I guasti del sistema giudiziario: chi ha fame di giustizia viene “giustiziato”

8 giugno 2023 | 18:53
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I guasti del sistema giudiziario: chi ha fame di giustizia viene “giustiziato”

Prima puntata della nostra inchiesta. Tribunali e magistrati che sbagliano anche quando fanno le cose sbagliate

Molti tribunali funzionano, è banale: perché non dovrebbero funzionare? Molti magistrati fanno il loro dovere con diligenza, applicando la legge e le procedure. Anche questo è banale o, meglio, è normale, sarebbe normale. Tuttavia esistono, come in ogni casta, comunità, o corporazione, i furbi, i compiacenti, i violentatori della legge e delle procedure. E questo non è affatto normale. Ci sono magistrati che in qualche modo e in forme diverse perseguono tornaconti personali o di gruppo: reciproche coperture, reciproci favori, accanimento nei confronti di persone che disturbano il loro discutibile operato, sentenze precostituite, e così via. Non rispondono alla legge, non rispondono ai sacrosanti diritti degli accusati, degli esecutati nelle procedure esecutive e dei falliti nei fallimenti, non rispondono alle procedure: rispondono soltanto a se stessi e ai loro referenti-amici-confratelli interni ed esterni. Non lavorano, non indagano, non studiano i documenti, vivono di arroganza e nuotano grottescamente nel delirio di onnipotenza.

Avviamo questa inchiesta, a puntate, sul funzionamento della giustizia partendo dalle nostre esperienze dirette a dai casi di cui ci siamo occupati su questo giornale. Lo facciamo perché ormai in alcuni tribunali e nel comportamento di alcuni magistrati, le circostanze “anomale” – usiamo un eufemismo – che emergono sono troppe. Lo facciamo avendo a disposizione documenti, prove, testimonianze che forniscono verità inconfutabili al nostro racconto. Naturalmente qualcuno querelerà, ormai abbondano le querele di magistrati nei confronti dei cittadini, dei giornalisti e degli avvocati per bene, un paradosso: sono alcuni di loro a ingolfare la macchina giudiziaria, altro che Paese litigioso. Sono alcuni di loro, quando moltiplicano i dibattimenti inutili, quando rinviano per citazione diretta a giudizio scavalcando le procedure, quando denunciano e poi non celebrano i processi, quelli necessari. Sono alcuni di loro che, quando devono difendersi o devono accusare, producono tonnellate di atti, decine e decine di memorie, invadendo le procure di mezza Italia, rendendo complicato e precario il lavoro degli altri magistrati. Sono loro che chiudono le indagini e le notificano a babbo morto o quando gli conviene. Ma andiamo per ordine.

L’AVVOCATA VUOLE ESSERE PROCESSATA

Qualcuno trascrive un verbale relativo a una S.i.t. (“Sommarie Informazioni Testimoniali”). Il verbale riporta dichiarazioni mai rese dall’avvocata ascoltata. La prova è nella fono-registrazione in cui è evidente la divergenza tra le dichiarazioni iscritte a verbale e quelle contenute nella registrazione. Riportiamo la testimonianza dell’avvocata Anna Maria Caramia, protagonista della vicenda, già contenuta in una delle sue denunce e segnalazioni al Ministro Nordio, all’ispettorato generale del ministero della Giustizia e al Csm:

A fine dicembre 2021 i carabinieri mi hanno contattata per la notifica di un 415 bis c.p.p. (avviso di conclusione di indagini) proveniente dal tribunale di Catanzaro per l’ipotesi delittuosa di calunnia in danno di una PM e di due uomini della PG. Il deferimento è stato fatto dal PM della D.D.A. di Potenza, Vincenzo Montemurro, a fine novembre 2021, ed il fatto addebitatomi era quello per cui – affermando io che in occasione delle mie s.i.t. a Potenza del maggio 2019 avevo detto una cosa e loro ne avevano scritta nel verbale un’altra – io avevo calunniato la PM e la PG accusandoli di falso ideologico. La ‘prova’ era una trascrizione affidata al Commissario … di Potenza che, bontà sua, aveva concluso dicendo che non c’era la divergenza da me lamentata tra i verbali fono-registrato e quello scritto. Beh, che dire… con gioia ho sostenuto l’interrogatorio il 3 febbraio 2022, ma da allora di un processo non c’è traccia – nonostante lo avessi detto durante l’interrogatorio che la storia doveva portare necessariamente a un processo: o nei miei confronti, per calunnia, o nei confronti di colui che mi aveva deferita. Ho pure sollecitato il processo, ma ad oggi nulla. Perché non mi processano?

