Si punta il dito contro il reddito di cittadinanza in un Paese di “imbroglioni”

26 maggio 2023 | 11:50
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Si punta il dito contro il reddito di cittadinanza in un Paese di “imbroglioni”

Si coltivano zucchine sui tetti delle case. Raggiri e “truffe” nel mercato del lavoro: l’esperienza di un ex ispettore dell’Inps

Devo ammetterlo la mia attività lavorativa ha condizionato il mio modo di approcciarmi al prossimo, oggettivamente fra i soggetti che ho ispezionato il numero degli elusori, evasori e truffatori è stato sempre molto, ma molto, più elevato di quelli regolari, in pratica spesso ho avuto la sensazione che l’antico detto “fatta la legge trovato l’inganno” fosse l’unica reale attività di moltissimi soggetti: consulenti, imprese, associazioni dei datori di lavoro, sindacati e  anche singoli cittadini.

Vi sembrerò eccessivo? Ma se è pur vero che l’assegnazione delle pratiche avveniva elaborando sistemi di valutazione più o meno complessi, incrociando dati o seguendo semplicemente “un filone” che sostanzialmente evidenziava sin da subito presumibili attività a rischio, resta il fatto che quasi sempre l’elusione o peggio la truffa erano dietro l’angolo.

In questo periodo si parla molto delle truffe perpetrate ai fini della percezione illecita del reddito di cittadinanza, non ho una esperienza specifica nel settore in quanto praticamente è intervenuto successivamente al mio pensionamento, ma posso affermare che eventuali reati non possono che essere verificati dalla Guardia di Finanza, trattandosi spesso di redditi occultati, così come del resto le indagini hanno evidenziato.

Resto comunque perplesso sul silenzio relativo a inganni molto più consistenti, quasi che ci fosse una tacita intesa da parte di numerosi soggetti interessati a tacere. Un esempio eclatante sono i fittizi rapporti di lavoro in agricoltura, una truffa che stimo solo in provincia di Potenza produca annualmente almeno dai 20 ai 25 milioni di prestazioni indebite, senza considerare molti altri milioni di euro per contributi evasi e prestazioni differite non dovute (pensioni); ovviamente immaginate cosa accade in Campania, Puglia, Calabria, Sicilia dove spesso indagini condotte dalle procure hanno evidenziato il diretto coinvolgimento della malavita organizzata.

Un semplicissimo esempio è quello della piccola colonia, attività che da un punto di vista sociale forse aveva qualche senso fino agli anni ’70 del secolo scorso. In pratica, da accertamenti condotti, si appurò che tutti i rapporti piccola colonia evidenziavano nel migliore dei casi una coltivazione dei propri terreni senza alcun vincolo, ma molto più spesso una vera truffa con la denuncia di coltivazione in terreni abbandonati da anni.

Intorno al 2009 abbiamo, tramite la Direzione Provinciale dell’INPS, sollecitato le varie associazioni a cessare le domande di falsi rapporti per evitare la conseguente denuncia per truffa dei soggetti interessati, risultato: dalle 5.500 domande dell’anno precedente ne giunsero circa 3.000. Sul piano pratico, considerando una media di duemila euro a prestazione fra disoccupazione ed indennità di malattia e maternità, vi fu un risparmio immediato per le casse dell’INPS di Potenza di circa 3 milioni di euro all’anno.

COME FUNZIONA IL MECCANISMO?

Il meccanismo consiste semplicemente nel teorico contratto fra due soggetti, un concedente il proprio terreno ed un concessionario o piccolo colono che si impegna a coltivarlo, con l’impegno per il primo a pagare i contributi e per il secondo a dividere il risultato delle coltivazioni. Al piccolo colono vengono altresì garantite le prestazioni economiche previste per i lavoratori agricoli subordinati (disoccupazione, malattia e maternità), il tutto è determinato con l’ausilio di talune organizzazioni agricole sia dei datori di lavoro che dei sindacati dei lavoratori che sostanzialmente certificano i contratti sottoscritti fra le parti. Le associazioni per loro comodità di gestione hanno costituito ulteriori associazioni ad hoc per sottoscrivere i contratti, i datori di lavoro hanno nel loro ambito associazioni di braccianti mentre i sindacati dei lavoratori associazioni di piccoli contadini e/o coltivatori, in pratica parte e controparte condividono inverosimilmente la stessa casa.

Le associazioni controllano il territorio per aree geografiche, chi la zona di Pietragalla chi di Lauria, oppure del Marmo Platano o del Senisese eccetera; parliamo delle più importanti associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori ed in alcuni casi di associazioni e patronati sconosciuti, spesso con la sede nazionale sita stranamente in Calabria o Sicilia.

