e ritrovare un minimo di unità. Il M5S, a parte il gruppetto legato ad altri interessi, ha già chiarito ampiamente la sua posizione: No Chiorazzo. Alla fine dovremo ammettere che la discesa in campo del Messìa è servita a mettere zizzania in quel poco di politica che ancora esiste e resiste in Basilicata. Chiorazzo ha agito politicamente come Attila e come Attila è destinato alla sconfitta. Forse, anzi probabilmente, non mollerà, farà una sua lista e si presenterà comunque alle elezioni. In fondo è la sua missione.