Corruzione. Come funziona il sistema in Basilicata
Ricchi, potenti e insaziabili. Ladri di fiducia e predatori di beni comuni nel mercato nero dei diritti e delle opportunità
Chiariamo subito che nello scambio corruttivo non c’è la vittima. Corrotto e corruttore sono complici. Ambedue soddisfano un interesse. Nessuno è costretto a corrompere né a farsi corrompere. Chi entra nel giro lo fa sapendo che può ottenere vantaggi. La retorica dell’imprenditore vittima della burocrazia o della politica che lo costringono a pagare tangenti per continuare a sopravvivere, è quanto di più falso possa esistere. La retorica di chi paga per accelerare le procedure e, quindi per tutelarsi dalla lentezza della burocrazia, è altrettanto falsa. Quella retorica è funzionale alla banalizzazione di un fenomeno gravissimo. Funzionale a giustificare nell’opinione pubblica un reato tipico della criminalità dei colletti bianchi. Serve a confondere la percezione sociale della legalità, per cui la corruzione in fondo non è un reato ma una devianza, una trasgressione. Quasi sempre impunita.
E invece è un reato, un reato di “logoramento delle istituzioni democratiche”. La corruzione è legittimazione del Potere illegale che si fa istituzione parallela. Di quel Potere che per affermarsi ed essere considerato “legittimamente tale” deve essere comprato, quindi pagato. La corruzione è una pratica che si esercita nella compra-vendita di un potere. La potenza del potere viene riconosciuta attraverso la dazione di denaro. Dunque chi paga Tizio per accelerare una pratica al catasto, conferma e rafforza il potere di Tizio. Questa dinamica costante di rafforzamento del potere del corrotto appartiene quasi esclusivamente alla piccola corruzione.
La piccola corruzione
Condivido la riflessione di Isaia Sales quando scrive che la piccola corruzione è caratterizzata dal riconoscimento di un potere superiore a cui il corruttore si sottomette. In Basilicata la piccola corruzione pare sia molto diffusa. A confermare l’ipotesi alcuni studi che la collocano tra le regioni a più alto tasso di corruzione. Un lucano su tre ritiene la corruzione un fatto normale e la percezione pubblica del fenomeno, a prescindere dai dati riscontrabili nelle inchieste giudiziarie – scarsi – è molto forte. Tuttavia il reato è quasi sempre impunito. La piccola corruzione in Basilicata non si discosta dalle caratteristiche generali che assume nel resto del Paese. Il politico o il funzionario elargiscono favori a cittadini che, il più delle volte, sono angosciati dalle incertezze. L’incertezza del lavoro, la sanità che non funziona, alimentano la piccola corruzione. E quindi si paga il politico per un posto di lavoro o per truccare un concorso, il funzionario per una visita specialistica in tempi brevi, l’impiegato per una pratica edilizia. La piccola corruzione diventa così un mercato nero dei diritti negati e concessi – rivenduti – “clandestinamente” dal politico o dal funzionario. Un contrabbando di opportunità.
La grande corruzione
È quella dei “pezzi grossi”. Degli esponenti della borghesia delle professioni, degli esponenti politici e dei “grandi imprenditori”, dei vertici della burocrazia locale, “cioè esercitata da soggetti forti che non soffrono di alcuna deprivazione materiale, che non hanno bisogno di delinquere per mettere il piatto a tavola o per pagarsi un tetto sopra la testa”. La grande corruzione anche in Basilicata appare essere un fenomeno sociale e delinquenziale che interessa minoranze, élite, gente che ha già risorse e potere, solitamente istruita, con un ruolo nella società, con un reddito più che dignitoso e anche, a volte, in condizione di elevata agiatezza e ricchezza. Politici, burocrati e imprenditori, sono loro ad alimentare la grande corruzione, rendendola un sistema con le sue regole. Sono loro a commettere il reato di “logoramento volontario delle istituzioni democratiche”. Poiché si sostituiscono all’autorità legalmente costituita. Spesso rivestono essi stessi un ruolo dentro le istituzioni e anziché difenderle le utilizzano depredandole. Spesso i grandi corrotti sono gli stessi che dovrebbero combattere la corruzione. Dunque – dicono Sales e Melorio nel loro libro Storia dell’Italia corrotta – per capire la genesi di questo reato non bisogna rivolgere lo sguardo verso le parti più basse della società, ma verso l’alto. Bisogna guardare al livello di quelle persone che hanno fatto giuramento di fedeltà alle istituzioni e l’hanno tradite, al livello di quegli imprenditori che lavorano con la pubblica amministrazione con lo scopo di approfittarne. Non lo fanno tutti, la corruzione è un problema di minoranze. Minoranze che tuttavia costruiscono e perpetuano sistemi di potere che dal deterioramento delle istituzioni ricavano cospicui vantaggi. E se la mafia fa vittime, la corruzione fa complici.