E senza dire che nonostante la notifica del 415 bis c.p.p., che notoriamente chiude le indagini, almeno sino alla data del 1° settembre 2022 (dopo 10 mesi dalla chiusura delle indagini), risultavo ancora indagata presso la Procura di Catanzaro (della serie si tiene aperto ciò che non si sa come chiudere).

Ci risulta che Caramia abbia querelato il Pm Vincenzo Montemurro.

L’AGGIUDICATARIO PRESUNTO AMICO DEL GIUDICE E IL TESTIMONE MAI ASCOLTATO

Ritorniamo sull’asta “turbata” della Masseria Galeota aggiudicata al senatore Mario Turco, di cui ci siamo ampiamente occupati. Sentiamo anche in questo caso la testimonianza dell’avvocata Caramia, protagonista della vicenda, già contenuta in una delle sue denunce e segnalazioni al Ministro Nordio, all’ispettorato generale del ministero della Giustizia e al Csm:

Mi riferisco alla storia di un’asta che ha visto protagonisti della vicenda i soliti noti del Tribunale di Taranto e la Procura di Potenza, nonché un senatore della Repubblica (amico di molti giudici, per loro stessa asserzione) e come vittima reale una famiglia, come tante, che a botta di sacrifici aveva realizzato un bene, trasformandolo in gioiello da rudere che era.  Qui non voglio mettere in risalto gli elementi dell’asta che secondo me e in base agli atti è stata pilotata – cosa che dimostrerò – ma il modus operandi che certi  giudici hanno di insabbiare ciò che vogliono e nel contempo di attaccare chi ad essi si oppone cercando di far emergere la verità.

Beh, a distanza di una manciata di giorni ho ricevuto ben due 415 bis c.p.p. per la medesima vicenda, dalla Procura di Taranto (Pm Natale) e da quella di Potenza (Curcio e Guerriero), Procure che è ormai notorio che si vogliono un gran bene; l’episodio è lo stesso ed è quello dell’asta della Galeota: in un caso sono denunciata dal Commissario di Polizia (…), e nell’altra non saprei, ma con parti offese ci sono il senatore Mario Turco e il giudice Andrea Paiano. In entrambe, come in un’ennesima coincidenza, mi contestano un concorso che non esiste. Il Pm Antonio Natale, nell’ambito di una denuncia per diffamazione a mio danno, apre il fascicolo due giorni dopo la denuncia, conclude le indagini (ma le ha fatte le indagini?) sette giorni dopo, il 23 settembre 2022, ma mi notifica la conclusione delle indagini (415 bis) a maggio 2023, contestualmente alla notifica inviatami dalla Procura di Potenza per lo stesso reato.

Che strana coincidenza, anzi che strane coincidenze… ce n’è un’altra di coincidenza e se anche non la dettaglio ora (perché non è questa la sede), ne faccio solo un timido accenno: la Procura di Potenza ha firmato il 415 bis c.p.p. dopo pochi giorni dalla morte (per molte persone un po’ strana) di un soggetto che, autodefinendosi il Corvo, sapeva molte cose di quegli ambienti e di quella gente (e di molto aveva prova). Quest’ultima persona, per esempio, quanto all’asta della Masseria Galeota aggiudicata al senatore Turco sosteneva che il senatore e il giudice Andrea Paiano erano amici, tanto da giocare a tennis insieme. Questo episodio mai la Procura di Potenza lo ha accertato, nonostante fossero stati allegati alle denunce i post di Tonino Scarciglia (è questo il nome del deceduto), che sostenevano la vicinanza tra i due  tanto da aver giocato a tennis. In tutte le salse è stato chiesto di sentire il testimone Scarciglia, ma mai gli inquirenti lo hanno chiamato!

