Basilicata. Due miliardi e mezzo da spendere entro il 2027: che fine faranno?

10 giugno 2023 | 14:54
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Basilicata. Due miliardi e mezzo da spendere entro il 2027: che fine faranno?

La sfida dello sviluppo richiede rigore, competenza, lealtà, amore: evitare gli errori del passato

Sono due miliardi e mezzo di euro i fondi a disposizione che la Basilicata dovrà spendere entro il 2027. Si tratta di risorse provenienti dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr), dal Fondo sociale europeo (Fse+) e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Con tutti questi soldi la regione potrebbe essere rivoltata come un calzino. Una montagna di opportunità da gestire con intelligenza, lungimiranza e, soprattutto, con amore per questa terra. Occorre una programmazione coordinata, armonizzata in modo da raggiungere senza intoppi di sorta un obiettivo: lo sviluppo. Uno sviluppo che deve avere un’identità regionale, distinguibile nei diversi mercati nazionali e internazionali, con un suo valore caratteristico e definito. Soprattutto sostenibile. Si punti agli asset più esclusivi e si eviti l’ossessione industrialista. Insomma, occorre una visione di sviluppo che da sempre è inesistente nelle classi dirigenti della Basilicata.

Dunque niente tira e molla tra i diversi dipartimenti che rischiano di frammentare la spesa depotenziandone la resa. Il programmatore dovrebbe sottrarsi alla pressione delle lobby imprenditoriali e dei signori del consenso elettorale. Niente scambio tra attribuzione di risorse e cosiddetti grandi elettori. Insomma, bisognerebbe evitare gli errori del passato.

Finirla con gli incentivi alle aziende che non hanno futuro e investire nella costruzione delle condizioni di attrattività delle iniziative economiche. Le infrastrutture fisiche, certamente, ma le fondamenta dello sviluppo si costruiscono anche con le infrastrutture sociali, culturali, sanitarie. Far crescere il capitale sociale e di fiducia nei territori è altrettanto importante. Laddove non circola fiducia non circolano neanche gli scambi sia economici sia culturali. Territori che non sono affidabili sul piano sociale, politico, dei servizi, dei trasporti, delle istituzioni locali e così via sono destinati a uno spopolamento inesorabile. Non basta il lavoro, occorrono dignitose condizioni di vita e di lavoro.

Non si può promuovere il turismo senza una riconversione e una seria manutenzione della viabilità interna, ossia dei collegamenti tra paesi e paesi. I trasporti, le vie di collegamento interni sono altrettanto importanti quanto le grandi infrastrutture stradali e ferroviarie. Arrivo a Potenza in treno, ma se devo andare a Castelgrande o ad Aliano o a Forenza, rischio di passare la notte nella stazione del Capoluogo.

Se la Basilicata non diventa la piattaforma logistica del Mezzogiorno e crocevia dei commerci nel Mediterraneo non ha un grande futuro economico. Per questo obiettivo bisognerà agire con grande determinazione politica.

Altrettanto importante è fare attenzione ai settori ad alta intensità di lavoro. E’ qui che si crea occupazione, non nei settori ad alta intensità di capitale che, tra l’altro, non guardano con interesse alla Basilicata. La trasformazione digitale dei sistemi produttivi ci travolgerà se non investiamo con intelligenza nella scuola, nell’università e nella riconversione tecnologica delle produzioni caratteristiche. La digitalizzazione dell’economia e la concentrazione delle dinamiche di mercato nelle mani di oligopoli potentissimi ci travolgeranno se non saremo capaci di rendere esclusivi i nostri asset, senza svenderli al miglior acquirente: paesaggi, cultura, storia, beni architettonici e archeologici, boschi, acqua e sorgenti, parchi, mare, fiumi, olio, vino, ortaggi, frutta, pasta, pane. E’ questo il capitale caratteristico, proprio, della Basilicata, troppo a lungo escluso dagli orizzonti di sviluppo. Un capitale messo a mercato in modalità bancarella da festa patronale, mentre la strada è quella di renderlo capace di produrre ricchezza dentro circuiti internazionali. E non lo si fa con i Gal così come sono combinati e avviluppati in un sistema mangiasoldi.

Non saranno le automobili a creare sviluppo, né il petrolio, né i vari hub energetici di cui si parla a vanvera e su cui interessi altri potrebbero ancora una volta estrarre ricchezza e portarla altrove.

E se l’industrializzazione – nei settori metalmeccanico e manifatturiero in generale – deve essere una delle direttrici di crescita, allora la si immagini dentro processi che non danneggino il capitale caratteristico. Se quest’ultimo viene lentamente distrutto, svenduto, mentre le fabbriche chiudono, sarà la fine. Lo vedremo a Melfi, lo vedremo quando le multinazionali del petrolio finiranno di succhiare fino all’ultima goccia il sottosuolo. Lo vedremo quando saranno dismessi gli impianti eolici selvaggi e assisteremo a cimiteri di rottami su quelle che un giorno erano terre fertili e dal paesaggio suggestivo.

Sullo sfondo, però, ci sono problemi che non si possono risolvere con due miliardi e mezzo di euro e neanche con dieci. E sono problemi seri. Riguardano l’incapacità della politica di mettere a punto una visione di sviluppo e di affrontare con rigore, competenza e lealtà, la sfida a cui chiama quel denaro. Il capitale di fiducia è continuamente minacciato, consumato e non riprodotto, da chi agisce egoisticamente in vista di un tornaconto personale: potere, consenso, ricchezza. Concorsi manipolati, carriere precostituite, enti sub regionali e aziende pubbliche regionali gestiti con eccesso di autoreferenzialità e aggrovigliate in pasticci personalistici. Le risorse spesso vengono distribuite sotto forma di prebende, i flussi di assegnazione sono organizzati da gruppi che agiscono all’interno degli stessi partiti sia di opposizione sia di governo. All’orizzonte non lo sviluppo della Basilicata, ma l’accrescimento del potere di personaggi e confraternite sempre verdi. Accanto a ciò un sistema imprenditoriale mediamente avvezzo a mungere le risorse pubbliche concesse dal politico amico. E non dimentichiamo che abbiamo una pubblica amministrazione, a tutti i livelli, mediamente vecchia e mediocre. Insomma, il problema è il Sistema. Se non cambia il Sistema non basterà tutto l’oro del mondo, così come non sono mai bastati i miliardi arrivati in tutti questi anni, a dare una prospettiva di sviluppo alla Basilicata. Quei soldi serviranno ad altro, come sempre.