Tumori neuroendocrini, al Crob di Rionero la terapia “killer” per le cellule tumorali

8 novembre 2023 | 10:54
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Tumori neuroendocrini, al Crob di Rionero la terapia “killer” per le cellule tumorali

La terapia con radioligandi è la nuova frontiera della medicina di precisione in ambito medico-nucleare

Tra i primi ad esplorare le potenzialità di questa terapia, tra i pochi centri accreditati a livello europeo anche come training center, l’unità operativa complessa di Medicina Nucleare dell’IRCCS Centro di Riferimento Oncologico della Basilicata (CROB) di Rionero in Vulture, è l’unica struttura regionale in grado di offrire una terapia oncologica innovativa, che sta rivoluzionando la cura del cancro a partire da una neoplasia rara, come appunto i tumori neuroendocrini (NET), ma che in futuro potrà arricchire il ventaglio terapeutico di numerose tipologie di tumori.

“I NET sono un gruppo eterogeneo di neoplasie con sintomi variabili, a volte silenti che li rendono non facilmente identificabili – dichiara Giovanni Storto, medico nucleare, IRCCS CROB Rionero in Vulture – Riferimento per molti pazienti nel Sud, la nostra struttura in due anni ha preso in carico 521 pazienti, provenienti anche da altre regioni, soprattutto Puglia, Calabria e basso Salernitano”. I tumori neuroendocrini nella maggior parte dei casi interessano il tratto gastrointestinale (GEP-NET) e, non dando chiari sintomi, nel 40%-50% dei casi vengono diagnosticati con ritardo, in fase metastatica, non aggredibile con radioterapia standard e non più operabile. “Questi pazienti in condizione avanzata con metastasi sono quelli che in genere vengono indirizzati alla RLT; a regime ne tratteremmo circa 50 l’anno. Purtroppo arrivano a effettuare questo trattamento in condizioni di salute già troppo compromesse – precisa l’esperto – Alla luce dell’efficacia dimostrata dalla RLT sarebbe auspicabile anticipare la possibilità di trattare il paziente, rispetto a quanto previsto oggi dai protocolli terapeutici”.

La terapia con radioligandi è la nuova frontiera della medicina di precisione in ambito medico-nucleare, in grado di ‘taggare’ e colpire le cellule tumorali, distinguendole selettivamente da quelle sane e di ridurre i danni collaterali. I radioligandi sono killer di precisione capaci di individuare le cellule tumorali più nascoste ovunque si trovino e di annientarle una per una. Un radioligando è composto da due elementi: una molecola “ligando”, cioè un vettore in grado di riconoscere e legarsi alle cellule tumorali che, nella fase terapeutica, viene ‘agganciata’ a un isotopo radioattivo trasportato direttamente sulle cellule malate. Raggiunto il bersaglio finale l’isotopo irradia selettivamente le cellule tumorali, provocandone la morte. Si tratta dunque di una terapia target di ultra-precisione, che unisce un’elevata efficacia, sicurezza e tollerabilità a una minima tossicità, perché non va metabolizzata e agisce per periodi limitati che dipendono dal tempo di decadimento della radioattività. “La RTL inconfutabilmente porta un vantaggio in termini di sopravvivenza del paziente, a cui si aggiunge un miglioramento della qualità di vita e, in alcuni casi, la riduzione delle lesioni e soprattutto garantisce un maggior tempo di stabilità della malattia in oltre il 60% dei casi. In pazienti metastatici e quindi in condizioni fisiche precarie, anche solo stabilizzare la patologia garantendo un tempo in cui la malattia non progredisce è un risultato notevole”.

Con le opzioni terapeutiche precedenti ci si aspettava un’efficacia di 1 anno/1 anno e mezzo in termini di capacità di stabilizzare la malattia. Con il nuovo approccio la stabilizzazione della malattia è in media ben più lunga, più di tre anni in termini sopravvivenza libera da progressione. Inoltre è ben tollerata rispetto alle altre terapie che sono gravate da una tossicità quotidiana che invece nel caso dell’RTL è moderata e contestuale al periodo immediatamente successivo alla somministrazione.

Il percorso di cura per i pazienti NET negli anni è significativamente migliorato. La RLT, inoltre, ha facilitato le occasioni di confronto multidisciplinare, in primis tra oncologi e medici nucleari. Tuttavia bisogna continuare a impegnarsi per implementare una stretta collaborazione tra clinici di diverse discipline, per creare un dialogo e una consuetudine di lavoro in team – sottolinea Storto – Dall’oncologo al medico nucleare, al fisico medico si tratta di professionalità con formazione e linguaggi diversi, ognuna depositaria di competenze indispensabili per ottimizzare l’impiego della nuova terapia e migliorare la gestione del paziente”, conclude.