Nemmeno il GIP ha accolto il rilievo e questa persona non lo ha potuto testimoniare. Sapevano evidentemente bene che il Corvo la prova gliel’avrebbe potuta dare e quella prova non doveva entrare nelle carte processuali, solo questo mi viene da pensare oggi… e se fosse entrato questo dato, come avrebbero potuto chiudere la vicenda di un procedimento penale iscritto per turbativa d’asta nel quale il giudice non ha riaperto una gara che aveva l’obbligo di riaprire? E se la memoria non mi inganna, nelle carte c’è esattamente il contrario: ovvero il dato per cui i due (Turco e Paiano) non si conoscessero, così come ha affermato la difesa del Giudice! Ah, se avessero sentito  Scarciglia? A proposito… ma com’è che nessuno lo ha denunciato a questo Scarciglia per aver sostenuto pubblicamente il falso? Su questa vicenda c’è dell’altro, ma non è questa la sede. Forse non sapremo mai se i due si conoscessero o fossero amici. Ma chi era Tonino Scarciglia? Qualche magistrato, forse, potrebbe saperlo.

L’ACCUSA SA CHE SEI INNOCENTE, MA CHIEDE COMUNQUE LA CONDANNA

La giornalista Giusi Cavallo, finita suo malgrado in un groviglio processuale nato dal nulla, ha subito un processo e rischiato una condanna semplicemente perché alcuni documenti non erano stati acquisiti a fascicolo, seppure in possesso della presunta persona offesa (Giudice Romaniello). Insomma la parte offesa, un magistrato, continua a chiedere la condanna sapendola innocente, ma anche la pubblica accusa esercita l’azione penale in un caso in cui di penale non c’è nulla. Grazie al lavoro della difesa, congiuntamente alle ricerche documentali della stessa giornalista, quelle carte sono entrate nel fascicolo del Giudice. E così Giusi Cavallo è stata assolta con formula piena. Può un magistrato nascondere documenti a favore dell’accusato e produrre documenti e memorie anche inutili per confondere o magari orientare il Giudice? Roba da Csm anche questa.

Sentiamo Giusi Cavallo:

Ero a processo a Roma per false dichiarazioni al Pm della Cassazione nell’ambito del procedimento disciplinare del Csm a carico della giudice Gerardina Romaniello, che mi accusava. Romaniello ha prodotto una miriade di atti e documenti, tutti inutili, ma si è ben guardata dal produrre quelli dirimenti, due o tre, da cui emergeva che il capo di imputazione per cui venivo processata era il nulla incartato in processo e che quelle circostanze oggetto di imputazione erano del tutto inutili rispetto al procedimento del Csm che l’aveva sanzionata.

Credo che Romaniello in tal modo abbia commesso il reato di calunnia nei miei confronti, per questo l’ho querelata. Il reato si è consumato certamente, allorché la dottoressa Romaniello, pur in possesso di atti dirimenti, non solo non li ha depositati, ma ha continuato a chiedere la mia condanna, ha tentato di opporsi (attraverso il suo difensore) all’acquisizione dei documenti da me portati, non già contestandone il contenuto (contenuti ritenuti conformi), ma sollevando dubbi su come io ne fossi venuta a conoscenza. Quindi è certo e documentato che Romaniello mi ha accusata sapendomi innocente e, continuando ad insistere per la condanna, ha tentato di opporsi all’acquisizione di quei pochi documenti che nettamente mi assolvevano. Alla fine del processo, in data 2 dicembre 2022, sono stata assolta perché il fatto non sussiste, ma ad oggi la motivazione non è stata ancora depositata nonostante siano trascorsi oltre 180 giorni mentre il termine assunto è di 90 giorni.

Ho querelato con rammarico. Sono stanca di difendermi da accuse per reati inesistenti, o da reati per cui sono stata già giudicata e archiviata o assolta. I procedimenti  aperti nei miei confronti in questa storia sono una decina, incardinati in diversi Tribunali: Roma, Catanzaro, Potenza. Accusata di strani reati come, per esempio, il favoreggiamento alla diffamazione, io avrei favorito chi l’avrebbe diffamata. 

