Stellantis: “In Francia si viaggiava a 550 auto a turno”
Il toccante racconto di alcuni giovani job act che dopo quella trasferta “orribile” (“anticipammo noi migliaia di euro”) decisero di lasciare Melfi e il lavoro sulla linea. “L’azienda voleva liberarsi di noi? Ci è riuscita”
“Quando partimmo per la trasferta, Stellantis per risparmiare 50 euro ci fece fare 3 scali aerei, e arrivammo o Sochaux (stabilimento francese del Gruppo) con una macchina a noleggio”. Inizia così il racconto di alcuni giovani, generazione job act, che dovevano costituire il futuro di Melfi, ma che dopo aver intuito l’andazzo hanno preso al volo l’incentivo, il primo proposto dalla Multinazionale, con gli accordi del giugno 2021, per lasciarsi la fabbrica alle spalle. E ricominciare.
“In Francia prendemmo una casa in affitto nel paesino di Sochaux – spiega uno di loro – non c’era niente, una specie di deserto, e la padrona di casa volle 6 mesi di anticipo”. Inizia il lavoro. “Non avevamo mai visto condizioni di lavoro simili – sottolinea il giovane – operavamo soprattutto su Peugeot e la velocità della linea arrivava fino a 550 auto a turno mentre a Melfi ci fermavamo massimo a 400”. Anche le pause “erano blande”, ma “avevamo 3 o 4 team leader, quindi per ogni problema c’era sempre qualcuno a cui rivolgersi”. Ma al di là delle condizioni di lavoro “superveloci”, fu anche il modo con cui li trattò la Multinazionale a scavare un solco nei rapporti e a determinare le scelte future di gran parte di loro. “All’inizio eravamo meno di 100 a Sochaux, poi i numeri sono cresciuti.
Ma per noi fu un trauma. Anticipammo, per vivere, migliaia di euro, dovevamo chiamare a casa per farci accreditare qualcosa sul conto perché i soldi non bastavano. L’azienda ci rimborsava solo dopo mesi”. Traumatica l’esperienza, traumatico anche l’addio a Sochaux. “Al quinto mese ci arriva la chiamata: di noi non c’era più bisogno lì, dovevamo rientrare. Ma avevamo già pagato 6 mesi d’affitto. La direzione ci disse che questi erano problemi nostri e che dovevamo rientrare subito a Melfi”. Esperienza “negativa”, affitto “pagato a vuoto” e “soldi buttati”. Subito il rientro, dicevamo, comunicato “nel giro di poche ore”. Nel frattempo tutto era cambiato. “A quel punto molti di noi non ne potevano più. Si sono sentiti presi in giro. Abbiamo proseguito, a Melfi, tra un po’ di Cassa Integrazione e lavoro altalenante.
Ma il morale ormai era basso”. Poi, a distanza di qualche mese è arrivata la proposta, nel giugno 2021, dell’incentivo all’esodo. Che toccava, tra i primi 900, proprio i giovani del job act. I quali, in massa, hanno lasciato la linea di S. Nicola senza guardarsi indietro. “Diciamo che Stellantis ha dimostrato di non tenere affatto a noi che avremmo dovuto rappresentare il futuro, ci ha trattati come stracci, e quindi davanti all’offerta di 56mila euro e poi la Naspi abbiamo mollato”.
Fine di una storia. Evidentemente, col senno di poi, forse la scelta di mandare a casa i giovani era pianificata, voluta. Ma senza giovani al lavoro, dov’è il futuro di Melfi? E’ questo il punto attorno a cui si aggroviglia la matassa. Va bene il passaggio all’elettrico, ma senza le nuove generazioni al lavoro, non si immagina un futuro che vada oltre i 5, 10 anni. In attesa dell’assunzione dei ‘nuovi giovani’, semmai ci saranno, a Melfi.