La rinascita del conflitto e la fine della politica palliativa

8 agosto 2023 | 19:18
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La rinascita del conflitto e la fine della politica palliativa

Sospensione del Reddito di cittadinanza, salario minimo, precariato, sfruttamento, povertà: disinnescare la bomba sociale è un errore

A proposito della sospensione del Reddito di cittadinanza in questi giorni ho letto di sindacalisti, di politici, di intellettuali preoccupati del rischio che esploda la “bomba sociale”. Perciò tutti fanno proposte e scrivono documenti destinati alle istituzioni affinché si “eviti il peggio”. Proposte e documenti mai condivisi con i protagonisti delle condizioni di povertà e fragilità sociale. Intanto, negli ambienti del riformismo e del moderatismo da salotto si continua con la somministrazione di sonnifero alle potenzialità di insorgenza dei ceti sfruttati e subalterni. Ormai non appaiono scandalosi programmi televisivi in cui borghesi di tutte le professioni parlano dei poveri e della povertà. In questo periodo estivo spesso, questi ospiti “esperti”, sono collegati da località turistiche costose: una beffa bella e buona. Un’informazione più corretta richiederebbe l’ospitalità negli studi televisivi di chi può davvero testimoniare le condizioni di povertà e potrebbe suscitare riflessioni meno patinate e più realistiche sulla tragedia di chi è costretto a vivere nella miseria. Sulla povertà date la parola ai poveri.

Il Paese e la Basilicata in particolare sembrano colpiti da una sorta di fobia del conflitto, vale a dire paura del confronto anche doloroso, dello scontro sociale e, in forma più estensiva, paura di tutto quanto possa apparire spiacevole, negativo, incombente e fastidioso o pericoloso per se stessi.  La fobia del conflitto sociale colpisce soprattutto le alte sfere del potere politico, economico e finanziario. Potere che a differenza del passato – quando usava la repressione violenta per fronteggiare scontri e disordini – oggi somministra alla popolazione in generale e ai ceti subalterni in particolare “farmaci” palliativi per tenere in vita le speranze, e anestetici per tenere a bada forme di ribellione.

Tuttavia, questa fobia non risparmia le organizzazioni sindacali che hanno fatto del moderatismo la cifra strategica delle loro relazioni contrattuali. E non risparmia la cosiddetta sinistra che del riformismo debole è portabandiera. La politica, e un certo sindacalismo, sono ormai diventati elargitori di ansiolitici, anestetici, sonniferi a seconda dei livelli potenziali di reazione popolare. Il governo Meloni appare oggi come uno stratega straordinario del paternalismo ansiolitico.

Non a caso abbondano provvedimenti e soluzioni capaci di anestetizzare le potenzialità di insorgenza. La tassa sugli extraprofitti delle banche, varata dal governo ieri, appare come un tranquillizzante delle ansie di chi deve fare i conti con il rialzo spropositato dei mutui e con i salari da fame. Niente altro che un ansiolitico. Le misure alternative alla sospensione del reddito di cittadinanza quale, per esempio, il supporto per la formazione ed il lavoro, che in Basilicata si prevede coinvolgerà circa 1600 nuclei familiari, seppure destinate al fallimento, funzionano da palliativo. Più in generale tutte le misure cosiddette di inserimento, di inclusione, di contrasto alla povertà, sono la cifra di una politica palliativa a cui manca una visione o la volontà di realizzare riforme radicali. Risolvere alla radice i mali del nostro tempo richiederebbe conflitti anche dolorosi, probabilmente risolutivi di molte situazioni che nella realtà appaiono come inevitabili.

In tutte le misure per il contrasto alla povertà e per la cosiddetta inclusione sociale emerge una sorta di ossessione lavoristica. Ad ogni euro elargito per consentire alle persone di mangiare corrisponde una speranza di lavoro, un lavoro qualunque, anche inutile se possibile. Ma solo di speranza si tratta. In Basilicata dovremmo ricordare le diverse misure fallimentari che non hanno affatto contrastato la povertà né garantito un lavoro ai beneficiari: “cittadinanza solidale”, “Copes”, “Tirocini di inclusione”, Reddito minimo di inserimento”. Questa ossessione lavoristica è causa del fallimento degli obiettivi di occupazione attraverso l’elargizione di elemosina. Resta aperto, anche se i fobici del conflitto non ne vogliono sapere, il tema del diritto ad una vita dignitosa per tutti a prescindere dal lavoro. Un tema che oggi può avere dignità politica soltanto attraverso l’insorgenza di milioni di poveri, sfruttati, precari, emarginati. Ecco perché è importante che la “bomba sociale” esploda insieme con le contraddizioni del nostro tempo. Purtroppo, il detonatore appare già spento, rassegnato, in attesa di altra elemosina. Un’apparenza, però, che può ingannare. Lo spero.