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Cronaca
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Non è esecutato, non è fallito, non è debitore, ma gli tolgono la casa

21 settembre 2023 | 13:18
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“Lascia stare la legge”. Cronaca di un’assurda vicenda di ordinaria ingiustizia. Ecco come è andata a finire

L’articolo che qui riproponiamo è del 16 settembre 2020. Lo riproponiamo aggiungendo oggi un altro paragrafo: Come è andata a finire?

Lui, Alessandro, non è il debitore. Lo era la madre proprietaria della metà dell’immobile andato all’asta. L’altra metà era del padre da cui Alessandro ha ereditato. Ma procedono comunque alla vendita anche della proprietà di chi debitore non lo era e non lo è e che non è assolutamente toccato dal decreto esecutivo. C’era già un ricorso, ritenuto fondato dal giudice il quale ha sospeso la vendita. Ma…

Nel momento in cui si discute il ricorso nascono problemi. Il giudice che lo aveva ritenuto fondato adesso torna sui suoi passi e lo rigetta ritenendo l’opposizione alla vendita manifestamente infondata. Misteri della giustizia? Macché. “Lascia stare la legge!” Il 7 settembre provano ad eseguire lo sgombero dell’immobile ormai già venduto a prezzo vile, ma lo sgombero non si può fare: perché?

Quell’immobile è dimora principale di Alessandro, esiste una norma che prevede la sospensione o l’annullamento delle operazioni di sgombero fino al 31 ottobre (Legge 27/2020, art. 54). Lo sgombero sarebbe avvenuto in violazione delle procedure (art. 560 del codice di procedura civile: “Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, il custode intima alla parte tenuta al rilascio di asportarli, assegnando ad essa un termine non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza da provarsi con giustificati motivi. Trenta giorni? Lo dice la legge, “ma la scia stare la legge!”

Con una motivazione d’urgenza non motivata il custode concede 22 giorni per l’asportazione dei beni mobili collocati nell’abitazione.

Il custode già il 7 settembre si presenta accompagnata dalla forza pubblica e il fabbro, dimenticando che si stava agendo contro un soggetto che nulla ha a che fare con il debito e che è privato di casa sua, svenduta a prezzo vile in violazione di legge.

La storia, sul piano legale è piuttosto complessa, ma ci basti dire in questo momento che l’esecuzione in danno del povero Alessandro è viziata sotto molteplici profili. Senza essere toccato dal titolo esecutivo, si è visto svilire la sua proprietà al di fuori di una qualsivoglia ragione legale che la giustificherebbe. Ma tant’è. Mentre l’avvocata difensore di Alessandro il giorno del tentato sgombero, il 7 settembre, cerca di spiegare al custode che sta compiendo un atto contro legge, il custode reagisce con la frase che sintetizza tutta la vicenda: “lascia stare la legge!” (vedi video)

E questa affermazione sintetizza e simboleggia molte delle vicende che riguardano le vendite all’asta, le esecuzioni fallimentari di cui ci siamo ampiamente occupati sostenendo anche la battaglia dell’avvocata Anna Maria Caramia che da anni si batte perché la giustizia prevalga a tutela degli esecutati e nei procedimenti fallimentari.

In questa precisa vicenda vi sarebbe l’ombra della speculazione edilizia. Siamo nel quartiere Santo Spirito a Bari, non a caso.

L’avvocata Caramia sa bene che, come diceva qualcuno, “è dimostrato che si può sopravvivere tre giorni senza acqua, due mesi senza cibo e tutta la vita senza giustizia”. Ma lei non condivide. Che possiamo farci, ci sono avvocati che si ostinano a pretendere il rispetto della legge.

Com’è andata a finire?

Oggi, 21 settembre 2023, la vicenda ha assunto i contorni di una tragica farsa. Il bene è stato comunque venduto a prezzo vile, l’avvocata Caramia ha ricevuto ben due deferimenti: al consiglio di disciplina (per un esposto disciplinare) e alla procura penale (dove pende un procedimento in attesa di sfociare a processo penale) e ci ha rilasciato una inequivocabile dichiarazione, estratta dall’ennesima memoria difensiva da lei predisposta e che richiama una denuncia presentata contro il “sistema delle aste” il 23 agosto scorso:

Dai video emerge chiaramente come, nella procedura, abbiano violato tutte le norme del codice a presidio dell’esecuzione e del processo, ne cito solo qualcuna: A) hanno espropriato in difetto di notifica del pignoramento, per poi affermare il G.E. di turno (Giudice delle Esecuzioni) che, costituendosi, la parte aveva sanato il vizio, peccato però che la parte mai si è costituita (ma questo è solo un dettaglio); B) Il G.E. ha affermato che nel caso di specie andava fatta la divisione endoesecutiva, ma poi non l’ha fatta affermando che tanto erano morti entrambi, marito e moglie (senza considerare o senza sapere, chissà, che alla morte subentrano gli eredi nelle stesse posizioni dei danti causa); C) hanno consentito che ad agire fosse un soggetto inesistente da anni, una società cancellata da anni, ma che per i miracoli dei tribunali (non della vita) si costituiva ed agiva come se fosse viva (così falsando tutte le regole); D) hanno accordato una sospensiva inaudita altera parte sulla scorta delle difese di Alessandro, ma poi senza che le stesse venissero sconfessate in alcun modo, la G.E. di turno ha ribaltato la vicenda, condannando Alessandro alle spese ed affermando che si era stancata a motivare la sua ordinanza di rigetto a fronte dei tanti (e fondati, aggiungo io) motivi sollevati. Insomma, anche questo caso, è finito nella nostra inchiesta a puntate sulla mala giustizia.