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“Passare nelle cooperative? Per noi sarebbe la fine”

13 aprile 2023 | 18:13
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“Passare nelle cooperative? Per noi sarebbe la fine”
Franca, lavoratrice Rmi

La storia di Franca, che mette in guardia i suoi 1800 colleghi (Rmi e Tis), proprio mentre il loro futuro è appeso a un filo. “Ci sono già passata ed è finita male”

“Chiedo anche ai miei colleghi lucani del reddito minimo e Tis di far sentire la propria voce, la Regione sta per farci passare sotto le cooperative. Sarebbe la fine per noi, ci sono già passata e vi dico com’è andata finire”. E’ un fiume in piena Franca, 56 anni e lavoratrice Rmi (reddito minimo di inserimento). La vicenda riguarda i 1800 lavoratori Rmi e Tis (Tirocini di inclusione sociale) che da un mese sono in presidio davanti alla Regione Basilicata per dire no al tentativo dei vertici regionali di far rientrare la platea all’interno di cooperative, per ora solo fantomatiche. Neanche dopo l’incontro di ieri con i sindacati di categoria si sono diradate le nubi sul loro futuro.

“SEI MESI DI LAVORO POI LICENZIATA” “Nel 2010, spiega Franca, ho lavorato per 6 mesi con una cooperativa di pulizie ed operavamo al don Uva di Potenza”. La sua è stata un’esperienza da dimenticare. “Lavoravamo 4 ore al giorno, io in Ortopedia, e la paga era di 550 euro mensili”. Per arrotondare “davo la mia disponibilità così riuscivo a fare anche dei turni oltre, ma massimo riuscivo a prendere intorno ai 680 euro, e con una fatica immane”. Non solo. “Ci pagavano solo con piccoli acconti, sottolinea, e così dopo 6 mesi avanzavo 2500 euro”. La cooperativa “dichiarò fallimento e fu complicato recuperare tutti i mesi arretrati. Alcuni miei colleghi neanche sono stati pagati. Un disastro”.

“UN LAVORO POCO DIGNITOSO” Da quella esperienza Franca ne è uscita con le ossa rotte. Dopo diverse esperienza non continuative, nell’ottobre 2017 è rientrata tra i lavoratori Rmi, 550 euro al mese per curare il verde pubblico, e altro, a San Chirico Nuovo. Anche questa, un’esperienza non proprio positiva. “Tra le altre cose, lo scorso anno ho perso mia madre e mia sorella, entrambe di malattia”, racconta, addolorata. Da febbraio a luglio ha fatto su e giù per ospedali e quei 5 mesi non ha ricevuto neanche un euro. “Se non firmiamo e lavoravo non riceviamo nulla per contratto, è un lavoro poco dignitoso”. A nulla sono serviti i suoi tentativi di recuperarle in seguito, quelle ore perse. “Non c’è stato niente da fare, di fronte ho trovato il muro della burocrazia e del Comune”. Lo scorso anno, rimasta sola a San Chirico, Franca ha chiesto di trasferirsi a Tito, dove gli è rimasto un pezzettino di famiglia. Ora risiede lì. “Ho trovato un ambiente molto più accogliente e affianco il personale Ata in una scuola. Mi trovo bene, ma non è il lavoro a spaventarmi, tutt’altro”.

“PASSARE CON LE COOPERATIVE SAREBBE IL COLPO DI GRAZIA” A spaventare Franca in questo periodo è il dibattito delle ultime settimane e in particolare l’intenzione, da parte dell’assessore alle Attività Produttive (Galella) e della Giunta Bardi, di non stabilizzare i 1800 lavoratori atipici, ma di farli rientrare in un sistema di cooperative di cui si sa ancora molto poco e su cui per ora girano solo voci poco rassicuranti. “Avendo già operato in questo tipo di realtà vi dico come andrebbe a finire, assicura,. Le cooperative batteranno cassa alla Regione, poi consumerebbero il bottino e noi ci ritroveremmo in bilico in un anno o poco più. Una volta fallite, chiederanno altri soldi e la Regione dirà loro di averle già remunerate. Sempre noi ci andremmo di mezzo, trovandoci a quel punto per strada”. Franca si batterà con tutti i mezzi per cercare un’altra via. “Ciascuno di noi ha acquisito competenze in questi anni, potremmo essere inseriti in Enti, o scuole, in base al curriculum maturato. È su questa strada che si dovrebbe muovere la Regione”.

“PIUTTOSTO EMIGRO ALL’ESTERO”. Qualora l’ultima spiaggia fossero le cooperative, Franca ha già deciso. “Qui ho gli affetti, le radici, ma a quel punto me ne andrei all’estero, in Germania, ho dei contatti e di sicuro lì si lavora senza elemosinare nulla”. E conclude: “Se è questo il piano della Regione, spingere affinché ce ne andiamo tutti, allora basta che lo dica. Poi però non continuino a parlare ipocritamente di spopolamento della Lucania. Sono loro che lo creano. Con le loro politiche”.