Matteo Messina Denaro non è morto

25 settembre 2023 | 13:29
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Matteo Messina Denaro non è morto
Messina Denaro

Nella subcultura di migliaia di persone il mafioso assassino è ancora vivo. Gli eredi del mito criminale ringraziano

“Condoglianze alla famiglia”, “Riposi in pace e tranquillità”, “Che il Signore lo tenga in gloria e lo perdoni, pace all’anima sua”. Sono decine i messaggi di questo tenore comparsi su Facebook oggi a poche ore dalla morte del mafioso. E ancora, leggo da Adnkronos: “Per me un amico d’infanzia poi ognuno di noi fa le sue scelte di vita, comunque non sta a noi giudicare”. “Condoglianze alla famiglia, a me dispiace tanto perché io non giudico nessuno se non vedo”. “A me dispiace tanto sia che è stato preso sia che è morto. Riposa in pace zio Matteo, tranquillo che quasi tutto Castelvetrano è dispiaciuta per la tua morte perché il bene c’è sempre e la morte non si augura a nessuno”. Naturalmente c’è anche chi si indigna per queste atroci esternazioni, ci mancherebbe.

Il mafioso di Castelvetrano è stato fortunato. Trent’anni di coperture gli hanno garantito una vita da libero nababbo: locali alla moda, donne, soldi, autista. Lo catturano, o meglio si fa catturare perché malato, e neanche si fa un anno di carcere. E’ stato fortunato, non ha scontato la pena, non ha vissuto da carcerato il resto della sua vita. Non ha avuto il tempo di pentirsi, se mai la sua coscienza – nessuno ci crede – glielo avesse consentito. E dunque Messina Denaro rimane un mito del crimine, un uomo che ha tenuto duro alle pressioni dello Stato, non ha collaborato: insomma, un “martire” del culto di mafia. Così il mafioso lascia in eredità un’impronta “culturale” pesante che assesta un duro colpo allo Stato, alla società civile che lotta contro il crimine mafioso, ma soprattutto lascia un vuoto di giustizia nelle famiglie delle vittime. Un assassino spietato salvato dalla morte prematura. Quei messaggi di cordoglio sono anche un segno di questa eredità.

Come spesso accade in questo Paese, la morte del responsabile di gravi tragedie, equivale alla sepoltura di mille segreti: le verità muoiono con lui. Con lui muore la vecchia mafia, quella delle stragi, sanguinaria e degli antichi rituali. La mafia della tradizione muore, è vero, ma non la memoria di quella mafia che oggi serve da stimolo “culturale” alle organizzazioni criminali evolute. Una nuova liturgia, una più moderna retorica del crimine hanno comunque bisogno di una narrazione che abbia origini nella storia: Messina Denaro è il simbolo di una sfida che le mafie possono vincere. Ingannare lo Stato, farsi beffa della magistratura inquirente, tramare coperture, convenienze e compiacenze con apparati delle istituzioni: tutto è possibile, lo dimostra “l’eroica” epopea mafiosa del criminale di Castelvetrano.

Oggi gli eredi sconosciuti di Messina Denaro non sono armati, non portano la coppola e la lupara, indossano giacca e cravatta, la loro camicia profuma di pulito: loro usano il denaro, il ricatto, le tecniche finanziarie più sofisticate, fanno alleanze con pezzi delle istituzioni, dei servizi e dei circuiti massonici insospettabili. Sarà difficile condannarli per un omicidio, loro non ammazzano. Sarà difficile arrestarli per evasione fiscale, per riciclaggio, per corruzione, perché loro sono banca, impresa, società immobiliari e di consulenza, loro sono investitori. Corruzione ed evasione fiscale e riciclaggio di alto livello sono le armi delle nuove mafie. Finanza, management e politica sono i campi di addestramento dei nuovi mafiosi. Dalla Basilicata al Trentino, dalla Sicilia ai palazzi romani, dalla Calabria al cuore dell’Europa.

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