Basilicata. Lor signori quando vogliono fanno piovere e nevicare
La storia incredibile della chiusura del Centro Internazionale di Dialettologia: non basta l’indignazione e l’indifferenza sotterra il futuro
La serietà sembra essere un concetto sconosciuto alla politica lucana. Molto noti e ben praticati, invece, l’arroganza, l’ignoranza, il cinismo, l’inganno, l’ipocrisia. Una miscela di ingredienti che molti politici sorseggiano al mattino appena svegli, diluita alla svelta in una tazza ad uso per il tè. E’ così che si preparano ad affrontare la giornata. Carichi di menzogne, di cattiverie e di miseria umana da riversare all’occorrenza su fatti e persone. Perché lo fanno? Sono cattivi dentro e paternalisti fuori? Forse. Più probabile che siano ossessionati dal potere e dai soldi. Si organizzano per isolare e spesso per distruggere le menti libere e produttive di cambiamenti positivi. Fanno di tutto per emarginare e osteggiare i luoghi e le persone che in qualche modo forniscono un contributo, di pensiero e di azione, finalizzato al bene della Basilicata e dei lucani.
Perché? Perché a loro della Basilicata interessa nulla, se non le risorse da spolpare. Perché loro dei lucani se ne importano, se non per drenare consenso con l’inganno. Loro stanno bene da soli al comando e investono tempo e risorse (pubbliche) per reclutare menti mediocri e soccombenti. E’ questo il fondale “politico” che sta sulla scena di una vicenda paradossale, assurda, vergognosa di cui pochi sanno: è la storia recente del Centro Internazionale di Dialettologia. Su questa vicenda si possono fare tante domande, sollevare tanti dubbi, ma soltanto se si capisce quel fondale si può comprendere quello che accade ed è accaduto sul palcoscenico: il teatro della vergogna. Io mi vergogno per loro, da lucano, da cittadino, da giornalista, da uomo.
Ormai siamo vicini al funesto traguardo: a luglio 2023, ossia tra circa due mesi il Centro Internazionale di Dialettologia (CID) chiude. Quindici anni di lavoro di ricerca, di animazione sui territori, di costruzione di relazioni internazionali, di rete scientifica con università italiane, europee e d’oltre oceano: un patrimonio culturale enorme, originale, rischia di andare al macero. Perché? Guarda il fondale della scena e avrai le risposte, quelle vere, non le giustificazioni infantili e false dei politicanti senza dignità. Maneggiano delibere, accelerano procedure, sgrovigliano matasse burocratiche quando vogliono e come vogliono appena si tratta di questioni di loro interesse e di interesse dei loro amici, parenti, affini e collaterali.
Nel 2007 parte il progetto per l’Atlante linguistico della Basilicata e nel 2018, grazie alle basi a carattere internazionale lanciate da quel progetto nasce il CID. Un’eccellenza lucana che ha consentito di portare i dialetti della Basilicata in tutto il mondo scientifico. Non sarà un caso se il Comitato Tecnico Scientifico del CID è composto da professori di alcune delle principali Università europee come Cambridge e Oxford. E poi il faticoso, ma entusiasmante lavoro sui territori per la salvaguardia e la valorizzazione dei dialetti lucani: corsi di alfabetizzazione al dialetto, incontri. E seminari internazionali a cui hanno partecipato docenti e studenti provenienti da ogni parte del mondo. Insomma, un lavoro che ha fatto emergere ovunque una miniera a cielo aperto, un giacimento di 131 dialetti tanti quanti sono i Comuni della regione. Gli stessi Comuni che da tempo chiedono l’istituzionalizzazione del Centro attraverso le forme più opportune, atteso che la convenzione tra Regione e Unibas, è in scadenza definitiva. Basterebbero 200mila euro per consentire al CID di continuare la sua formidabile attività, a fronte di milioni di euro buttati nella spazzatura con finanziamenti di iniziative fallimentari, ma utili a far girare quattrini tra progettisti amici, consulenti, e così via.
Una mente straordinaria, una glottologa di fama internazionale, arrivata in Basilicata per amore profondo della Basilicata, sta per abbandonare questa terra con un carico di delusione pesantissimo. E’ Patrizia Del Puente, animatrice e coordinatrice del CID. Abbandonerà questa regione senza odio, senza disprezzo per alcuno, ma portandosi dentro l’amore che ha sempre provato – e dimostrato – per i lucani, per i loro dialetti, per la loro cultura linguistica, per la bellezza, nonostante tutto, dei luoghi che l’attraversano. Perché Del Puente è una persona per bene, una scienziata di alto livello, un’intelligenza rara: le persone come lei non sono capaci di rancore. Prima di lei sono già andati via i giovani ricercatori – sono rimasti in tre, ancora per poco – delusi e traditi dalla loro terra. Adesso le loro competenze, il loro entusiasmo caduto a pezzi ai piedi di quel fondale, rinvigoriscono altrove in Italia e all’estero, dove hanno trovato immediata collocazione. La Basilicata continua a perdere i suoi figli migliori nel quadro dell’orrenda retorica sullo spopolamento e sulla fuga dei cervelli.
Eppure sembrerebbe che il paradosso abbia la residenza da queste parti. Ma non è così. Questa è una storia di infantilismo politico e amministrativo, di dispetti contro le persone, di disprezzo per la cultura e per la Basilicata. Maggioranza e opposizione in Consiglio regionale, esponenti di destra, di sinistra, di sopra e di sotto, la Giunta Bardi, Bardi stesso, e i suoi assessori ed ex assessori – Cupparo tra i primi – il rettore dell’Unibas, i parlamentari, tutti, in qualche modo e in misura e forme diverse sono stati protagonisti di quel fondale. C’è chi ha fatto di tutto, dietro le quinte, coprendosi con una maschera, per portare il CID alla chiusura e chi lo ha fatto anche pubblicamente mettendoci la faccia a postura di capriccio. C’è chi nulla ha fatto per salvarlo. C’è chi ha abbandonato il campo di battaglia prima che finissero le “munizioni”. E poi i soliti personaggi che emergono dal letargo ogni volta che si avvicina una competizione elettorale, sempre lì con la calcolatrice delle convenienze tra le mani.
Non è escluso che questi signori, chiuso il CID, sfrattati gli ultimi ricercatori resistenti, rilancino in prossimità delle elezioni regionali: “Chi noi? Noi siamo convinti che il Centro Internazionale di Dialettologia debba continuare, lo rilanceremo con una nuova convenzione, con una Fondazione, insomma troveremo il modo, ci dispiace che Patrizia Del Puente abbia abbandonato il campo, non ci ha lasciato il tempo per fare… ci dispiace che i ragazzi siano andati via, non hanno voluto aspettare”. Capite? Nel migliore dei casi metteranno a terra un carrozzone di raccomandati, mediocri, signorsì utili alle loro convenienze politiche. Perché a loro del CID, della Basilicata, dei lucani, dei ragazzi che emigrano, non gliene importa alcunché. A loro interessa il consenso, il denaro, il potere: sistemare qualche zerbino antropomorfo e distribuire prebende ai fedeli scudieri.
Tuttavia “la speranza è un rischio da correre, è addirittura il rischio dei rischi”, non ricordo chi l’abbia detto o scritto, ma credo che sia la verità. E allora corriamo questo rischio: tutti i lucani onesti e intelligenti, liberi e assennati, ovunque si trovino, facciano qualcosa, tengano in vita la speranza che in queste poche settimane possa cambiare la scena.
Scriviamo tutti una mail a Bardi: “non voglio che il CID chiuda”.