Il magistrato non è un cittadino come gli altri. E neanche il ministro lo è

7 ottobre 2023 | 12:54
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Il magistrato non è un cittadino come gli altri. E neanche il ministro lo è
Salvini e Apostolico (Foto Tiscali)

La polemica, non unica, sull’ordinanza della giudice di Catania Iolanda Apostolico. La riflessione, metaforica, di un cittadino ingenuo e inesperto: se la magistratura è indipendente, lo sono anche i magistrati?

Non è vero. O, almeno, sarebbe sbagliato considerare un esponente di governo o un magistrato “cittadini come gli altri”. Nessuno dei due può permettersi il lusso di comportarsi come un normale cittadino e di considerarsi tale. Ci sono dei limiti dovuti al ruolo, una specie di “prezzo da pagare” per la posizione che si occupa. La Costituzione spesso viene utilizzata alla bisogna. Si invoca l’articolo 21 ad ogni piè sospinto. Si tratti di un esponente del Governo, di un generale, di un magistrato non importa. E invece no. Un ministro, nell’esercizio della normale cittadinanza è limitato dalla “ragion di Stato” e dal rispetto della Costituzione e, dunque, anche dal rispetto della separazione dei Poteri. Un ministro non può ‘aggredire’ pubblicamente un magistrato per aver emesso una sentenza o un’ordinanza non gradita. Nel caso, il suo Governo adotta tutte le procedure previste dall’ordinamento per ricorrere contro l’ordinanza o la sentenza: ma in silenzio, con “disciplina e onore”. Le baldorie mediatiche sulle sentenze della magistratura non sono previste dalla Costituzione. E non sono previste nella Costituzione gli attacchi dei magistrati al Governo pro-tempore.

Allo stesso modo un magistrato non può comportarsi come un cittadino normale o qualunque perché non lo è. Non lo è nella misura in cui ha la responsabilità di applicare le leggi dello Stato con imparzialità e terzietà. Non lo è nella misura in cui è dotato di un organismo di autogoverno ed è detentore di un potere costituzionale. Non lo è per i privilegi di cui gode. Nessun cittadino normale ha il dovere di imparzialità e neutralità di fronte allo Stato, al Governo, all’ordinamento giudiziario, al Parlamento. Certo, “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, ma non tutti – aggiungo – allo stesso modo. Il ministro ha il dovere di contenersi e di tutelare sempre le istituzioni della Repubblica, anche con il comportamento, la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Il magistrato ha il dovere di tutelare i principi fondamentali dell’ordinamento a cui appartiene, deve cioè essere e apparire imparziale senza suscitare alcun dubbio circa l’applicazione fedele delle leggi e il rispetto rigoroso delle procedure.

Nei talk show sentiamo spesso parlare di magistrati di destra e di sinistra. E’ un orrore italiano. I sostenitori dell’articolo 21 applicato anche ai magistrati, probabilmente ritengono che il principio di imparzialità sia incorporato con una pozione divina nel comportamento di chi amministra la giustizia. A prescindere il magistrato è sempre imparziale sia di destra sia di sinistra, sia culturalmente legato a una qualche visione politica o sociale. In pratica, per questi opinionisti, il magistrato è una figura divina, esente da errori. Il giudice, anche se comunista o fascista, è sempre imparziale nell’esercizio delle sue funzioni. Come se ad applicare la legge non ci fossero uomini e donne, con tutte le loro debolezze di uomini e donne. Non sarebbero, per grazia divina, corruttibili né ricattabili. La storia ci racconta un’altra versione, ma sarebbe lunga da riprendere qui. Diciamo soltanto che si diventa magistrati con un semplice concorso pubblico, al pari di tutti i concorsi per l’accesso alla scuola e alla pubblica amministrazione. E c’è un’asimmetria enorme tra le procedure per accedere alla magistratura e i poteri attribuiti al magistrato. E questo è un problema.

