Gli apparati del Pd cambieranno pelle, ma non molleranno l’osso
Dall’autonomia differenziata alle politiche di destra: Bonaccini, Emiliano, De Luca, Decaro, De Filippo e altri incollati a quel che resta del partito, pronti a distruggerlo per di mantenere un piccolo pezzo di potere
Mirabile la sintesi del Foglio sull’aspirante segretario del PD Bonaccini che cerca i voti per la segreteria al Sud. Titolo: <Bonaccini parte dal Sud e prova a domare la vena populista di Emiliano-De Luca>. Occhiello: <Il governatore dell’Emilia-Romagna … apre ai governatori dem sui paletti per l’autonomia (“che la destra ha i voti per fare da sola”)>.
Certo il Foglio è un giornale di destra, ed è il giornale anche della destra PD, di cui Bonaccini è solo buon ultimo tra segretari e aspiranti tali che si sono da decenni occupati della mutazione genetica del PD. Bonaccini completerà l’opera spostando il partito alla destra di Renzi e Calenda. Legittimo, ma iniziamo a collocare i partiti nell’area di appartenenza e il PD di Bonaccini nulla avrà più a che fare con la sinistra: basta dirlo per evitare di far confusione e ingannare gli elettori.
Non a caso deve domare la vena populista. Beh, quando si parla di vena populista sui giornali di destra e nel PD si intende rimuovere quelle venature residue di sinistra che ancora si ostinano a permanere nel PD. Come la difesa del welfare, di qualche misura anticiclica come i bonus 110%, di sostegno agli ultimi come il reddito di cittadinanza e di un minimo di dignità nei rapporti di lavoro cercando con il salario minimo di evitare di conteggiare tra i poveri anche i lavoratori.
Insomma Bonaccini è nel solco delle politiche della destra liberista fatte dal PD negli ultimi 10 e passa anni quando ha avuto responsabilità di governo. Certo per fare politica occorre avere la faccia di bronzo. Ma quella di Bonaccini supera ogni limite quando a proposito della autonomia differenziata afferma: che la destra ha i voti per fare da sola.
Il governo Gentiloni nel febbraio 2018 firmò, nottetempo e quasi di nascosto, un accordo con i governatori Zaia, Fontana e Bonaccini. Non mi pare che all’epoca la destra avesse i voti per farla da sola ma il prode Bonaccini schierò l’Emilia Romagna in prima linea. Passiamo al governo Draghi: Mariastella Gelmini presentò un DDL che ricalcava l’accordo Gentiloni. A sostenere il DDL ancora Bonaccini, Zaia e Fontana a cui si aggiunsero i governatori Ciro e Giani (altro Pd). Anche in questo caso la destra non aveva i voti da sola ma Bonaccini era lì, dalla parte sbagliata rispetto alle ragioni del Sud.
Il DDl prevedeva la distribuzione della spesa pubblica tra le regioni in base alla popolazione e al Pil e sottraeva alla potestà del parlamento gli accordi Stato-Regione.
In uno stato unitario la torta da spartire è una e non 21, quante sono Regioni e Province autonome e, come sa anche la mitica casalinga di Voghera, se i primi si prendono una fetta più grande agli altri ospiti resteranno fette più piccole. Per questa ragione non è possibile sottrarre a una negoziazione unica e al Parlamento gli accordi Stato-Regione, come pretendeva di fare Gelmini e Gentiloni con Bonaccini a fare la ola. Se l’intenzione è la secessione facciamola, ma non strisciante: meglio una fine con dolore che un dolore senza fine.
Anche perché non ci bastano i LEP. Che senso ha definire dei LEP per esempio nei tempi per ottenere una TAC se al nord negli ospedali ci si va con i mezzi pubblici e al sud con auto private e dopo aver percorso autentiche mulattiere? Mi spiace ma prima dell’autonomia differenziata occorre adeguare la spesa pubblica corrente del Sud a quella del Nord. Nel Nord-ovest è pari a 19.291 €, nel Nord-est 17.754 €, al Centro 20.365 €, al Sud 13.756 € e nelle Isole 15.004 € (dati 2019 secondo i Conti Pubblici Territoriali). Facendo qualche conto, nel Mezzogiorno arrivano quasi 5.000 € all’anno in meno rispetto al Centro-Nord, che per i 20 milioni di abitanti fanno 100 miliardi in meno ogni anno, più della metà di tutto il Pnrr.
A quanti invocano il residuo fiscale per giustificare l’autonomia differenziata ricordo che il padre del residuo fiscale, il Nobel James Buchanan, intendeva con questo termine la differenza tra quanto i singoli individui forniscono al finanziamento pubblico e quanto ricevono in termini di servizi pubblici. Il residuo fiscale di un territorio deriva semplicemente dal fatto che in quel territorio per vari motivi, come la maggiore spesa pubblica o la maggiore presenza di infrastrutture, sono concentrati individui con redditi più elevati.
Buchanan spiegava che in una unica comunità politica a prescindere dalla frazione di territorio in cui un individuo viva dovrebbe avere lo stesso residuo fiscale a parità di reddito. In altri termini se un pensionato si traferisse dalle Valli di Comacchio in Val D’Agri dovrebbe, oltre a mantenere la stessa pensione, dovrebbe avere gli stessi servizi. Dovremmo quindi occuparci di cosa fare per dare gli stessi diritti di cittadinanza del Nord al Sud … e poi arriva fresco fresco tomo tomo Bonaccini ben accolto da Emiliano, De Luca e Decaro.
Mentre ci siamo anche Elly Schlein, sulla autonomia differenziata è stata silente finché le è convenuto. Ha ragione Rosy Bindi, il PD si deve sciogliere, o ci penseremo noi elettori, perché è prigioniero degli apparati rappresentati da Bonaccini, Emiliano, De Luca, Decaro, De Filippo e altri incollati a quel che resta di questo partito, pronti a distruggerlo per di mantenere un piccolo pezzo di potere. Non è riformabile perché gli apparati cambieranno pelle ma non molleranno l’osso.