La notte della Befana a Potenza: storia di un’emergenza

8 gennaio 2023 | 10:42
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La notte della Befana a Potenza: storia di un’emergenza

L’anziana mamma ha bisogno di risposte immediate dal servizio sanitario, ma intorno a me tanta desolazione e delusione

La mamma ha la bronchite. La sua dottoressa, un medico competente e ricco di umanità, ha prescritto una terapia antibiotica unita al cortisone.  La mamma si sfebbra, ma è piena di muco. Non respira bene. Che si fa? Va chiamato il 118? Sei in chat continua con la dottoressa, ti consulti con amici medici lucani, tutti ti consigliano di non portarla in ospedale.  Ti dicono: se va al San Carlo, non la vedrai più. La mamma ha 103 anni e 11 mesi. Una bella età, eppure, se le dai l’ossigeno, lei si riprende e sorride. È lucida. Un controllo, intanto effettuato, ha svelato, che aveva   contratto anche il Covid. Un Covid leggero, paucisintomatico, essendo pluri-vaccinata.  Le hanno messo una flebo per idratarla. Continui a monitorare le sue condizioni con il saturimetro e le controlli la pressione. I valori stanno scendendo vertiginosamente. Aumenti l’ossigeno. L’hai già fatto durante il giorno e nella notte precedente. Il problema, però, è che aumentando le atmosfere, a poco a poco l’indicatore si avvicina alla zona rossa. Serve una bombola di ricambio. Chiami la farmacia di turno. Sono le 3.15 del mattino. Rappresenti l’urgenza. Una voce giovane, ti spiega che serve la ricetta del medico. Dove accidenti trovi una prescrizione alle 3.20 del mattino nella notte della Befana?! Insisti: intanto, fornisca la bombola, si tratta di un “salva vita”, ha precedenza sulla burocrazia. La ricetta la porterai appena sarà giorno. La voce giovane, lo esclude, perentoria, ma si degna di suggerirti di andare dalla guardia medica. Chiami la guardia medica. Dove si trova? Ti spiegano che è sulla strada del pronto soccorso. Ti precipiti. L’ossigeno si sta consumando. Scendi con gli occhi spalancati sulla strada del pronto soccorso, ma non trovi nulla. Entri nel pronto soccorso. Dov’è la guardia medica?! Ti dicono di tornare indietro e di cercare le “cupole”. Cosa diavolo sono le cupole? Non conosci quel luogo. Alzi lo sguardo: non vedi nessuna cupola, ci sono le luci di un torrino dell’elisoccorso. Richiami al telefono la guardia medica.  Per favore, dove siete? Scopri, che sei proprio lì davanti. C’è un grande segnale giallo, che segnala l’eliporto, devi guardare meglio: troverai una targhetta di 20 centimetri, che indica la guardia medica. È all’interno di una specie di piccolo igloo, la “cupola”, che nel buio, dalla strada non avevi potuto vedere.  Il medico ti fa una prescrizione di tre litri di ossigeno, non può fare di più. Dov’è la farmacia? Il navigatore, ti manda su una via desolata, sei a poco più di due chilometri dalla meta. Si tratta della filiale, di una farmacia più importante, che sta al rione Lucania. La trovi. Ti precipiti sul citofono. Ma dov’è il citofono? Ci sono tre vetrine con la saracinesca abbassata. La pazienza è finita e l’ansia non si tiene. Chiami la farmacista. Devi bussare alla terza porta. Una porticina dopo le vetrate. Ti spiega che era scritto su un cartello, appeso con una cordicella. Peccato, che si vedesse appena. Non risponde nessuno. Richiami. I citofoni sono due. Su due porte di vetro ad angolo. Premi entrambi i citofoni. Aspetti. Finalmente, sbuca una mano da una fessura, che non è uno sportello, in basso. Giri il foglio con la prescrizione. Si apre la saracinesca. Compare una signorina con un altro foglio in mano. Vanno fornite le generalità. Le urli di fare presto. Sono le 4 del mattino.  Firmi, paghi una cauzione di 50 euro. Ti ritrovi dinanzi ad una bombola pesantissima, che contiene solo tre litri. Com’è possibile? La spiegazione è che è una bombola vecchia. Non trattieni la rabbia. Le parole rotolano pesanti. Sono le 4.10. trascini la bombola fino alla macchina, la issi a bordo a fatica. Parti di volata per le strade deserte di una periferia dormitorio, con una viabilità improbabile. Sei di nuovo a casa. Sono le 4.20. issi la bombola penosamente per le scale. Ti aiuta l’unica badante, che non ha il Covid. Sostituisci la bombola oramai al lumicino. Aumenti le atmosfere. I parametri tornano a salire. Preghi il Padreterno, accasciata sulla sedia accanto al letto, mentre la badante è andata a dormire. Finalmente si fa giorno.  Sono le 8 passate. Grazie alla sollecitudine, al controllo e alla cura, la mamma respira meglio. Puoi perfino staccare l’ossigeno per un po’. Lei è serena. Resta il fatto, che mancavano completamente indicazioni appropriate, responsabilità dei ruoli del personale preposto all’emergenza e soprattutto l’efficienza.