La grande corruzione a differenza della piccola si consuma in un rapporto paritario tra corrotto e corruttore. Qui non c’è il pagamento di un potere in grado di procurarmi un vantaggio, pagamento che “legittima” quel potere, come avviene nella piccola corruzione. Qui c’è uno scambio tra poteri – politici, istituzionali ed economici per l’ottenimento di reciproci vantaggi e la legittimazione di un sistema corruttivo, di un sistema di regole. Dunque “la grande corruzione è su vasta scala, è un fatto di gruppi non di singoli, è “sistema”. E sono d’accordo con Sales: la corruzione dei potenti fornisce copertura e giustificazioni a quella del cittadino comune. Non il contrario.
Come funziona il sistema della grande corruzione in Basilicata
Questo fenomeno non si può misurare con le sentenze dei tribunali. Si tratta di un fenomeno i cui reati restano quasi sempre impuniti. Le denunce, poche, sono quasi sempre – nei casi di piccola corruzione – una vendetta del corruttore, deluso dalla prestazione o ingannato nella promessa, nei confronti del corrotto. Sia nella grande sia nella piccola corruzione nessuna delle parti ha interesse a denunciare. E quando qualcuno non sta alle “regole”, fa la pecora nera del sistema, e magari vorrebbe denunciarlo, la sanzione è quasi sempre la stessa: sei fuori dagli appalti, non fai carriera, subisci conseguenze di diversa natura, anche violente.
I settori finiti nel sistema della grande corruzione in Basilicata sono molteplici. Dalla riforma agraria alla ricostruzione post terremoto; dagli appalti di opere pubbliche all’eolico; dalla sanità alla gestione dei rifiuti; dal petrolio al fotovoltaico; dai contributi dell’unione europea alla formazione professionale; dagli eventi culturali alla gestione delle risorse e della rete idrica; dalle squadre di calcio ai concorsi pubblici; dall’editoria ai giornali. A volte ci troviamo di fronte a intrecci tra tangenti ed estorsioni, con casi evidenti di riciclaggio di proventi illeciti. Protagonisti di episodi corruttivi praticamente tutte le libere professioni, manager, dirigenti, assicuratori, avvocati, giudici, politici, collaudatori, funzionari comunali, regionali, primari ospedalieri, calciatori, arbitri, imprenditori. Giri da centinaia di milioni di euro su cui si pagano percentuali variabili di tangenti. E non si tratta di un sistema unico, ci sono diversi circoli corruttivi autonomi, separati in base ai settori di affari. Circoli che alla bisogna fanno fronte comune e si scambiano relazioni, capacità di pressione, per tutelare il sistema nella sua grandezza unitaria. Se hai rapporti corruttivi con un giudice, li metti a disposizione di chi è in difficoltà con la giustizia in quel momento, il quale a tempo debito ricambierà in qualche modo. Dunque si tratta di apparati multipli con proprie regole, autoreferenziali, ma connessi da interessi e vantaggi reciproci all’interno di un sistema generale chiuso. Gruppi di interessi settari e tuttavia allargati quando necessario.
Intorno a taluni cosiddetti “grandi imprenditori” si è anche costruita una “ideologia” della bontà. Grazie a loro si crea occupazione e ricchezza perciò spesso si confonde l’interesse di queste imprese con l’interesse generale, giustificando nei fatti anche comportamenti illegali o sul filo della legalità. Come se l’interesse generale fosse la somma algebrica degli interessi particolari o di gruppi particolari.
Tutto il sistema funziona con una semplicità disarmante e tuttavia difficile da contrastare. Si evade il fisco, nelle forme più diverse, oppure si gonfia il costo dell’opera, della fornitura, della consulenza, si accumulano fondi neri e grigi, e con quei fondi si pagano tangenti o si fanno regali.
Tutto funziona nell’ambito di accordi bilaterali o anche multilaterali i cui protagonisti sono ad armi pari, ciascuno ha bisogno dell’altro ma nessuno è superiore all’altro. A differenza della piccola corruzione – ripetiamo – in questo caso non esiste il riconoscimento di una superiorità dell’una all’altra parte. Al contrario una parte è funzionale all’altra e nessuna predomina.
E questo sistema fa delle vittime – magari indirette – quelle delle opere pubbliche di scarsa qualità e sicurezza per causa delle tangenti. Quelle dei disastri idrogeologici e delle alluvioni, per esempio. Quelle della malasanità, per esempio. Quelle malate di tumore per causa dell’inquinamento, per esempio.
Questo sistema oltre a logorare le istituzioni, crea povertà per tutti e ricchezza per pochi. Ruba i beni comuni, sottrae fiducia sociale, uccide la legge per farne una propria. Per combatterlo non esiste altro modo che denunciarlo, denudarlo. Aggredirlo socialmente. Questi signori devono perdere l’onore di fronte alla legge ma soprattutto la reputazione di fronte alla società.