“Trattati come stracci”, l’aut aut della Ti Group di Melfi ai lavoratori
Il disperato racconto di un lavoratore dell’azienda dell’Indotto Stellantis che “ha già deciso di chiudere e ci ha messo legalmente davanti ad un bivio indecente, con l’avallo dei sindacati”
“Quando i sindacati di categoria sono andati a firmare in Confindustria con l’azienda, noi non sapevamo nulla, addirittura sono mesi che non ci fanno fare neanche le elezioni per le rsu (rappresentanti sindacali in azienda), abbiamo praticamente delegato tutto a loro”. Inizia così il duro racconto di un lavoratore della Ti Group, azienda che nell’area industriale di San Nicola di Melfi realizza sagomature tubi dei freni per Sata prima e per la galassia Stellantis oggi. Ebbene quella che stiamo per raccontare è la storia di una chiusura “sempre minacciata” e oggi quasi riuscita in modo “legale”, con le carte alla mano e davanti alla disperata rassegnazione delle maestranze.
“O TE NE VAI O TE NE VAI” L’ACCORDO A PERDERE Dicevamo del verbale firmato dalle sigle sindacali di categoria e l’azienda agli inizi di quest’anno. “Si tratta di un cds (contratto di solidarietà) – spiega l’operaio che ci ha contattato – Il contratto è valido dal primo gennaio a dicembre 2023. “Per poter leggere il verbale abbiamo dovuto sudare – premette il lavoratore – neanche ce lo volevano far vedere”. Ma scendendo nei dettagli prevederebbe che “su base volontaria dobbiamo decidere entro 2 mesi su eventuale trasferimento a Brindisi, se rimanere in Cassa integrazione o se licenziarci con incentivo”. Ma non c’è troppa scelta perché nelle segrete stanze l’azienda avrebbe già deciso di chiudere baracca e burattini entro quest’anno.
“VOGLIONO CHIUDERE SENZA FARE TROPPO RUMORE” Più prosegue il racconto dell’operaio più pare di sprofondare in un retrobottega fatto di ricatti, pressioni psicologiche e scelte già maturate a monte. “A settembre dello scorso anno in modo velato alcune figure aziendali ci hanno fatto capire che la chiusura era vicina”, rivela l’operaio Ti Group. Ma era come una notizia “velata”, non scritta. “Quando a fine gennaio abbiamo letto il verbale firmato dai sindacati abbiamo capito che davvero questa volta Ti Group ha studiato bene come andarsene da Melfi senza fare clamore”. E sempre coprendosi dietro la dicitura “su base volontaria”.
UN CAPPIO STRETTO BENE “A 50 anni e passa e con famiglia come facciamo a trasferirci a Brindisi in pochi mesi?”, si dispera il lavoratore. L’altra alternativa sarebbe accettare l’esodo con incentivo (modello Stellantis). “Senza avere l’età per la pensione, come facciamo a reinventarci a 50 e passa anni”, osserva l’interlocutore. Oppure “potremmo rimanere in cassa integrazione fino a dicembre già sapendo che l’azienda ha deciso di chiudere, quindi in quel caso rimarremmo comunque fuori dal lavoro”.
TRATTATI COME STRACCI Ma c’è un altro retroscena inquietante. “Molti di noi sono convinti che entro giugno l’azienda a chi non decide di licenziarsi con incentivo o di traferirsi in altra sede inizierà a fare pressione perchè ha già deciso di andarsene. “Ci metterà sotto pressione per accettare le condizioni previste nel cds e a quel punto non avendo altre strade, dovremo accettare. O andarcene in altra sede o licenziarci con incentivo”. E così, prosegue “l’azienda potrà dire allo Stato: da qui ce ne andiamo, non ci sono più lavoratori, non ha più senso stare qui”. E così torniamo al ricatto “fatto legalmente” a danno dei lavoratori: “O te ne vai o te ne vai”. Conclude il lavoratore ormai rassegnato: “Loro non vogliono fare rumore, hanno solo trovato il modo più elegante per andarsene, mettendo noi nella condizione di chi non ha più scelta. Trattati come stracci da buttar via”. Viene da chiedersi, a questo punto, da che parte sta chi dovrebbe tutelare 20 famiglie e 20 salari? Sta con gli operai ‘tesserati’, o con l’azienda?