Caro Ulderico Pesce, non è così che si cerca la verità su Elisa Claps

21 settembre 2023 | 12:26
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Caro Ulderico Pesce, non è così che si cerca la verità su Elisa Claps
Ulderico Pesce

Oggi non c’è bisogno di sollevare polvere narrativa e agitare monili esoterici

Ora siamo alla cabala, all’interpretazione esoterica dei segni. Su Facebook si scatenano giudizi e affermazioni da circo equestre dell’orrore. Pubblicata la foto di un dipinto del padre di Danilo Restivo, ex direttore della Biblioteca Nazionale di Potenza, luogo in cui quel quadro e altri sono esposti. Il primo segnale è che in pochi frequentano quella biblioteca, se molti scoprono solo oggi quel quadro soltanto attraverso i social. E quei pochi, probabilmente non gli hanno mai dato importanza. Ora, arriva Ulderico Pesce, che all’improvviso dopo 30 anni scopre il caso di Elisa, organizza una manifestazione – condivisibile, per carità – ma non si ferma lì. Alza il tiro sollevando confusione e polvere antica postando sul suo profilo social la foto di quel dipinto come se si trattasse di uno scoop “culturale”.

Ed ecco che si scatenano gli “analisti e critici” da tastiera. A che serve tutta questa parata di interpretazioni esoteriche su un quadro? A che serve raccontare tutto quanto è già stato scritto, accertato, supposto, detto in tutti questi anni? A cercare la verità? A tenere viva la memoria per Elisa? Niente di tutto questo. Rimuovere i dipinti di Maurizio Restivo dalla Biblioteca risolve tutta la faccenda? Modestamente non credo. Leggendo post e commenti sui social, noto tanta confusione e tante affermazioni inesatte, comprese quelle di Pesce. Non sto qui a correggerle, anche perché le affermazioni esatte o non esatte aggiungono nulla agli accadimenti di questi 30 anni se non altra confusione suggestiva di cui non si ha bisogno.

Nel novembre del 2011, sul giornale settimanale di inchiesta Basilicata24, che è andato in edicola fino al 2013, pubblicammo una ricostruzione della vicenda Claps con testimonianze di ex seminaristi che spiegavano che cosa accadeva alla Trinità e all’interno del Seminario di viale Marconi. Con nomi e cognomi. Nessuno all’epoca reagì. Tutti zitti, salvo poi dire, qualcuno, a distanza di 13 anni da quella pubblicazione, che “i giornali non hanno parlato di quei fatti”. Tutti zitti, salvo poi trattare come una notizia esclusiva e straordinaria le affermazioni di Dino Quaratino che con coraggio il giorno della manifestazione organizzata da Ulderico Pesce, cioè circa una settimana fa, davanti alla chiesa, riaperta, della Trinità ha affermato: “sono stato abusato in questa chiesa”.

Lo avevano già dichiarato altri, ex seminaristi, con qualche dettaglio in più e con la descrizione di fatti inequivocabili. Ma all’epoca, ripeto, tutti zitti.  Sembra una cifra antropologica di Potenza e non solo, la smemoratezza a tempo. Nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla quando è il momento. Tutti si svegliano quando è tardi, quando è più facile e meno rischioso esprimere considerazioni, commenti e persino “stronzate”. Ma perché ci sia questo risveglio tardivo c’è bisogno che qualcuno sollevi polvere narrativa e monili esoterici intorno a fatti e ipotesi fritti e rifritti.

C’è bisogno, invece, di altro. C’è bisogno di trovare il modo per mantenere viva la memoria sulla vicenda di Elisa affinché quella memoria sia generativa di futuro. Nello stesso tempo è doveroso continuare a cercare la verità o quel che è ancora possibile cercare: questo è un lavoro complicato, come è evidente, e sarebbe utile non renderlo ancora più complicato.

articolo del novembre 2011articolo del novembre 2011