TU A PROCESSO DEVI ANDARCI COMUNQUE

Nelle prossime puntate parleremo di altri fatti, di altri processi, di altre denunce. Di Pm che rinviano a giudizio senza aver letto le carte. Ricordo uno dei casi capitato ancora una volta a Giusi Cavallo. Siamo stati denunciati per diffamazione. L’articolo lo avevo scritto e firmato io, il direttore responsabile ero io, ma la Pm porta in giudizio anche Cavallo che nulla c’entrava come articolista né come direttore responsabile del giornale. La “svista” viene segnalata dalla stessa Cavallo. Risolto? Macché. Siamo tutti e due a processo perché ci sarebbe un concorso nel reato di diffamazione. L’articolo è firmato da Michele Finizio il direttore responsabile è all’epoca dei fatti, e ancora oggi, Michele Finizio, ma a processo ci va anche Giusi Cavallo. Ma questi il concorso da magistrato come l’hanno superato? Certo, si tratta di una giovane Pm, adesso trasferita in altra sede – ci risulta per sua scelta e comodità – la quale ci ha anche rinviato a giudizio più volte con citazione diretta, persino nei casi in cui la circostanza, per legge e per procedura, prevedeva l’udienza filtro.

Ma anche in questo caso, ci aiuta il racconto di Giusi Cavallo:

Hai spiegato bene, ma te la racconto come l’ho vissuta.  Qualche settimana fa mi sono presentata dinanzi al giudice del Tribunale di Potenza per l’udienza di un processo a mio carico. Dovevo essere sentita come imputata. Prima di rispondere alle domande di Pm, giudice e avvocato della parte offesa, ho chiesto perché mi trovassi lì spiegando loro che dopo aver ricevuto l’avviso di conclusione indagine avevo chiesto di essere sentita, come è previsto. Ad ascoltarmi erano stati i carabinieri di Potenza ai quali non solo avevo rappresentato che non ero né l’autrice dell’articolo querelato né la direttrice responsabile ma avevo fornito la documentazione che provava le mie dichiarazioni. A processo però ci sono finita lo stesso. Perché?

La risposta me l’ha data il Pm che era quel giorno in aula, facendomi vedere l’avviso di conclusione indagini, a cui, dopo la mia audizione dai carabinieri, era stato aggiunto a penna, dalla Pm titolare delle indagini, la contestazione del concorso, mio, con te autore dell’articolo. Sulla base di cosa la Pm  lo abbia stabilito, non è dato saperlo. Lo capiremo nel corso del processo. Una cosa però mi è chiara: in un modo o nell’altro io dovevo essere processata. Ma le stranezze non finiscono qui.

Il Pm subentrato alla magistrata, di cui hai appena detto, pare non abbia letto quello che ha scritto la collega, a penna, sull’avviso di conclusione indagine. Perché se lo avesse fatto io sarei dovuta essere a processo con la contestazione dell’articolo 595 c.p. in concorso (art. 110) con l’autore dell’articolo e con il direttore responsabile. E no, io a processo sono finita come direttrice responsabile. E cioè con la prima imputazione della Pm che aveva aperto il fascicolo e che aveva indagato (?) così bene da non sapere che non ero io la direttrice responsabile e che poi aggiunge a penna il “concorso” perché io evidentemente a processo dovevo andarci lo stesso.  Perché, se viene aggiunto il concorso, il Pm che fa la citazione diretta a giudizio non modifica il capo di imputazione ma lascia in piedi la prima ipotesi della sua collega? Se non avessi fiducia nella giustizia penserei a qualcosa di torbido.  Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, e io oggi posso chiedermi da cittadina e da giornalista perché sto affrontando un processo che non avrei dovuto affrontare. Domanda a cui certamente non avrò risposta e che forse mi costerà altri guai. Certo è che, poiché le prodezze della Pm in questione nei miei confronti non sono solo queste da me raccontate, ho deciso di segnalarle nelle sedi competenti. Ci sarà qualcuno di buona volontà disposto a fare chiarezza? (Fine prima puntata)

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