Stellantis e la ‘sindrome’ di Pomigliano
“Quando toccherà a me?”. Ecco la grande paura che turba il sonno di centinaia di lavoratori dello stabilimento di Melfi. “Vogliono smantellare lo stabilimento lucano”, è il cattivo presagio di molti
Mentre flotte di operi si spostano in trasferta da Melfi in direzione Pomigliano, si avverte una strana sensazione. È come se il potere contrattuale del singolo lavoratore sia stato del tutto azzerato. “Spero non tocchi a me”, confessa a mezza bocca un lavoratore. “Qui nel Vulture – prosegue – ho casa, famiglia, figli, ho le radici più profonde”. Una paura inconscia e inconfessabile agita il dibattito tra lavoratori. “Sono monoreddito, ho famiglia e genitori anziani da assistere”, confessa un altro collega. Ma mentre queste angosce entrano sempre più nel vissuto degli operai a Melfi, si assiste ad una emorragia continua e costante. Sono decine se non centinaia i lavoratori Stellantis che di settimana in settimana vengono indotti alla trasferta campana, come se fosse inevitabile. “Ormai lo viviamo quasi come un ricatto, come un modo ulteriore per spingerci al licenziamento”, ammette qualcuno. Come se tra il licenziamento e la trasferta, stia quasi per svanire quell’isola felice e sicura, quella tranquillità difesa in decenni di lavoro, spesso ‘massacrante’, sulle linee di S. Nicola.
SMANTELLAMENTO Già, le famose linee di S. Nicola, poi ridotte ad una, su scelta aziendale ormai due anni fa, col placet (almeno allora) di tutti i sindacati. Sempre due anni fa il Piano prevedeva oltre allo smantellamento di una linea, seppur mantenendo “la stessa capacità produttiva”, anche i famosi esodi con incentivo. Prima solo qualche centinaio, poi diventati, piano piano, e in due anni, quasi 1500. Ma guai in quella fase (giugno 2021) a parlare di “esuberi”. Nel frattempo l’emorragia è dilagata. Ha mutilato la forza lavoro operante nello stabilimento melfitano. E da diverso tempo, si è aggiunto anche lo spettro delle trasferte. Prima, con l’arrivo della nuova proprietà, e negli scorsi anni, la Francia, poi Torino. E ancora Termoli. Ma soprattutto Pomigliano.
LA SINDROME DI POLMIGLIANO È questo il vero spauracchio del momento, per i ‘lucani’. Per altro, guardato con sospetto e paura anche dagli stessi lavoratori campani di Nola e Pomigliano, tra cui almeno 1300 convivono con la ‘magra’ Cassa Integrazione da tanti anni. “Prendono quelli da fuori mentre tra di noi tanti sono in Cassa”, hanno denunciato molti operai partenopei, a seguito di scioperi, proprio il mese scorso. Ma a dispetto di paure e sospetti reciproci, tutto è andato secondo i piani. Proseguono incessanti le richieste di trasferta. Da Melfi verso Pomigliano. C’è disperazione, quasi una sindrome da cui proteggersi. “La vera paura è che dopo tre mesi di trasferta ci possano dire che ormai il lavoro c’è solo a Pomigliano e che se vogliamo rimanere in Stellantis c’è posto solo lì e dobbiamo trasferirci”, ci confida un lavoratore. “Vogliono smantellare Melfi”, è l’altro amaro retropensiero che affligge molti lavoratori, ma non solo loro. Non è dato sapere, infatti, in che modo un lavoratore possa opporsi a questo indesiderato destino. “Se crei problemi sulla linea, se non fai quello che ti dicono, se non ti pieghi fino all’ultima goccia di sudore, è più facile che ti chiamino in trasferta”: questa un’altra opinione che si è annidata tra le maestranze.
“A ROTAZIONE TOCCHERA’ A TUTTI NOI” Difficile capire quale sia il criterio di selezione utilizzato dai capi per richiedere o meno il sacrificio della trasferta campana. “A rotazione toccherà a tutti noi”, si dice convinto un altro operaio terrorizzato e col capo chino. Il quale si spinge a chiedere “almeno un pullman di linea Melfi-Pomigliano per far rientro a casa in Basilicata ogni sera”. Difficile che quest’ultima opzione possa concretizzarsi e che sia accettata di buon grado. Pare quindi che ognuno si arrampichi sugli specchi pur di scongiurare il trauma della trasferta. È la sindrome di Pomigliano la vera paura. Corroborata dai numeri e raccontata ormai quasi fosse una “deportazione”. Su questo punto, viene da chiedersi, ci sono ancora i margini per cui la macchina della rappresentanza sindacale possa discuterne davvero con la multinazionale?
FATE PRESTO Il Governatore lucano Bardi, nel frattempo, incontrerà il ministro Urso il prossimo 21 giugno proprio per discutere di Melfi e di Stellantis. Ma non tira un’aria buona. Sembra che il benessere di tanti lavoratori spaesati e intimoriti sia diventato un tema di dibattito solo formale. Senza possibilità di incidere sulla sostanza. Resta quel rumore di fondo. “Quando toccherà a me?”, è il sinistro conto alla rovescia che turba il sonno di centinaia di operai e delle rispettive famiglie. Infine, sullo sfondo, si intravede una Basilicata sempre più spolpata, spopolata di vita e lavoro. Fate presto, verrebbe da dire. Dalla fabbrica modello al deserto, è un attimo.