Scotellaro, Levi e gli scrittori che si distraggono al bivio

22 aprile 2023 | 15:52
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Scotellaro, Levi e gli scrittori che si distraggono al bivio

Da Cappelli a Di Consoli passando per gli scrivani della rete

Come quasi tutti i sabato mi concedo un lungo giro sul web: social, blog, siti vari. Tanto per capire che cosa si dice in giro e come il popolo della rete tratta certi argomenti. Certo, anche durante la settimana, per lavoro, frequento la piazza virtuale, ma soltanto nei luoghi di interesse. E dunque, uno dei temi di attualità oggi in Basilicata è il centenario della nascita di Rocco Scotellaro. Faccio un viaggetto sulla rete e mi imbatto in alcune considerazioni di un signore che a proposito dell’intellettuale di Tricarico scrive: “…Ma anche BASTA con questo CULTO della povertà! Ci portiamo dietro questo retaggio contadino e cattolico degli “ultimi che saranno i primi” che genera scarsa competitività e ancor meno autostima.  …Mi va bene tutto…l’elogio della lentezza, della genuinità, della purezza e così via ma per favore basta con questo mito che ci accompagna da sempre. Abbiamo già dato! Ora iniziamo a vivere pensando di poter essere non gli ultimi ma i primi.” Che cosa sia questo culto della povertà e chi lo eserciti probabilmente lo sa soltanto l’autore del post che evidentemente non sa nulla di Scotellaro, di Levi e della Basilicata di quegli anni. Ancor meno ha contezza della Basilicata di oggi. Vi risparmio i commenti a quel post, molti dei quali segno di assoluta ignoranza. I like poi, lasciano il tempo che trovano. La Basilicata di oggi è anche causa di quella mediocrità e superficialità di personaggi come il tizio del culto della povertà.

Faccio un giro più avanti e mi imbatto in un’intervista a Andrea Di Consoli sul blog talentilucani.it. Personalmente apprezzo di Di Consoli soprattutto la scrittura in cui mette “carne e passione”. Insomma, mi piace. E quindi mi precipito a leggere. Dice cose condivisibili su Scotellaro, ma a un certo punto si infila in una via solitaria su Carlo Levi e chiama in causa Gaetano Cappelli. Mi chiedo che cosa c’entri questo inserto forzato nel contesto dell’intervista. La domanda dell’intervistatore è la seguente: A 100 anni dalla sua nascita e a 70 dalla sua morte prematura, perché ancora si percepisce un livore verso Scotellaro anche nei confronti del suo mentore Carlo Levi, al quale assieme a Manlio Rossi Doria va il merito di aver fatto conoscere la poetica di Scotellaro con edizioni postume. Ecco la risposta: “… Carlo Levi può essere discusso e contestato liberamente, perché il dibattito culturale non deve mai essere fideistico. Gaetano Cappelli, scrittore che amo molto, ha sempre letto in maniera provocatoria e irriverente la stagione demartiniana, neorealista e il lascito leviano, e questo, benché a volte esagerato e urtante nei modi, non solo è legittimo, ma io direi anche necessario, perché noi non dobbiamo avere mai riverenza o subalternità rispetto a presunti miti e santi del nostro passato. Personalmente amo Levi e lo ritengo fondamentale, non solo per la storia lucana, ma benedico che ci sia uno scrittore irriverente e provocatorio come Gaetano Cappelli, che ha scritto almeno cinque romanzi che rimarranno nella storia della letteratura italiana, a differenza di tanti difensori d’ufficio un po’ conformisti di Carlo Levi”.

Infilare Cappelli in questo contesto suscita qualche dubbio: Che c’entra? Perché?

Forse si riferisce alle riflessioni che abbiamo ospitato sul nostro giornale? Al dibattito che ha aperto Graziella Salvatore dopo l’oscena analisi del testo sul famoso libro di Levi, fatto da Cappelli su la Gazzetta del Mezzogiorno arrivando a dichiarare che Carlo Levi “ce l’ha coi terroni” e vogliamo parlare di quello che da anni scrive sul suo profilo Facebook? Altrimenti come spiegare questa “difesa d’ufficio” che Di Consoli fa al suo collega?

Dibattito aperto dalla sociologa per pacificare, finalmente, la Basilicata con la memoria del famoso libro. Dibattito impossibile in Basilicata per note ragioni di incapacità al dialogo, tanto che si è arrivati alla volgarità linguistica di spostare il confronto su altri piani. Cappelli, con il suo “bullismo letterario” contro Levi, purtroppo non è difendibile, anche per l’inconsistenza storica delle sue argomentazioni: palesemente false. E dunque Di Consoli avrebbe fatto bene a difendere la posizione culturale della donna che ha difeso Levi dalle amenità di Cappelli invece di difendere Cappelli che usa Levi per uscire dall’oscurità.

Mi dispiace, ma Di Consoli si comporta tale e quale al signore del post sul culto della povertà. Con l’aggravante che Andrea è uno scrittore di livello e un intellettuale di spessore.

Ma riverenza, subalternità, fideismo, difesa d’ufficio a chi appartengono? Il dibattito, quando ha senso, è sempre democratico e non bisogna avere scritto dei libri per essere autorizzati a parteciparvi. Questo sì che è provincialismo. Di Consoli, in questa intervista, come spesso capita a chi assume un atteggiamento culturalmente ambiguo, non fa i nomi e si affida alla frase allusiva “a differenza di tanti difensori d’ufficio un po’ conformisti di Carlo Levi”.  Che cosa poi voglia dire conformisti nel quadro di un giudizio critico nei confronti di Levi, lo sa solo lui, Di Consoli.  Di questo passo, il rischio è che i Cappelli di turno, difesi e ammirati dai Di Consoli di turno riservino lo stesso trattamento a Scotellaro. E questo è un rischio inaccettabile.

L’invito che faccio a Cappelli è di occuparsi della sua letteratura e di lasciare in pace i grandi della storia di Basilicata perché non ne capisce la profondità. E invito Di Consoli a non distrarsi al bivio, la Lucania ha bisogno si rinascere con parole nuove.