Quanto costa in Basilicata esercitare il diritto di critica e di opinione?

23 febbraio 2023 | 14:32
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Quanto costa in Basilicata esercitare il diritto di critica e di opinione?
Mimmo Sammartino (Foto Odg Basilicata))

Il caso Mimmo Sammartino-Giusi Cavallo: 30mila euro con lo sconto del 90 per cento

È il momento di raccontare una storia alla Marchese del Grillo. Un caso che richiama la famosa frase “Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un c…”

È la storia di un’Opinione che tra ipocrisie e falsità finisce in tribunale. Povera Opinione, credeva di esercitare il suo diritto all’esistenza in un ambiente serio, professionalmente severo, umanamente onesto e invece? Invece ha dovuto pagare. Conclusione, in questa regione se un giornalista vuole esprimere un’opinione o muovere una critica, deve pagare. Pagare a chi? Ecco il primo paradosso: pagare il presidente dell’Ordine dei giornalisti, cioè la persona che dovrebbe tutelare i diritti della giornalista a cui ha chiesto soldi. Pagare a chi? Al capo redattore della Gazzetta del Mezzogiorno, la stessa persona di prima. Tuttavia l’Opinione e la Critica non sapevano che l’esercizio del loro diritto non fosse consentito nei confronti di sua Maestà il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Capo redattore de La Gazzetta del Mezzogiorno, capo indiscusso del favoloso mondo bucolico dell’informazione. Fuor di metafora, andiamo ai fatti.

Giusi Cavallo, giornalista e direttrice di questo giornale, scrive un editoriale nel novembre 2017, dal titolo Gli haters e il silenzio del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Basilicata.  Il sottotitolo è ancora più esplicito: Caro presidente Sammartino forse è il caso che lei consideri seriamente la possibilità di dimettersi dopo aver regalato una pagina di becero giornalismo ai lettori.

L’articolo riguarda un episodio preciso. “Selvaggia Lucarelli – scrive Giusi Cavallo – viene a Potenza a presentare il suo ultimo libro. La Gazzetta pubblica la notizia con una narrazione a dir poco sconcertante. Secondo La Gazzetta del Mezzogiorno la scrittrice sul territorio è stata contestata. Da chi? Da un noto hater che si è già fatto conoscere per aver insultato anche la giornalista Francesca Barra, e da un’altra cittadina di Potenza che ha avuto l’onore di essere citata dallo stesso quotidiano. Anche lei ‘contestatrice del territorio’. Evidentemente per rappresentare il territorio sotto forma di egregi contestatori bisogna usare un linguaggio volgare e offensivo. Termini come “vacca”, “tettona”, che La Gazzetta riporta per spiegare le “contestazioni”. Perciò se domani venisse Sergio Rizzo a presentare il suo libro e un pinco pallo qualsiasi scrivesse sul suo profilo Facebook che è un “porco” o che ha un “pene piccolo” i giornali potrebbero utilizzare questi post per raccontare le contestazioni allo scrittore. Legittimando l’odio sui social, elevandoli al rango di critica, opposizione. Questo non è giornalismo. Dovrebbe saperlo bene il capo redattore della Gazzetta di Basilicata (Mimmo Sammartino, all’epoca, n.d.r.), che è anche presidente dell’Ordine dei giornalisti lucani. (…) È al corrente il presidente dell’Ordine di quanto sia virulento e dannoso il fenomeno degli odiatori sui social? È al corrente che un termine offensivo riportato sui social può distruggere la vita di una persona? Caro presidente Sammartino forse è il caso che lei consideri seriamente la possibilità di dimettersi dopo aver regalato una pagina di becero giornalismo ai lettori. Le regole deontologiche prima di recitarle a memoria dovrebbe applicarle”. (novembre 2017)

Lucarelli ha fatto una vera battaglia contro gli haters (basta andare sul suo profilo e ritrovare il post dove quell’articolo della Gazzetta fu contestano da centinaia di persone). Battaglia che il nostro giornale ha sempre condivisa perché non bisogna mai abbassare la guardia contro questi individui che avvelenano i pozzi della convivenza civile.

Insomma, per La Gazzetta del Mezzogiorno due (2 di numero) tizi che scrivono volgarità seminando odio contro una donna, sarebbero “contestatori del territorio” in rappresentanza della città di Potenza. Ma davvero fate? Uno dei due tizi in questione, nel 2020, è già stato condannato in primo grado dal Tribunale di Potenza alla pena di reclusione di 18 mesi per aver insultato e diffamato su Facebook, la giornalista Francesca Barra e il suo compagno Claudio Santamaria. E questo Tizio sarebbe o starebbe per diventare anche giornalista.  Nessuna delle donne che hanno un ruolo pubblico ha difeso in quei giorni Giusi Cavallo, figuriamoci gli uomini. E nel mondo del giornalismo lucano non si è levata neanche una parola di solidarietà.

