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Stellantis Melfi, trasfertisti: “Abbiamo patologie, ma ci fanno fare lavori pesanti”

17 ottobre 2023 | 10:41
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Stellantis Melfi, trasfertisti: “Abbiamo patologie, ma ci fanno fare lavori pesanti”

Il racconto di alcuni operai a ridotte capacità lavorative di Melfi in trasferta a Pomigliano: “Questo è un mobbing mascherato, ci hanno ingannati. Siamo solo pezzi da rottamare”

Ernie, tunnel carpali, infartuati. E’ lunga la casistica dei lavoratori rcl (con ridotte capacità lavorative) che operano alla Stellantis di Melfi. Neanche per loro l’azienda ha avuto “pietà”, mandandoli comunque in trasferta “obbligatoria” a Pomigliano, con la promessa che sarebbero stati impiegati nelle stesse mansioni che facevano a San Nicola. Ma non è andata proprio così.

“Vi sembra normale che i lavoratori di Pomigliano nelle nostre stesse condizioni sono in cassa integrazione da anni e hanno chiamato noi da Melfi per sostituirli?”. Questo affermano alcuni di loro. Non solo. “Quando ci dicevano che avremmo fatto le stesse mansioni ‘leggere’ che facevamo a San Nicola, non ci dicevano la verità”. Già, perché a Pomigliano quelle mansioni sono già impegnate. Gli operai a ridotte capacità lavorative, nello stabilimento campano, sono impiegati prevalentemente in Lastratura, Plastica, Verniciatura. “Operiamo nelle stesse Unità di Melfi, ma le mansioni sono più pesanti, spesso non abbiamo il tempo di fermarci, come avveniva a Melfi, a fine turno ci sentiamo a pezzi”. A sentire loro l’obiettivo dell’azienda sarebbe uno solo. “Ci fanno fare delle mansioni simili agli altri lavoratori, così quando torniamo a Melfi ci diranno che non abbiamo più limitazioni, quindi la metteranno così: ‘se lì le avete fatte, le mansioni in quelle postazioni, le potete fare anche qui’ “.

Una specie di ricatto, anzi di più. “Questo è un mobbing mascherato – attaccano – se al ritorno a San Nicola ci dovessimo rifiutare di fare ciò che ci chiedono, sarà un modo per metterci cordialmente alla porta, per farci accettare l’esodo con incentivo perché non hanno più bisogno di noi. Siamo solo pezzi da rottamare”. E ancora: “Se le nostre capacità sono ridotte è perché in fabbrica abbiamo sviluppato o peggiorato le patologie, per tanto tempo ci hanno sfruttati e ora ci vorrebbero dare anche il benservito”. Se poi, aggiungono, “qualcuno dovesse avere limitazioni solo sulla carta e invece sta bene, per stanare loro l’azienda colpisce anche la stragrande maggioranza di noi che davvero sta male e non ce la fa a stare in piedi un turno intero”.

Nel frattempo, per molti di questi lavoratori, “a Pomigliano i capi non hanno pietà, non ci sono le postazioni adatte a noi o sono già occupate, quindi ci spingono a fare cose e a tenere ritmi che non sono assolutamente alla nostra portata”. Alcuni di loro “sono stati visti piangere, pressati durante il turno dai Capi Ute”. E nei primi giorni di trasferta si sono registrati anche diversi casi di svenimenti e tachicardie, dovuti ad un eccessivo stress accumulato. Certo, ci sarebbero sempre le visite mediche. “Ma nel frattempo ci spingono a portare avanti postazioni mai fatte prima. A fine turno altro che voglia di mangiare, attendi solo di andare in hotel per distenderti sul letto, perché stai male”. Lo vivono come un inganno. E da ieri anche in Plastica sono iniziati i 20 turni. Da qualche settimana attivi già in Verniciatura, Lastratura e Stampaggio. Un ulteriore peso sulla schiena di lavoratori già provati e malridotti. “E’ il lavoro in fabbrica che ci ha ridotti così – concludono amari – se ne dovrebbe ricordare chi oggi fa di tutto per metterci alla porta: è un ricatto ingiusto, difficile da accettare”.