Se un partito politico, quello sì formato da cittadini, critica non una sentenza ma un singolo magistrato, ecco che si grida all’eversivo attacco alla magistratura. Dobbiamo dunque supporre che ogni singolo magistrato rappresenti tutta la magistratura. Non ci pare che un giudice corrotto possa significare che tutta la magistratura sia corrotta. Le corporazioni funzionano in questo modo: quando bisogna tutelare l’onore della casta si levano gli scudi. Le coperture reciproche spesso riguardano casi che metterebbero a rischio l’onore e l’intoccabilità della corporazione (qualcuno direbbe dell’Istituzione). L’attacco pubblico ad un singolo parlamentare non ci pare debba essere letto come attacco al Parlamento. Si possono criticare non solo le sentenze, ma i comportamenti di un magistrato. Si possono criticare non solo le idee politiche di un parlamentare, ma anche i comportamenti del parlamentare o del ministro o del capo del Governo. Prerogative, queste, del cittadino normale.

I magistrati hanno anche un sindacato, anzi più sindacati. Un’altra anomalia italiana. Appartenere all’uno o all’atro sindacato confligge con il principio di indipendenza della magistratura. Un magistrato indipendente non ha bisogno di appartenere all’una o all’altra corrente sindacale. Non ha bisogno di essere tutelato da un’organizzazione perché è la Costituzione a garantirlo. Ci sarebbe anche il Csm, organo di autogoverno della magistratura. Che senso hanno i sindacati? Sono organizzati sulla base di orientamenti politici o sulla base di visioni diverse del ruolo dei magistrati e del funzionamento della giustizia? Palamara ci ha raccontato tutta un’altra storia. Dopo di che, nulla è cambiato. Uno o due capri espiatori e la faccenda va in soffitta.

I cittadini che hanno a che fare con i tribunali sanno bene che la pena, innocenti o colpevoli, è già fornita in acconto nel corso del procedimento. Tempo, risorse, umiliazioni, rinvii, documenti, viaggi, attese: una via crucis terribile. Sanno confrontarsi continuamente con dubbi e sospetti. Magistrati che nascono e crescono nella stessa città dove lavorano; studiano, frequentano palestre, campi da tennis, ristoranti per decenni nella stessa città in cui esercitano la funzione. Un’altra anomalia tutta italiana. Accade perché secondo una teoria strampalata, il Pm esercita con indubbia diligenza le sue funzioni a prescindere, e il giudice, togato o non togato, è imparziale a prescindere, per mano divina. A prescindere dai legami di amicizia, di parentela o di convenienza con i vari tizi della città. A prescindere, sempre. A furia di prescindere alcuni tribunali e alcune sezioni di certi tribunali sono diventati una giungla avvolta dalla nebbia. La giustizia è diventata una parola vacua e vana. Lo sanno al Csm? Lo sa la politica che da decenni sventola riforme senza farne una come si deve? Tante volte il tribunale non è luogo di giustizia, ma di grave ingiustizia. Tante volte il Parlamento non è luogo di confronto politico, ma di scontro tra interessi contrapposti.

Tuttavia, in TV si discute del video che mostra la partecipazione di Iolanda Apostolico a una manifestazione di protesta, si discute di Salvini che ne ha chiesto le dimissioni: il dibattito – si fa per dire – si sviluppa come sugli spalti di un campo di calcio, tifoserie su una sola partita, mentre il Paese ha problemi sempre, anche con la giustizia, nell’intero campionato e in tutti i campionati, da decenni. La magistratura deve essere indipendente da tutti gli altri poteri dello Stato, non c’è dubbio. Il dubbio riguarda l’indipendenza dei singoli magistrati nell’esercizio del ruolo. Quanti magistrati dipendono dalla politica? Quanti dai poteri massonici e mafiosi? Quanti dipendono dal desiderio di ricchezza? Quanti dipendono dai loro stessi pregiudizi? Quanti dipendono gli uni dagli altri nelle reciproche coperture di errori siano volontari o involontari?Ecco, una vera riforma della Giustizia, non può prescindere da una vera “riforma dei magistrati” affinché i migliori, quelli davvero indipendenti e rigorosi nell’applicazione della legge e delle procedure, prevalgano su tutti gli altri che migliori non lo sono. Vale anche per i politici, certo, ma questi in un modo o nell’altro sono valutati dai cittadini, anche se selezionati in modo discutibile, ma questa è un’altra storia.

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