Quindi bastava, e basta tutt’oggi, rivolgersi ad una delle associazioni e o sindacati perché i contratti possano essere “validati” senza spostarsi di ufficio. Costo dell’operazione? All’epoca almeno 200 euro a pratica, pagati in contanti ed a “nero”, come dichiarato spesso dagli stessi “concessionari”, quindi considerando il numero di “piccoli coloni” e la loro distribuzione geografica sul territorio provinciale ogni associazione può stipulare anche oltre i 500 contratti all’anno, risultato  200 per 500 uguale 100.000 euro all’anno esentasse ed intascati senza alcuna responsabilità dall’addetto dell’associazione. Di fatto sono i firmatari del contratto, spesso povere persone fra di loro stretti familiari, i soli teoricamente a dover rispondere per falso e truffa. Ulteriore vantaggio per le associazioni è la sottoscrizione nella domanda di disoccupazione della delega sindacale, altri 100/150 euro all’anno (per 500 altri 50.000/70.000 euro annui per singola associazione).

Ma gli “imbrogli” importanti riguardano i falsi braccianti agricoli

Una delle “truffe” più importanti in materia di lavoro riguarda i falsi rapporti di lavoro, il settore più colpito è l’agricoltura che storicamente ne è facile bersaglio sia per una sorta di incomprensibile benevola condiscendenza, (il fenomeno spesso era visto come una compensazione economica per il sud svantaggiato e con tale giustificazione accettato da “tutti”) ma anche per la incapacità di intervento dello SCAU (Servizio Contributi Agricoli Unificati) – che prima era attestato dell’INPS – l’ente impositore per la contribuzione in agricoltura. Tale ente non avendo l’onere del pagamento delle prestazioni (disoccupazione, malattia e maternità e pensioni erano in carico all’INPS e alle casse di mutualità) non aveva alcun interesse a reprimere il fenomeno.

A ciò va aggiunto che la contribuzione dovuta nel Mezzogiorno e nelle zone svantaggiate è ridotta da sempre di circa il 70%, ciò comporta ad esempio che attualmente per 100 giornate di lavoro denunciate i contributi dovuti corrispondono a circa 900 euro, nel mentre la sola prestazione di disoccupazione è di 1.400 euro, quindi su tale differenziale si è da sempre costruita la truffa collettiva più colossale ai danni di tutti.

Già perché 1.400 euro sono il minimo, se poi ci aggiungiamo eventuali assegni familiari, che per i braccianti a tempo determinato non sono anticipati dal datore di lavoro ma pagati direttamente con la disoccupazione, o malattia e soprattutto maternità le somme possono arrivare fino a circa 10.000 euro in un anno.

L’imbroglio sta nell’utilizzare una norma nata per tutelare i lavoratori ma adoperata alla grande dai professionisti del falso. Infatti, l’articolo 2116 del Codice Civile prevede l’erogazione obbligatoria delle prestazioni ai lavoratori anche nel caso del mancato pagamento della contribuzione da parte del datore di lavoro, ne consegue che nemmeno i contributi vengono pagati.

L’ultima statistica fornita dal Crea ha indicato per l’anno 2020 in 20.895 il numero dei lavoratori agricoli a tempo determinato in Basilicata, più o meno divisi a metà fra le due province, di cui 8.466 donne e 6.251 gli extracomunitari, quindi questi ultimi meno di un terzo. Ma avete mai provato a girare per le campagne dell’Alto Bradano o della Val d’Agri, oppure del Metapontino, siete mai stati in una stalla del Marmo-Platano, del Melandro o dell’alto Basento? La stragrande maggioranza dei lavoratori è di pelle scura o olivastra, nelle stalle spesso hanno un turbante ad indicare l’etnia sikh, negli ultimi 10/15 anni nel mio girovagare nelle aziende agricole lucane di lavoratori italiani ne ho visti sempre di meno, men che meno le donne.

Eppure stando alle statistiche gli italiani dovrebbero essere la maggioranza, anche nel numero di giornate denunciate come lavorate, ne consegue che gli extracomunitari che lavorano effettivamente, come del resto ho constatato in anni di accertamenti, non vengono assicurai mentre i falsi braccianti e le relative truffe abbondano.

QUALCHE ESEMPIO

Tre cooperative operanti in un grosso comune agricolo dell’alto Bradano i cui presidenti erano di fatto “teste di legno” utili per denunciare giornate false e reali senza versare contributi. In pratica nel mentre svolgevano illecitamente la somministrazione di manodopera per altri imprenditori agricoli, la somministrazione può essere svolta solo da imprese autorizzate dal ministero del lavoro (cd. lavoro interinale), contemporaneamente denunciavano centinaia di falsi rapporti di lavoro di persone residenti soprattutto nel foggiano, attività quest’ultima messa in atto anche grazie alla “consulenza” di vari soggetti che nel corso dell’accertamento venivano arrestati dalla Guardia di Finanzadi Foggia per reati analoghi attuati in quella provincia . Nello stesso tempo nonostante una dettagliata denuncia analoga nessun provvedimento è stato intrapreso nella nostra provincia.

