La Cultura unisce i sindaci della Basilicata
Da quasi 20 anni non accadeva che i primi cittadini dei paesi lucani si riconoscessero in un destino comune nella prospettiva di un futuro condiviso. Grazie al Centro Internazionale di Dialettologia
È il 2003, in Basilicata esplode una grande manifestazione contro la decisione del governo di realizzare a Scanzano Jonico il deposito unico delle scorie nucleari. Tra i manifestanti, i sindaci da tutta la regione si lasciano alle spalle campanili e divergenze politiche per testimoniare uniti la loro ferma opposizione a quel provvedimento.
Da allora non si ricordano eventi simili. Scongiurato il pericolo, si torna alla normalità fatta spesso di forti contrapposizioni campanilistiche, di divergenze tra i sindaci in ragione della loro appartenenza politica.
Oggi sta accadendo qualcosa di straordinario, un evento storico, a distanza di quasi 20 anni: decine di sindaci (al momento 73, ma saranno quasi tutti, se non tutti i 131, non appena si concluderanno le procedure deliberative) si sono incontratiper sostenere una proposta di legge regionale di iniziativa popolare già oggetto delle deliberazioni dei singoli consigli comunali: chiedono l’istituzionalizzazione, del Centro Internazionale di Dialettologia. Lo chiedono a prescindere dalle loro differenze politiche, a prescindere dai loro campanili. Tutti insieme si ritrovano in una piazza ideale, piazza Basilicata. Si riconoscono in un destino comune intorno a una questione culturale: la salvaguardia del patrimonio linguistico lucano.
I sindaci sono consapevoli dell’importanza vitale del lavoro straordinario compiuto dal Centro Internazionale di Dialettologia. Grazie al CID e al suo progetto di Atlante Linguistico della Basilicata (A.L.Ba.) abbiamo scoperto che la nostra regione possiede un formidabile patrimonio linguistico, caratterizzato da una varietà straordinaria. Siamo in presenza di una sorta di “biodiversità” linguistica: 131 comuni, altrettanti dialetti con caratteristiche distintive e singolari. Dentro quella varietà linguistica anche una insolita ricchezza semantica delle parole. “Una miniera a cielo aperto”. Stiamo dunque parlando di un patrimonio culturale che, insieme agli altri asset immateriali della Basilicata, è una risorsa strategica per lo sviluppo.
Intorno al lavoro di ricerca e di animazione del CID, si è creata una rete internazionale di Università e ricercatori che punta con interesse all’esperienza lucana. Grazie al progetto A.L.Ba. la Basilicata è la prima regione in Italia a dotarsi di un alfabeto unitario per la trascrizione dei diversi dialetti. La mole di materiale prodotta dal progetto è un tesoro inestimabile che può innescarsi nel quadro di un’idea di sviluppo che valorizzi l’intero patrimonio culturale immateriale della regione. L’anima culturale della Basilicata sta facendo il giro del mondo.
Non si tratta soltanto di un lavoro scientifico e di ricerca di livello internazionale che fa onore alla regione e all’intero Paese, ma è un progetto che conserva in seno potenzialità incredibili sul piano dei percorsi di sviluppo. Una semina che ha già dato molti frutti, ma che può darne altri ancora.
In termini prosaici potremmo dire che il circuito di Università italiane ed estere creato intorno al progetto ha ricadute economiche attuali e potenziali di grande qualità. Potremmo dire che l’interesse nazionale e internazionale per il patrimonio linguistico lucano è diventato interesse per tutto ciò che circonda i dialetti: musica, arte, spettacolo, tradizioni gastronomiche, eventi rituali, luoghi, persone. A.L.Ba. ci permette di salvare e rianimare i dialetti quali risorse simboliche e luoghi di conoscenza potenzialmente affascinanti per il resto del mondo.
In termini poetici potremmo dire che attraverso il CID la Basilicata fiorisce nella conoscenza e nel riconoscimento di se stessa, delle sue lingue, delle sue identità, imparando ad attribuire sovranità alle parole e alla bellezza dei significati. Tutto questo non è imbalsamare un passato nostalgico, ma è un “novum” rispetto ai tempi in cui buttavamo nelle discariche ogni sopravvivenza “antica” o vecchia, che confliggeva con la presunta modernità. Ci vergognavamo del rione Sassi di Matera, allo stesso modo e per le stesse ragioni ci vergognavamo della nostra lingua: quel dialetto che ci faceva sentire inferiori rispetto al resto del mondo. Il lavoro di Patrizia Del Puente, e dei suoi ricercatori, ci ha dato e continua a fornirci l’opportunità di rovesciare quella logica “irrazionale”: dalla vergogna all’orgoglio. Tutto questo i sindaci lucani lo hanno capito.