La Basilicata ha smarrito Scotellaro

22 marzo 2023 | 16:11
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La Basilicata ha smarrito Scotellaro
Rocco Scotellaro, al centro in primo piano, nel dipinto Lucania '61 di Carlo Levi

C’è spazio oggi per un poeta autentico nel marasma della poesia retorica? E’ possibile rendere il pensiero e l’opera di Rocco un formidabile sentiero di riscatto?

A parte le celebrazioni, la Basilicata ha dimenticato e smarrito Rocco Scotellaro. Lo ha dimenticato, rendendolo sconosciuto, nel corso del tempo, alle nuove generazioni. Lo ha dimenticato nell’assenza di dibattiti e nella produzione del pensiero. Lo ha smarrito nell’estrema ipocrisia degli intellettuali e nella degenerazione parassitaria di una borghesia stupida, banale, stracciona, incolta.  Lo ha smarrito nell’assenza di prospettive di riscatto, di ribellione dei ceti emarginati, quelli che un tempo erano i “contadini”. Lo ha dimenticato la politica che non sa più che farsene del poeta di Tricarico, di Carlo Levi, di Pierpaolo Pasolini e che dalla loro opera può ormai solo ricavarne fastidi. Lo ha smarrito la cultura nei suoi vortici autoreferenziali, di libri facili e di poesia facile e declamatoria. Lo ha smarrito la società lucana in cui ancora si combatte gli uni contro gli altri in luogo della solidarietà e della cooperazione. E’ questa oggi l’attualità di Rocco Scotellaro in Basilicata. Un’attualità vuota di Rocco e della sua opera, piena di orribili questioni orfane di un’elaborazione politica, orfane di un pensiero. In questa prima riflessione parlo soltanto della Basilicata, perdonatemi.

Una regione drammaticamente mutata negli ultimi 60-70 anni senza che vi sia stata una partecipazione collettiva e un governo di popolo ai processi di cambiamento che invece sono stati imposti, subiti e, in molti casi, accolti come la nuova frontiera della modernità e dello sviluppo. Intanto i “contadini” di oggi – i poveri, gli esclusi, i disoccupati, gli emarginati, gli sfruttati, i precari – sono ancora lì in attesa di una Poesia e di una cultura politica che li accomuni in una forma di ribellione. Prevale piuttosto un atteggiamento che Rocco avrebbe respinto: “un lamentoso meridionalismo e un generico ribellismo”.

Non c’è spazio oggi per un poeta autentico nel marasma della poesia retorica buona a disinnescare ogni detonatore di ribellione, di critica, di reazione alle moderne schiavitù e al saccheggio del territorio. Oggi la poesia e il pensiero di Scotellaro darebbero fastidio a quelli che Giuseppe Vacca ha definito ”intellettuali tradizionali, mediatori esterni delle lotte di massa entro gli istituti della democrazia borghese”. Un concetto che andrebbe riletto e attualizzato alla luce di quanto accade negli insediamenti dell’industria petrolifera, automobilistica, soprattutto nelle aziende dell’indotto, in agricoltura e nel commercio.

Nel gennaio 1971 a Tricarico Carlo Levi disse, tra l’altro: “…Gli anni lo hanno dimostrato e quanto è accaduto, in Italia e nel mondo, in questo lungo periodo è accaduto nella linea prevista da Rocco in tutte le infinite Lucanie della terra. Il moto di rinnovamento è determinato ovunque soprattutto da un’intuizione come quella di Rocco circa il valore del ‘piccolo’, del contadino, dell’uva puttanella che sconfigge gli apparati bellici più attrezzati. Perciò i giovani di molti paesi che lo hanno letto si sono sentiti solidali col suo pensiero”.*

La Basilicata e i suoi giovani che ancora resistono possono ripartire da Scotellaro, oltre le celebrazioni? E’ possibile in una delle Lucanie della terra, la nostra regione, rendere il pensiero e l’opera di Rocco un formidabile sentiero di riscatto? Continua.

In Franco Fortini, La poesia di Scotellaro, Basilicata Editrice, 1974

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