Si potrebbe parlare delle centinaia di rapporti di lavoro denunciati in favore di falsi braccianti agricoli provenienti dalla provincia di Cosenza e dal Senisese-Lagonegrese ad opera di un presunto imprenditore del Metapontino, che con un consulente di Cassano allo Ionio (Cosenza), denuncia con un falso contratto la coltivazione intensiva di ortaggi in terreni di Noepoli (Potenza), terreni praticamente abbandonati e inidonei a qualsiasi coltivazione. Ancora, a Policoro, il fittizio titolare di più aziende agricole che assume centinaia di falsi braccianti del Lagonegrese e Senisese e dalle province di Taranto e Cosenza. Aziende consistenti in ettari di terreno incolto da decenni il cui proprietario reale è irreperibile in Italia e che l’unica cosa che producono sono centinaia di false fatture di vendita di prodotti agricoli ad uso di importanti grossisti di frutta del barese.

Che dire dell’azienda agricola di Melfi affittuaria di un misero castagneto capare di apportare lavorativamente pochissime giornate annue e che invece ne denunciava migliaia, incredibilmente anche nella prima metà di febbraio del 2012 quando metri di neve avevano bloccato tutto il Vulture Melfese, compresa la FIAT nella piana di San Nicola, e alcuni operai invece pare fossero intenti “alla potatura dei castagneti sul monte Vulture”. Che dire dell’impresa boschiva di Senise dedita all’assunzione di donne, spesso prossime alla maternità, impegnate in una attività di fatto svolta sempre da soli uomini? Per questa azienda non va sottaciuta l’incredibile assunzione del consulente aziendale e della sua impiegata, in pratica sia il consulente che l’impiegata e in alcuni casi i figli laureati del consulente, sono risultati assunti come braccianti agricoli, operai edili, ecc. in numerose aziende assistite dal suo studio.

Anche dell’azienda agricola di Senise specializzata nella produzione di zucchine sui tetti delle case o nei boschi, in quanto così si evinceva dall’aerofotogrammetria dei terreni denunciati, ovvero di braccianti denunciati presenti al lavoro contestualmente a ricoveri ospedalieri o del cantante lirico impegnato a guardare i maiali e simultaneamente a cantare nel coro del Teatro Petruzzelli a Bari o del Teatro Verdi a Salerno.

Quindi aziende dedite alla denuncia di false giornate agricole e di false fatture. Anche in questo caso importanti associazioni di categoria gestiscono le giornate, con un reciproco vantaggio fra l’associazione, che per ogni fittizio rapporto di lavoro intasca i suoi 200 euro oltre alla delega sindacale, e il fittizio titolare al quale vanno almeno i 1.000 euro di contributi (in realtà non versati all’INPS) per le 100 giornate mediamente denunciate. Quindi mentre i primi gestendo i loro 500/600 falsi braccianti intascano fra i 100.000 e i 120.000 euro annui il secondo per i suoi 100 braccianti fittizi ne intasca 100.000, tutti ovviamente esentasse e a nero.

Truffe non solo in campo agricolo, nel 2020 con l’Arma dei Carabinieri abbiamo denunciate 16 persone per una truffa da 100.000 euro in prestazioni non dovute per fittizi rapporti di lavoro in edilizia, un’impresa edile praticamente senza alcuna commessa da anni che assumeva solo impiegate senza neppure avere un uffici. Oppure il falso patronato sindacale che dalla Calabria assumeva centinaia di operatori in tutta Italia per il tempo strettamente necessario ad ottenere la disoccupazione, con diramazioni nel Melfese e nel Potentino. Purtroppo, ad esclusione delle Procure della Repubblica di Matera e di Locri, nessuna conseguenza hanno avuto al momento le altre denunce effettuate.

Parliamo di truffe per decine di milioni di euro per la sola Basilicata, truffe nelle quali i falsi “lavoratori” come evidenziato sono di fatto la parte debole che si accontenta delle briciole e della costituzione gratuita di posizione contributiva per garantirsi una pensione decente (che ora purtroppo non c’è più) convinta di non fare nulla di male, infatti non di rado la risposta era “ma io al sindacato/patronato i contributi li ho pagati”.

∗ già responsabile Ufficio Ispettivo INPS di Potenza