Operaio Stellantis: “Ma l’auto per il popolo dov’è?”
Il punto di vista di un lavoratore del Montaggio all’indomani degli accordi che prevedono 4 modelli più 1 a Melfi. “Come fanno ad essere soddisfatti i sindacati se produrremo poche macchine, sperimentali, e solo per nicchie di mercato?”
“Solo nell’ultima settimana so che altri 42 colleghi hanno accettato l’esodo all’incentivo”, racconta una nostra fonte operaia di Melfi. Nel frattempo, però, c’è stato l’atteso incontro tra sindacati territoriali e vertici aziendali, con l’accordo sottoscritto, per dovere di cronaca, senza il placet della Fiom Cgil. Proprio in quell’accordo, oltre a nuove trasferte nell’immediato, tra le altre cose sono previsti quattro nuovi modelli più uno, che verranno prodotti a San Nicola, dal 2024. “Da quello che abbiamo compreso – sottolinea il lavoratore – si tratta di modelli elettrici, solo uno è ibrido, e costano cifre esorbitanti, improponibili proprio per noi operai”. Di qui parte il suo ragionamento, radicato su un amarcord comune a tante ‘tute blu’ di San Nicola di Melfi.
AMARCORD “Ho partecipato alla realizzazione di tutti i modelli realizzati a Melfi, e alcuni li ho anche acquistati, grazie agli incentivi che allora ci davano. Era un orgoglio”. Era “un orgoglio”, per lui “aver partecipato alla realizzazione della Punto, nelle due versioni, poi della Grande Punto, e ancora delle Y, nelle due serie. Tornavi a casa la sera felice e soddisfatto del lavoro svolto”. E in virtù dell’amore e della passione con cui si lavorava, “è chiaro che molti di noi compravano proprio le auto prodotte a Melfi”. Il concetto lo chiarisce ulteriormente con una metafora. “Se io faccio il fornaio e lavoro tutto il giorno in panetteria, non è che poi esco la sera e vado a comprare il pane altrove, lo prendo nel mio stesso forno”. Già con gli ultimi modelli, specie Compass e Renegade, qualcosa cambiava. Ma è con la svolta all’elettrico, che tutto prende un’altra forma.
LA ‘LINEA’ DEL FUTURO La linea del futuro si muove in modo verticale e spinge in un’altra direzione. “Io sono tra coloro i quali, da 50enne, vogliono rimanere allo stabilimento di Melfi, ma di certo tra qualche anno non potrò permettermi di acquistare uno dei modelli che realizzerò, non posso mica permettermi 60mila euro, è chiaro che si tratta di un segmento alto, per nicchie”. Ed ecco il paradosso del futuro: “Dover fare auto per altri più fortunati, mentre noi diventiamo sempre più poveri.
DELOCALIZZAZIONI E c’è un’altra consapevolezza, che ha un sapore, se possibile, ancora più amaro. “Tra di noi ne parliamo. Le auto alla portata di noi operai, in termini di costi, oggi Stellantis le produce in Polonia e Marocco, con costo del lavoro più basso, paghe da fame e nuovi schiavi sulla linea”. La auto “per il popolo” è in questi Paesi poveri che verranno prodotte. “E sono quelle le auto che fanno volumi e vendite per milioni – osserva il lavoratore – sono quelle che garantiscono davvero la sopravvivenza di uno stabilimento”. Del tutto diversi i risvolti futuri per Melfi. “Prevedo che oltre a dimezzarci, entro qualche anno continuerà ad esserci il solito ricorso alla cassa integrazione, ma i volumi prodotti non basteranno affatto per mantenerci al lavoro per lunghi anni”.
GLI ACCORDI E I SINDACATI Un viatico che non appare affatto lucente. “Ci saranno sempre maggiori ricatti, contratti sempre più deboli. E vedo anche sindacati che di tanto in tanto continueranno ad esultare, come avvenuto ieri, per accordi con Stellantis che certificano il peggioramento progressivo della nostra condizione”. E così, i bei tempi andati, in cui “il fornaio acquistava il pane che lui stesso produceva” appaiono sempre più come ricordi, sbiaditi, di un tempo perduto. “O magari mi sbaglio – conclude il lavoratore – e il nostro potere d’acquisto ci consentirà tra qualche anno di comprare, da semplici operai, le auto prodotte a Melfi”. Lo dice a mo’ di battuta. Il vero augurio lo sussurra sottovoce, prima di congedarsi: “Chissà se riusciamo a fare altri 10 anni, almeno ci avviciniamo alla pensione”.