Vito Bardi tolga l’imbarazzo per rispetto alle istituzioni e ai lucani
La Basilicata non è senza peccato, ma è senza redenzione: che fare?
Adesso il problema è soprattutto politico, di rispetto delle istituzioni e dei cittadini lucani. Vito Bardi deve liberare la Basilicata e se stesso dall’imbarazzo. Si metta fine all’esperienza del “cambiamento” e si dia inizio a un’alba nuova dopo questa lunga notte. Elezioni anticipate, non resta altro da fare. Anche se, considerate le condizioni in cui è stata traghettata la Basilicata dal dopo guerra ad oggi, non sono ottimista su grandi rovesciamenti di scenario. Grossi pezzi della classe politica sono in frantumi, ma pronti, come sempre, a ricomporsi seppure alla spicciolata. La classe dirigente è corresponsabile del declino economico, sociale e civile di una regione incapace di insorgere contro ogni ingiustizia.
La fiducia dei cittadini verso le istituzioni e in generale nelle relazioni sociali è ai minimi storici. Il perseguimento degli interessi di parte, personali, egoistici coinvolge tutte le sfere vitali: la cultura, la sanità, l’economia, le istituzioni, le imprese, le organizzazioni sociali e di categoria. La cosiddetta società civile che vorrebbe organizzarsi con i movimenti civici per costruire un’alternativa a tutto questo, da già segnali di debolezza, di scarsa cultura politica, di frammentazione, settarismo, con grossi limiti nella conoscenza della realtà, del territorio lucano e delle sue dinamiche di potere. In questo scenario cominciano ad affacciarsi avventurieri di ogni tipo, come spesso capita in tempi di crisi, illusionisti che promettono “cambi di paradigma”, “la Basilicata ai lucani”, “in campo le competenze” e tanta altra roba taroccata di cui abbiamo già fatto esperienza.
Il campo intellettuale è quasi vuoto di azione e di proposta, anzi da decenni serve gli aperitivi al potere di turno e tira la giacchetta ai politici più vicini al podio delle decisioni. Chi sono e dove sono gli intellettuali che picchiano sulle ferite del potere? Dove sono i luoghi di elaborazione del pensiero? Anche questo è un problema per la nostra povera terra. Anzi, i cosiddetti intellettuali e la loro autoreferenzialità sono corresponsabili della miseria politica, culturale e civile della Basilicata. Tante mosche nocchiere della cultura e tanti impostori.
Dopo Carlo Levi molta acqua, sporca e pulita, è passata sotto i ponti. Oggi sappiamo che questa terra oscura non è senza peccato, ma è senza redenzione. Ed è da questa mancanza che bisogna ripartire. Per farlo però – lo dico a coloro che vorrebbero mettersi alla testa di movimenti o partiti alternativi – occorre organizzare un patto collettivo, sottoscritto da migliaia di cittadini – soprattutto giovani e ragazzi – che ne siano consapevoli e testimoni. Un patto politico e sociale con pochi punti senza fronzoli e retorica. Prima di decidere gli interpreti bisogna scrivere la sceneggiatura. C’è bisogno di ricostruire un’identità sociale, di dare un’identità allo sviluppo e un futuro alle nuove generazioni, sacrificando noi adulti il nostro. Da questo sacrificio e dalla costruzione di queste identità sarà possibile sperare in una rinascita della Basilicata.
In mancanza di un percorso che punti a liberare gran parte della popolazione da uno stato di soccombenza e “schiavitù” al Sistema di potere, che punti a una sorta di libertà morale attraverso la consapevolezza delle responsabilità e degli errori individuali e collettivi, questa regione non si salverà. Alle prossime elezioni certo vinceranno di nuovo loro, quelli del Sistema, magari sotto altre vesti, con un linguaggio diverso, con promesse antiche e nuove maschere. Tuttavia non potranno reggere a lungo se le energie vitali della società lucana saranno capaci di liberarsi dall’immobilismo e dal desiderio di allontanarsi verso altri luoghi.
Molti lucani percepiscono la società regionale come divisa in due parti: sopra stanno i privilegiati e detentori del potere, sotto quelli che non sono privilegiati e soprattutto gli esclusi dal potere. Non è una semplificazione, è una percezione che bisogna considerare nella misura in cui il dato produce non reazione ma rassegnazione. Ma soprattutto è una dicotomia falsa. La percezione dicotomica così netta, perde di vista la realtà che è più complessa, sia sul versante dei presunti privilegiati sia sulla sponda degli esclusi. Sarà compito degli eventuali fondatori del percorso di rinascita analizzare e mettere a valore politico un chiarimento sulla complessità della società lucana.
Al centro del percorso lungo, faticoso, dagli esiti incerti, e magari utopico, sarebbe utile collocare una virtù molto rara da queste parti: l’ascolto. Qui tutti parlano e nessuno ascolta, tutti scrivono e nessuno legge. Un’altra centralità è data dalla necessità di mettere all’apice dell’azione politica la parte della popolazione più marginale e fragile, e forse più sottomessa ai voleri del Sistema: poveri, disoccupati, inoccupati, precari, invalidi, pensionati sociali. La capacità di dare soggettività politica a queste migliaia di persone dovrebbe essere una delle chiavi principali del percorso. In linea più generale, occorrerebbe mettere in campo una strategia finalizzata a politicizzare le coscienze neutralizzate da continui processi di spoliticizzazione dell’agire sociale. Concludo con una precisazione: ho scritto non delle verità, ma delle opinioni che potrebbero essere utili a chi sta eventualmente pensando a movimenti alternativi al Sistema Basilicata.
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