Dopo la pubblicazione dell’articolo, apriti cielo! Anzi no, si apre immediatamente, d’ufficio, un procedimento disciplinare del Consiglio dell’Ordine. Caspita che fretta. Esito del procedimento un richiamo a Giusi Cavallo: “Avvertimento all’osservanza dei propri doveri deontologici”. Ricaspita!

Le critiche mosse dalla Cavallo, tuttavia, vengono mal digerite dal presidente dell’Ordine di allora, Mimmo Sammartino che, in pieno conflitto di interesse e abusando del suo potere ha ben pensato di invitare la giornalista a una mediazione civile con la richiesta di 30mila euro di risarcimento per essere stato “leso nell’onorabilità e nella dignità”. Il Marchese del Grillo avrebbe detto: C’hai l’occhi boni assai pe’ vede’ quello che nun c’è.

La questione va a finire in tribunale. Un giudice emette una sentenza di quelle che, per spiegarle, bisogna arrampicarsi sugli specchi. Dopo 17 pagine di discorso il giudice accoglie parzialmente le richieste di Sammartino e condanna la giornalista ad un risarcimento di 3mila euro e alle spese di lite. In più c’è anche da pagare l’avvocato del di lui Sammartino. Motivazione di fondo: “il caporedattore non è tenuto a controllare gli articoli pubblicati sul suo giornale.”

Ma il capo redattore ha forse chiesto pubblicamente scusa per quell’articolo? Il presidente dell’Ordine (all’epoca dei fatti, ora in pensione e presidente della Fondazione Sinisgalli)  ha forse invitato il collegio di disciplina a valutare l’apertura di un procedimento nei confronti di quella giornalista? Ha forse chiesto pubblicamente scusa per quella pagina in cui si dà della vacca e della tettona a Lucarelli? Macché. E se lui non c’era, chi lo sostituiva? Chi ha autorizzato a pubblicare quelle oscenità?  E perché Sammartino, in seguito all’articolo di Cavallo, non invia una replica o una rettifica per spiegare le sue ragioni? E l’allora direttore del giornale ha sentito o detto qualcosa, per caso? Insomma, come spesso accade in questa regione, la responsabilità non è mai di nessuno.

Sapete in che cosa si manifesta l’ipocrisia di Mimmo Sammartino? Mentre chiama in giudizio la giornalista Cavallo, mentre non proferisce una critica pubblica a quell’articolo apparso sul suo giornale, mentre non chiarisce con una banale replica, chiede scusa in privato a Selvaggia Lucarelli: “Per responsabilità oggettiva mi scuso, una pubblicazione del genere è semplicemente sbagliata”. Chiaro? Riconosce una responsabilità oggettiva che è la stessa responsabilità che Giusi Cavallo ipotizza con il suo articolo di critica. Tutta qui la storia di “lei non sa chi sono io”, raccontata per chiarire che “adesso lo sappiamo chi è lei”. Vestirsi da grandi giornalisti e da magnifici intellettuali va bene, ma prima bisogna essere seri.

Ora vi chiederete: perché scrivi questa roba a distanza di tempo? Perché da queste parti vige la regola della memoria corta. Rendiamo pubblici questi fatti perché il  patto di trasparenza con i nostri lettori è sacro. Perché fare i giornalisti in questa regione, e non solo, sta diventando sempre più difficile e il prezzo che si paga ogni giorno è davvero troppo alto, ma noi resistiamo.  Il nostro diritto di parola, costituzionalmente garantito, almeno per il momento, siamo disposti ad esercitarlo fino in fondo. Siamo fieri del lavoro che facciamo e crediamo profondamente che l’opinione pubblica saprà valutare anche questo caso nonostante la sentenza di “quasi” condanna. Giusi Cavallo è una donna giornalista che ha semplicemente difeso un’altra donna in una regione dove chi denuncia viene punito, isolato e sottoposto a continui tentativi di delegittimazione. Questo il motivo che ancora una volta mi spinge a scrivere anche a distanza: bisogna invertire questa logica. Quanti ancora sono disposti ad esercitare fino in fondo il diritto di parola, di opinione, di critica e a quale prezzo?

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