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“Lavoriamo in nero da 20 anni. La Regione Basilicata lo sa”

14 marzo 2023 | 18:02
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“Lavoriamo in nero da 20 anni. La Regione Basilicata lo sa”
Lavoratori Tis e Rmi in presidio davanti alla Regione

La protesta dei 1800 lavoratori Tis e Rmi di cui una delegazione staziona davanti agli Uffici di via Verrastro, a Potenza, da ormai quasi un mese. “Spesso svolgiamo le mansioni dei dipendenti comunali, ma figuriamo come eterni tirocinanti”. Atteso domani un incontro in Regione

“Quello che abbiamo vissuto negli ultimi 20 anni è assurdo e oggi la Regione vuole toglierci anche quei minimi diritti che abbiamo, tentando di spostarci in non meglio definite Cooperative sociali, che neanche ci vogliono”. E’ lungo e articolato lo sfogo di Francesco, che appartiene alla grande platea dei lavoratori Tis (Tirocini di inclusione sociale) a cui da 6 anni si sono aggiunti anche gli Rmi (Reddito minimo di inserimento). Un esercito che complessivamente oggi in Basilicata raggiunge le 1800 unità.

“Già da oltre 20 anni eravamo tra quei tirocinanti che aderirono a progetti tra Regione e Comunità europea e l’obiettivo – spiega Francesco – è che dopo un tirocinio di 3 anni dovevano stabilizzarci. Ma in realtà da subito, anche senza tutor, abbiamo iniziato a fare lavori di pubblica utilità, essenziali dentro Comuni, Uffici tecnici, Verde pubblico, Nettezza urbana, e qualcuno addirittura in Questura”. Aggiunge Francesco: “In alcuni casi abbiamo lavorato come veri e propri dipendenti comunali, sostituendo il personale che mancava, ma senza i diritti dei dipendenti, quindi come eterni tirocinanti”. Sono passati i decenni e la paga è rimasta sempre “sotto i 600 euro”.

E i diritti? “Non abbiamo diritto né a ferie, né a malattia, e non esiste l’infortunio”. Un rapporto di lavoro partito dal Committente Regione, ma quasi “illegale e in nero”. Un buco legislativo che è andato addirittura “peggiorando” a partire da gennaio di quest’anno, fa notare il lavoratore. “La Regione e l’Arlab – incalza Francesco – ci hanno tolto anche il diritto al Cud e all’Isee in modo da non farci risultare, non farci esistere come lavoratori che producono un reddito”. “E poi in un incontro in Regione – racconta ancora il nostro interlocutore – l’assessore Galella ci ha fatto firmare un’autocertificazione in cui si afferma testualmente che non possiamo aspirare ad un lavoro nel pubblico, niente malattia e subito la disponibilità ad entrare sotto cooperative private”. Una sorta di “bluff” a cui nessuno è riuscito a sottrarsi, pena trovarsi “per strada”. E ancora: “Da ciò che ci è stato spiegato verranno assistenti sociali a casa nostra e se a me la cooperativa non mi vuole perché ho passato i 50 anni, può prendere un mio figlio a lavorare. Cioè un figlio che deve mantenere un padre, siamo all’assurdo”. Il tentativo, quindi, “è quello di scaricarci come lavoratori di pubblica utilità e farci rientrare in un calderone di pseudo lavoratori di cooperative, in base ad accordi tra Assessorato, sindacati e cooperative non meglio precisate”.

Lavoratori “senza diritti”, per i quali “neanche l’infortunio è contemplato nel novero delle possibilità”. Sempre peggio. “I vertici regionali vorrebbero anche toglierci quel minimo di garanzia di cui godevamo facendo lavori di pubblica utilità”.Una involuzione contrattuale e sociale che potrebbe rendere “invisibili” quasi 2mila lavoratori che per tanti anni hanno “quasi sostituito i dipendenti comunali che nei nostri piccoli centri mancano”. Una prospettiva che spaventa. “Persino il presidente Bardi – sottolinea Francesco – all’inizio dell’anno ha detto che avrebbe accettato di inserirci in enti subregionali o in un Consorzio a noi dedicato, salvo poi rimangiarsi la parola 48 ore dopo”.

Domani in Regione, a Potenza, è previsto un incontro tra Assessorato alle Attività produttive, una delegazione di lavoratori e parti sociali. Ma non si preannuncia di niente di buono. “Non ci aspettiamo nulla – conferma Francesco – l’assessore Galella ha deciso di scaricarci, ma siamo pronti anche alle barricate”. Nel frattempo da oltre 20 giorni un presidio di lavoratori si è posizionato con gazebo proprio davanti agli Uffici di via Verrastro per dire “basta lavoro nero legalizzato”. “Siamo tanti, non conviene a nessuno ignorarci o far finta di niente”, conclude Francesco. Staremo a vedere. La partita è ancora alle battute iniziali. Dopo oltre 20 anni di silenzi, velate promesse e un lavoro “quasi illegale”.