Provi a dormire un paio d’ore.

Squilla il telefono. Una cara zia ti chiede notizie.  È ricoverata in una struttura pubblica, dedicata alla fisioterapia riabilitativa, non lontana dall’ospedale. È lì allettata da due mesi. Nonostante abbia fatto la radiografia, che finalmente ha accertato la calcificazione del femore, deve ancora attendere, perché il medico preposto al rilascio del certificato, è assente. Provvederà, si spera, dopo il week end.  Con lei, da due mesi nello stanzone dove è allettata, ci sono sempre le stesse tre persone. E le altre stanze sono piene di anziani intristiti, mentre le sedie a rotelle, parcheggiate all’ingresso si mostrano per quello che sono, sporche e disarticolate.

Non hai più sonno, anche se sei distrutta.

Sei in Europa o dove? È vero che la Basilicata è in fondo a tutte le classifiche, nazionali ed internazionali. È vero che lo sfascio della sanità l’hai toccato con mano. È vero, che intorno a te, nel centro storico della città incontri solo segni di abbandono, con le strade dissestate e le saracinesche dei negozi serrate. È vero, che fino all’alba i clienti di una birreria, proprio sotto le tue finestre, schiamazzano nel buio, mentre i gestori mantengono la musica alta e vendono la birra, nell’inerzia di qualsiasi intervento pubblico, ma è soprattutto il degrado morale, l’insipienza e l’indifferenza di una comunità smarrita, che lascia attoniti. I deboli sono diventati più deboli, mentre chi ha qualche monetina di potere si è fatto più arrogante. La collusione è arrivata al punto di imbavagliare ogni reazione? Ci si è rassegnati alla vita incolore, avara di ogni prospettiva, che ferma la denuncia? Chi è qui ha imparato a fare senza? Senza l’assistenza sanitaria? Senza i diritti fondamentali? senza, il decoro? senza la dignità?

Il sonno cede il posto alla rabbia.

Sul display del telefono sono arrivate le ultime notizie locali. In primo piano, proprio la sanità. In Basilicata, il sistema sanitario privato è in tilt. Non si pagano più gli stipendi, le prestazioni erogate non sono finanziate dai soldi pubblici. Le banche si girano dall’altra parte mentre le imprese sanitarie affogano. Chi dovrebbe provvedere: Regione, Asl e Usl non fanno niente. Il sistema sta saltando.

Avevo letto del rischio del blocco già a metà autunno. Così come avevo letto delle rassicurazioni della politica lucana. Forse, hanno atteso, sperando nella Befana. Ma la vecchia signora è stanca. Come lo è la mamma e i tanti anziani abbandonati nei cronicari pubblici o privati, lasciati senza risorse e senza amore. Cercano almeno un sorriso ed uno sguardo. La vecchia signora me lo ha confessato, in una notte lunghissima: da qui non passo più.

Carmen LASORELLA