Autonomia differenziata: “nessun vantaggio per i cittadini meridionali”

4 febbraio 2023 | 17:58
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Autonomia differenziata: “nessun vantaggio per i cittadini meridionali”
Guglielmo Forges Davanzati

Intervista al professore Guglielmo Forges Davanzati, docente di Economia Politica all’Università del Salento

Una breve intervista al professore Guglielmo Forges Davanzati, docente di Economia Politica all’Università del Salento. Per una visione più ampia sul processo incombente di approvazione delle autonomie regionali differenziate. Un punto di vista interessante, da non perdere.

Professore, è ancora ampia la distanza tra l’opinione pubblica e i contenuti della riforma sulle autonomie regionali differenziate. Come si potrebbe far intendere la questione a un cittadino del Sud e del Nord che non vive nelle aree più ricche del Paese?

Si potrebbe, e si dovrebbe, coinvolgere i cittadini meridionali soprattutto nelle conseguenze economiche dell’autonomia differenziata e soprattutto per quanto attiene alla riduzione dei trasferimenti centrali per il welfare regionale: scuola e sanità in primis. Occorre, a tal fine, produrre una simulazione su un fatto certo, ovvero sui minori finanziamenti che gli Enti locali avranno per svolgere queste funzioni a sud di Roma. C’è poi da far notare l’inesistenza di vantaggi per i cittadini meridionali e la copertura (voluta) della sottrazione di fondi con un processo esclusivamente istituzionale di ridisegno dei poteri e di trasferimento di competenze alle Regioni.

Si mantiene consistente il divario tra Sud e Centro-Nord del Paese, a dispetto di quanto auspicato dalla Ue. Cosa bisognerebbe fare, a suo avviso, a partire da oggi?

L’evidenza disponibile mostra che: l’economia italiana, nel 2022, in linea con quelle OCSE ha subito un rallentamento, imputabile al doppio shock  della pandemia e della guerra in Ucraina. Ciò nonostante, si segnala per il 2021 una rapida ripresa dell’occupazione a seguito della crisi del covid 19, anche qui in linea con le dinamiche globali. Svimez (2022, p.16) rileva la persistenza del dualismo economico e sociale del Paese, alimentato da un continuo flusso di emigrati nel Centro-Nord e nel resto del mondo. L’andamento del tasso di disoccupazione al Sud segue una tendenza più accentuata rispetto al resto del Paese e passa dal 17,1% del 2021 al 14% nel secondo semestre 2022.

Dal 2007 al 2020 per l’Italia nel suo complesso è sempre esistito un eccesso di offerta di lavoro. È stato calcolato, a riguardo, l’indice di sovrappopolazione relativa (s), come rapporto fra occupati più disoccupati diviso per occupati più vacancies, che dal 2007 è sempre stato superiore al valore di 1,1 per l’età lavorativa dai 15 ai 64. Esistono oltre 3 milioni di individui non in grado di trovare occupazione perché non ci sono posti di lavoro vacanti tali da riassorbirli. In più per ogni posto vacante disponibile nelle imprese, nel periodo considerato vi sono 26 disoccupati. Dal punto di vista qualitativo, occorre rilevare che il settore della ristorazione, legato alla crescita dell’incidenza del settore turistico al Sud, è il settore trainante della domanda di lavoro nel Mezzogiorno e che il lavoro a termine riprende a crescere dopo la crisi sanitaria, arrivando a ben oltre i livelli pre-2020 (Svimez, 2022, p.14).

Si mostra, quindi, che il problema del mercato del lavoro in Italia – e ancora più al Sud – non è il mismatch provocato da fattori dal lato dell’offerta (formazione non in linea con la domanda di lavoro, reddito di cittadinanza, intermediazione inefficiente tra domanda e offerta di lavoro), ma la bassa quantità e qualità di lavoro espressa dal settore privato.

In quanto segue, si intende far rilevare che un programma di assunzioni nel pubblico impiego meridionale – oltre a essere sostenibile sul piano finanziario e a produrre significativi vantaggi macroeconomici anche a beneficio del settore privato – è funzionale alla piena e compiuta realizzazione delle opere previste dal PNRR, con effetti quindi anche nel medio-lungo termine.

Che ruolo avrà il Mezzogiorno in questa nuova fase di attuazione del Pnrr? E il Nord?

Gunnar Myrdal (1957) ha proposto un’originale spiegazione dell’aumento delle divergenze regionali fra Paesi e all’interno dei singoli Paesi, nota come teoria della causazione circolare cumulativa (CCC), che ben si adatta, ad avviso di chi scrive, al caso italiano. Si tratta della tesi per la quale un’economia di mercato deregolamentata produce spontaneamente divergenze regionali. Il meccanismo si produce e si autoalimenta in questo modo: Gunnar Myrdal ha per primo razionalizzato questi effetti, alla luce della constatazione per la quale “the equilibrium assumption is … unrealistic” (Myrdal, 1957, p.152). La normalità del funzionamento del commercio internazionale, sia fra Paesi sia all’interno dei singoli Paesi, è, infatti, il disequilibrio dinamico, ovvero una condizione per la quale le aree povere diventano sempre più povere: è quello che i sociologi chiamano “effetto di San Matteo”.

In questo scenario, il Mezzogiorno diventa sempre meno un mercato di sbocco per le produzioni del Nord, ma resta ancora un mercato di sbocco importante per il Nord, per l’operare di significativi moltiplicatori fiscali interregionali cumulati. Il Nord resta un importante serbatoio di produzioni intermedie per il Nord Europa, ma è rischioso, per il Nord stesso, agganciarsi al capitale tedesco, non avendo lì una voice politica.

Per quanto attiene alle previsioni di crescita del Mezzogiorno, si può rilevare che il combinato dell’aumento – effettivo e atteso – dei tassi di interesse della BCE e del ritorno al consolidamento fiscale – come conseguenza del processo di revisione europea del Patto di Stabilità e Crescita – comporta maggiori penalizzazioni per economie nelle quali le imprese sono più dipendenti dal credito bancario e le imprese esistenti sono poco esposte nei mercati internazionali (SVIMEZ, 2022).

Chi scrive, in precedenza, e SVIMEZ (2022) hanno messo in evidenza i rischi di attuazione del PNRR nel Mezzogiorno e, al tempo stesso, le criticità dello stesso PNRR. Va, tuttavia, considerato che, anche alla luce degli sviluppi recenti dei lavori della Commissione Europea, relativi alla riproposizione delle misure di consolidamento fiscale, il PNRR – insieme con il Next Generation Europe che lo ha generato – è da considerarsi positivamente per gli effetti espansivi che può avere sulla domanda interna.

Il PNRR è basato su un’architettura istituzionale decentrata: si prevede che gli Enti locali partecipino a bandi e che, sulla base dei progetti presentati, siano finanziati per realizzare opere coerenti con le finalità generali del Piano. È, dunque, cruciale il fatto che la macchina amministrativa funzioni bene.