Basilicata. Dietro le quinte della retorica elettorale

1 novembre 2023 | 12:32
Share0
Basilicata. Dietro le quinte della retorica elettorale

Quello vuole fare il sindaco, quell’altro vuole ricandidarsi, l’altro ancora deve tutelare interessi imprenditoriali, tizio deve sistemare la famiglia, caio deve fare il dirigente, l’elenco potrebbe essere lungo e noioso

Torniamo a dire che la battaglia elettorale, in pieno vigore, è un gioco “sporco” di retorica e di apparenza. La sceneggiata che lor signori chiamano “politica”, non è altro che una guerra in cui la prima vittima è la Basilicata.  Il laicato cattolico, i cattolici in politica, il cambiamento, lo sviluppo della Basilicata, il bene comune, l’alleanza democratica, e così via sono specchietti per le allodole. La sensazione è che tra centro destra e centro sinistra molti dei personaggi in scena puntano al centro tavola. Un esponente del M5S dichiara che Chiorazzo è l’uomo giusto per un campo largo capace di sconfiggere la destra. Poi scopriamo che quella dichiarazione potrebbe avere nulla a che fare con il campo largo, ma con gli accordi sottobanco e le promesse finalizzate a soddisfare il desiderio dell’esponente pentastellato di diventare sindaco.

Altri personaggi tutti aspiranti al centro tavola, dovrebbero spiegare il fenomeno migratorio di questi mesi da un partito all’altro: si entra, si esce, si rientra. Passi di danza che nulla hanno a che fare con la Politica. Tutto è dettato dall’istinto di conservazione delle posizioni e dei privilegi acquisiti. Dopo mesi se non anni di silenzio, taluni escono dal letargo, annusando l’opportunità di sedersi alla tavola seppure non al centro.

Ex consiglieri, ex parlamentari, ex spaesati per colpa del Governo Meloni, manovrano i cucinieri vestiti da chef. “Il centro destra unito vince”, una frase che possiamo tranquillamente tradurre in altro modo: se ci mettiamo d’accordo sulla spartizione del potere e delle prebende, tutto filerà liscio. “Il campo largo è l’unico modo per sconfiggere le destre”, anche questa affermazione va tradotta nella sostanza: se ci mettiamo d’accordo sugli interessi economici e di potere “legittimi” di tutti, c’è la possibilità di agguantare la marmellata in modalità “togliti tu che mi metto io”. Ma la sensazione che gli ideali siano le vittime sacrificali, insieme alla Basilicata, della guerra elettorale, è data dagli evidenti tentativi trasversali di personaggi che puntano esclusivamente al centro tavola: gruppi di manovra a sinistra e a destra che costruiscono alleanze “segrete” per conquistare il ruolo di ago della bilancia e acquisire il massimo del potere possibile. Insomma, il confronto democratico, aperto, libero, è una finta. Lo spettacolo in scena al momento del voto sarà disertato da almeno il 50% degli elettori. E allora sì che si porrà nuovamente un problema democratico. Chiunque conquisterà il centro tavola lo farà con un consenso limitato. Ma a loro sta bene così, è quello che vogliono, anche se non lo dicono.

Un altro dato che supporta la morte degli ideali a vantaggio della resurrezione degli interessi delle diverse “confraternite” in campo è l’immobilismo dell’economia e della società lucane.   Mediamente siamo sempre alla stessa fermata: nulla cambia. L’eldorado promesso nei programmi elettorali da 30 anni, non si vede nemmeno in lontananza. Più da vicino, invece, si vede eccome un fenomeno di cui nessuno parla: la ricchezza dei ricchi aumenta e la povertà dei poveri anche. Anche i numeri possono avere un’anima, basta vederla. E quell’anima ci porta in un mondo “fantastico”. Sacche di ricchezza crescono persino nei piccoli Comuni definiti poveri, emarginati, colpiti più di altri dallo spopolamento. Ricchezza, però, concentrata nelle mani di pochi, vale a dire dei “nuovi e vecchi valvassini del posto”, accumulata grazie al denaro pubblico e, in alcuni territori, grazie alle “prebende” private delle multinazionali. Senza parlare della piccola e grande corruzione che cresce in diversa misura dappertutto.

Nelle città tipo Matera, il boom turistico ha “ingrassato” soprattutto le tasche dei proprietari di alberghi, B&B, ristoranti, appartamenti e un po’ di indotto disorganizzato. Nel resto dei settori dell’economia locale siamo alla fermata con qualche passo indietro. Sulla costa Jonica e Tirrenica idem. A Potenza città, da un lato c’è una ricchezza apparente fondata sul debito per il consumo e dall’altra sacche significative e sempre più estese di povertà. Al centro un gruppetto di ricchi, quelli veri, con rendite e patrimoni non sempre di provenienza santificata. Ma è tutta la Basilicata ad essere governata da un gruppetto di ricchi, grandi elettori delle confraternite travestite da partiti politici che si sfidano nella conquista della polpa. In fondo è tutto qui lo scambio su larga scala: prima si scrive il manuale della spartizione e poi ci si mette d’accordo su come applicarlo. Dietro ogni programma elettorale pubblico per la propaganda, c’è un manuale privato della spartizione della polpa. Si sappia. Se non ci sarà una coalizione alternativa al sistema di potere del cosiddetto centro destra e del cosiddetto centro sinistra o campo largo, la Basilicata continuerà a perdere. Poiché, ripetiamo, questa regione non ha bisogno di un’alternativa a Vito Bardi e alla sua maggioranza, così come non aveva bisogno dell’alternativa a Pittella e prima ancora a De Filippo e indietro nel tempo fino a Bubbico. Fumo negli occhi. Vecchi schemi elettorali spoliticizzati da decenni. La Basilicata ha bisogno di un’alternativa al Sistema, non a Bardi e a chiunque altro. Sarebbe come voler fare l’acqua dal ghiaccio. Chiunque abbia governato negli ultimi trent’anni lo ha fatto nel quadro di un sistema di potere uguale a se stesso. In una regione come la nostra chi parla di alternativa tra centro sinistra e centro destra, e viceversa, mente, oppure è ingenuo.