Il femminicidio è il sintomo di una malattia più vasta e profonda

20 novembre 2023 | 14:28
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Il femminicidio è il sintomo di una malattia più vasta e profonda

Le violenze sulle donne crescono e si fanno sempre più crudeli e sofisticate. Si abbia il coraggio di sfidare la patologia

Siamo alle solite. Una ragazza viene uccisa dal suo ex fidanzato. Giulia aveva una vita davanti e Filippo, l’assassino, “era un bravo ragazzo.” Fatto sta che la tragedia si è consumata. L’ennesimo episodio che scuote l’opinione pubblica. L’ennesimo episodio che scatena la retorica dei media: scrittori, psicologi, giornalisti, sindacalisti, eccetera prendono la parola per dire le stesse cose raccontate in occasione dell’episodio precedente e di quello precedente ancora: “cultura, educazione all’affettività, educazione sentimentale, gestione delle emozioni”. Quando la vicenda assume i contorni mediatici più estremi, ecco che prendono la parola i politici, immancabilmente anche loro non sanno che dire, tranne che c’è bisogno di “educazione, cultura, scuola, famiglia, risorse”. Adesso il cerino passa in mano alla Scuola come per dire che “la famiglia è incapace di educare”. Se è vero, qui manca un perché.

Leggo oggi il comunicato di un sindacato, firmato dalla loro responsabile Pari opportunità: “E allora, ci sono delle domande che urlano: perché? Perché, un uomo che dovrebbe proteggere e sostenere una donna, condividere sogni e progetti con una donna, gioire dei successi di una donna, conservare e custodire con tenerezza e rispetto anche il ricordo di una donna con cui non ha funzionato, riesce a diventare cosi brutale, cosi sentimentalmente analfabeta, al punto da uccidere! In quell’affermazione “dovrebbe proteggere” c’è tutto un mondo che non ha imparato nulla. E la risposta a quel perché, appare banale come una frittata: c’è ancora tanta strada da fare.

Rimane il fatto: il degrado morale, civile, culturale cresce e si fa fenomeno dei tempi. I femminicidi sono lì a ricordarci che nulla cambia. Le violenze sulle donne crescono e si fanno sempre più crudeli e sofisticate. E non solo quelle. Nonostante tutto, si continua a trattare questi fatti come episodi legati agli individui non alle persone. Ogni caso è un caso individuale, o di coppia o di famiglia. Eppure, si parla di fenomeno sociale. Il femminicidio fa altre vittime: le famiglie e soprattutto i bambini cosiddetti “orfani speciali”.  Molti di loro assistono all’assassinio della madre. In un solo colpo vengono violati il diritto alla libertà delle donne e i diritti dei bambini riconociuti dalla comunità internazionale.

E se si tratta di fenomeno sociale allora è il caso di chiedersi perché esiste e si diffonde anche tra i ragazzi, prima di domandarsi come contrastarlo o combatterlo. Se esiste ci sarà una ragione e se non capisci quella ragione non puoi nemmeno agire una sfida. La pietas, la solidarietà, la commozione, la rabbia, la retorica dello spettacolo mediatico non servono, anzi spesso ostacolano i tentativi di scavare nel profondo delle cause. E le cause sono alla radice e la radice è l’Uomo. Affrontare l’argomento, da questo punto di vista, non è possibile con un semplice e modesto articolo. Tuttavia, proviamo a dire qualcosa.

La responsabilità è sempre personale, ma le condizioni di esercizio della responsabilità spesso dipendono da altro. Il femminicidio è uno dei sintomi di una malattia più vasta e profonda. Una malattia provocata dalla banalizzazione dei sentimenti, delle emozioni e la loro mercificazione, dalla scomparsa dell’Altro nelle relazioni quotidiane e dalla morte dell’empatia, dallo svuotamento dei significati, dalla crisi di senso, dall’egocentrismo e dal narcisismo di massa, dalla prevalenza del postumano sull’umano, del possesso sulla condivisione, dell’Io sul noi. E così via.

In questo quadro patologico molti altri sintomi sono evidenti nella cosiddetta “società del benessere” causa di tutti i mali: dipendenze, violenze, guerre, fame, povertà, sfruttamento. La questione, ormai, non è più solo culturale o educativa, è antropologica. Viviamo nel quadro di paradigmi forgiati da un modello disumano di produzione e consumo che informa un modello disumano e postumano di vita. Bisogna avere il coraggio di sfidare e rovesciare questo modello.