L’erranza di Anita Piscazzi, versi ai confini del silenzio

18 novembre 2023 | 13:54
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L’erranza di Anita Piscazzi, versi ai confini del silenzio
Anita Piscazzi

Intervista alla poeta, musicista e ricercatrice che ha da poco dato alle stampe la sua nuova silloge

Anita Piscazzi, poeta, musicista e ricercatrice, ha recentemente dato alle stampe la silloge “L’erranza” (peQuod, 2023), dopo aver pubblicato diversi lavori – in silloge e in raccolte antologiche – e collaborato a progetti poetico-musicali con diversi artisti, tra cui Eugenio Finardi e Michel Godard. Collabora con diverse riviste culturali. Ai confini del silenzio, nasce il progetto “L’erranza”. Per saperne di più, le abbiamo posto alcune domande.

Come nasce la tua ricerca sul tema dell’erranza?

La mia ricerca nasce dal bisogno di cercare l’oltre in una dimensione particolarmente spirituale. Errare significa sbagliare, perdere i punti di riferimento più sicuri, dunque è la necessità di un forte cambiamento nella relazione con l’altro. Ma errare ha anche il significato di intraprendere un cammino, di andare alla continua ricerca proprio quando si perdono i punti forti di riferimento. È un’avventura umana – spirituale continuamente in movimento, anche quando si pensa di restare. Nella raccolta “L’erranza”, l’io poetico è alla costante ricerca del silenzio più estremo, al di là dello spazio e del tempo. Un silenzio fatto di universi, di altre dimensioni e di abissi interiori. Così ho scoperto che tutto mi riportava alla luce e ho iniziato ad indagare sul tema non semplice della luce ed è su questo doppio filo che ho tessuto la raccolta: silenzio e luce. Ma, l’erranza non può esistere senza la restanza, aspetti inseparabili della vita che stabiliscono una reciprocità. Non si resta mai del tutto, così come non si parte mai in modo definitivo. Chi lega il proprio corpo a un luogo di solito migra attraverso la propria mente. Dunque, “L’erranza” è l’indagine del percorso poetico inteso come visione mistica, come destino spirituale, in cui ogni luogo diventa un segno del nostro incessante vagare.

La tua poesia sembra puntare alla definizione di un personale misticismo, in una rigorosa ricerca dell’invisibile. Cosa ti spinge in questa direzione?

La connotazione spirituale è la cifra della mia scrittura poetica, frutto della mia costante ricerca interiore, di una dimensione che si è allargata fino al bisogno di cercare l’oltre, l’invisibile, seguendo quell’asse che sempre ha unito l’uomo con il cosmo e che ultimamente abbiamo dimenticato, prova ne è l’abilità di ciascuno di noi, ad ascoltare e il tendere all’infinito. Questo è un bisogno che dimora costantemente in me, ma da un po’ di tempo è venuto fuori con una certa insistenza. È frutto di un momento difficile della mia vita, grazie al quale ho spostato completamente la visione della mia esistenza aprendo una nuova strada ad una maggiore possibilità di crescita interiore e di cambiamento. In cinque anni di lavoro sulla mia ultima raccolta, ho cercato il silenzio, quello fisico e non solo, per una urgenza personale e interiore che andasse a rimuovere il caos esterno, il ‘troppo di tutto’ che c’è fuori. Così attraverso le letture dei mistici, ma anche attraverso la musica, ho cercato suoni che andassero ad allargare spazi interiori, ritagliandomi pochi minuti del quotidiano per essere completamente immersa nella meditazione e nell’ascolto di quell’unica voce interiore che è vitale e mi dà energia, così ho alimentato la sfera spirituale.

A quali maestri ti ispiri?

Sono tanti e diversi. Leggo molta poesia mistica. Ma sicuramente i miei punti di riferimento sono: Hadewijch d’Anversa, Margherita Porete, Cristina Campo, Margherita Guidacci, Fernanda Romagnoli, Salvatore Toma, San Giovanni della Croce, Meister Eckhart.

Quanto influisce la tua cultura di musicista sull’ispirazione e la scrittura poetica?

Molto. Sono cresciuta con la musica, l’ho respirata sin da bambina e certi suoni, sospensioni e silenzi mi sono rimasti dentro e dunque mi abitano. La poesia non era contemplata nella mia vita è nata naturalmente dalla musica ed è emersa quando è accaduto qualcosa, quando ho sentito il bisogno di esprimermi anche con le parole. Così ho iniziato a rispettare queste due anime che non possono prescindere da me, alcune volte, però vivono di vita propria. Dunque, ho cominciato a dare un corpo ad entrambe, tanto da andare alla ricerca della parola concepita come un suono e a sperimentare il suono come se fosse una parola. Ho pensato, allora, di dare forma ad un unico corpo poetico-sonoro e ormai sono anni che porto avanti questa idea da cui è nata “Erranza, dieci variazioni sul tema”, progetto piano-poetico che unisce le due anime: la parola poetica e le improvvisazioni pianistiche che l’attraversano. Questo stesso progetto, in seguito, ha dato il titolo a “L’erranza”.