Sciopero Cgil e Uil contro la legge di bilancio, presidio di 8 ore a Potenza

16 novembre 2023 | 15:14
Share0
Sciopero Cgil e Uil contro la legge di bilancio, presidio di 8 ore a Potenza

La protesta contro la manovra del governo Meloni

Di seguito il comunicato stampa di Fp Cgil e Uil Fpl sullo sciopero di domani, 17 novembre.

“Domani venerdì 17 novembre i lavoratori e le lavoratrici dei servizi pubblici scioperano otto ore nell’ambito dello sciopero generale proclamato da Cgil e Uil contro un Ddl Bilancio iniquo, che prevede tagli e nessuna prospettiva di crescita. A Potenza la manifestazione si svolgerà in piazza Matteotti dalle 10,30 e vedrà la partecipazione della segretaria nazionale della Fp Cgil Giordana Pallone.

Molteplici le ragioni che hanno spinto Cgil e Uil a scendere in piazza con lavoratori e cittadini. Sul fronte salariale, la richiesta è quella che gli stipendi siano adeguati .alle professionalità e al costo della vita: per il rinnovo dei contratti sono state stanziate somme altamente insufficienti per provare a sanare il gap che si è creato tra stipendi e costo della vita, che permetterebbero incrementi salariali del 5,78% a fronte di un’inflazione arrivata al 16,1%. Scendiamo in piazza per un sostegno al potere dj acquisto di lavoratori e famiglie e per dire basta alla disparità salariale tra i lavoratori pubblici e quelli del privato: chiediamo che per lo stesso lavoro vengano garantiti gli stessi diritti, mettendo fine una volta per tutte al dumping contrattuale. Chiediamo che le indennità per lavorare di notte o per fare straordinario siano pagate di più, ma anzitutto chiediamo salari più alti e non deroghe agli orari di lavoro, per dire basta ai continui saltiriposo, agli eccessivi carichi di lavoro di una pubblica amministrazione, sanità in primis, al collasso. Perché vorremmo si lavorasse in salute e sicurezza, con un vero diritto alla conciliazione dei tempi vita/lavoro, ma senza un piano straordinario dell’occupazione siamo consapevoli non sia possibile.

I servizi pubblici ai cittadini sono al lumicino e le politiche del governo che non provano ad invertire la rotta dimostrano come la pandemia non ha insegnato niente: continuiamo ad assistere, con i pensionamenti, ad uno svuotamento degli enti che non riesce ad essere colmato dalle nuove assunzioni, troppo poche e bloccate dai tetti di spesa del personale, con una pubblica amministrazione sempre più precaria. Si continua a non investire nella pubblica amministrazione, avamposto dei diritti costituzionali, e si va sempre più verso l’esternalizzazione dei servizi. Per non parlare dell’anticipo previsto dal governo nelle buste paga di dicembre, una misura che divide i lavoratori (solo i tempi indeterminati ne beneficeranno) e che divide ulteriormente quelli dello stato da quelli di enti locali e sanità, in quanto i dipendenti dello stato avranno con certezza queste risorse, quelli della sanità le avranno con molta probabilità, con le regioni che stanno provvedendo a quantificare le risorse necessarie, mentre su quelli degli enti locali pesa l’incognita dei bilanci degli enti, che dovrebbero anticipare le somme. Somme che, alla fine dei conti, assorbiranno il bonus 2023 e porteranno una diminuzione dei salari da gennaio 2024, perché già anticipate. Il taglio del cuneo fiscale, di cui tanto si parla, è solo una conferma di misure già esistenti, che come organizzazioni sindacali avevamo fortemente promosso, e che non si riesce ancora una volta a rendere strutturale.

Non ci sono risposte per la stabilizzazione dei precari nel settore pubblico, non si danno risposte agli idonei nelle graduatorie e si continua a tagliare, 600 milioni di euro, su Regioni, Province e Comuni, mettendo a rischio, ancora una volta, il turnover del personale.

A questo proposito la sanità è l’esempio lampante di come si stanno sgretolando i servizi pubblici: manca personale e a quel poco che c’è, già sottoposto a turni massacranti, senza possibilità di usufruire di ferie e riposi contrattuali, vengono chiesti turni aggiuntivi, stanziando 700 milioni di euro per finanziare prestazioni aggiuntive con tassazione agevolata. Noi chiediamo più retribuzione e non maggiori deroghe all’orario di lavoro. I medici scappano dalla sanità pubblica verso il privato, attratti da una migliore qualità della vita e di gestione del tempo a fronte di migliore retribuzione. Bisogna investire sul personale. Le liste d’attesa hanno origine nella drammatica carenza di personale, con i professionisti rimasti che faticano ogni giorno h24 in un contesto frustrante, demotivante e troppo spesso a rischio di aggressioni. Bisogna investire nella sanità e non definanziare il fondo sanitario nazionale: la riduzione degli stanziamenti del Governo al Fondo Sanitario Nazionale dal 6,7% al 6,1% non consentirà di garantire la tenuta dell’intero Sistema Socio Sanitario Pubblico e Privato, contribuendo allo smantellamento del sistema. E’ tempo di curare la sanità e curare chi ci cura. Lo ripetiamo da tempo. Solo così potremmo ridurre le liste di attesa e garantire ai cittadini i diritti di salute costituzionalmente sanciti. Non possiamo dimenticare che i servizi pubblici garantiscono i diritti di cittadinanza previsti dalla Costituzione per tutte e tutti e c’è necessità di servizi pubblici universalmente garantiti.

Il governo è riuscito in quella che chiunque pensasse un’impresa impossibile, ovvero peggiorare le condizioni della Legge Fornero: il vergognoso ricalcolo contributivo di tutti i versamenti arriverà a tagliare l’assegno pensionistico fino al 20%, con una revisione delle aliquote del calcolo delle pensioni liquidate a partire dal 1/1/2024 che penalizza i lavoratori del pubblico impiego. Perdite importanti, che possono arrivare a 11.000 euro lordi all’anno. Si colpiscono, tra l’altro, ancora una volta le donne con l’aumento a 61 anni di età per accedere ad “opzione donna” e l’introduzione di ulteriori limiti. Scendiamo in piazza per un fisco equo e giusto: pagare tutti per pagare meno.

Contro una legge di Bilancio che non dà alcuna risposta, non possiamo che scendere in piazza e scioperare, mobilitandoci per garantire servizi pubblici efficienti e fermare l’impoverimento della Pa.