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Meloni, la sinistra e l’Italietta: per un contributo al dibattito che non c’è

26 ottobre 2022 | 20:33
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Meloni, la sinistra e l’Italietta: per un contributo al dibattito che non c’è

Fascismi e totalitarismi si annidano nella realtà che nessuno vede. In queste settimane prima e dopo le elezioni il quadro politico italiano è apparso in piena confusione

In queste settimane, prima e dopo le elezioni, il quadro politico italiano è apparso in tutta la sua mediocrità culturale. Critiche da una parte e dall’altra buone per saziare le pagine dei giornali e dei talk show televisivi. Ora siamo arrivati al voto di fiducia al governo Meloni, con un Parlamento che dimostra sin dal primo giorno l’inadeguatezza nell’affrontare le questioni epocali che coinvolgono pienamente il Paese e i suoi cittadini.

L’obiezione di coscienza e la legge 194

Quando si attacca non lo Stato incapace di garantire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, ma gli obiettori di coscienza avverto il pericolo di un’aggressione, seppure inconsapevole, alla disobbedienza civile. Mettere in conflitto diritti sacrosanti fa il gioco dei sacerdoti del neoliberismo cinico e calcolatore. Lo Stato dovrebbe garantire sia il diritto delle donne ad abortire, sia il diritto di chi oppone un’obiezione di coscienza. Come? Lo proponga chi governa, o il Parlamento, è una responsabilità dello Stato. Chi protesta o manifesta per la tutela dei diritti dovrebbe comprendere che il “nemico” in questo caso è lo Stato non l’obiettore. Anche la leva militare obbligatoria era una legge dello Stato, eppure c’era chi opponeva l’obiezione di coscienza. Ci sono voluti anni, arresti, processi, affinché venisse riconosciuto quel diritto a “disobbedire”, con una nuova legge. Nel corso della campagna elettorale del 2018 ho sentito esponenti dell’estrema sinistra dichiarare che “l’obiezione di coscienza va abolita.” Stavo per votarli, ma mi sono fermato. Non è quella la sinistra che può convincere il Paese a una svolta contro le destre. Lo Stato non deve avere nulla a che fare con la coscienza delle persone, la coscienza non è proprietà dello Stato. Quando questo è accaduto la Storia ci ha consegnato tragedie. Non si può abolire la coscienza.

Il diritto di parola e di opinione

Esponenti di alcuni collettivi studenteschi hanno manifestato per contestare un convegno organizzato dagli studenti di destra di Azione Universitaria a cui erano stati invitati Daniele Capezzone e il deputato FdI Fabio Roscani. I giovani che contestavano l’evento hanno mostrato uno striscione con la scritta “Fuori i fascisti dalla Sapienza”. Insomma, volevano impedire lo svolgimento del convegno? Questi ragazzi sono stati affrontati a manganellate dalle forze dell’ordine. Ora, senza giustificare la reazione violenta della polizia, la domanda è: ma qualcuno ritiene che il pericolo dell’Italia siano Daniele Capezzone e Fabio Roscani e che il problema principale del Paese sia il fascismo? Non è quella la sinistra che può convincere il Paese a una svolta contro le destre. Fascista è anche chi vuole impedire lo svolgimento di un convegno in cui le persone manifestano le loro opinioni.

Rischi e limiti del governo di destra

Sia i borghesi della cosiddetta sinistra tradizionale, sia i giovani che manifestano contro il fascismo che non esiste, hanno capito ben poco del totalitarismo imperante da decenni. La stessa sinistra riformista ha fatto e continua a fare da stampella al capitalismo fino a concedergli tutti gli spazi politici, culturali ed economici che hanno sancito negli ultimi anni la definitiva stabilizzazione del dominio neoliberista. Quel dominio che non opprime la libertà ma la sfrutta. Nel discorso di Giorgia Meloni alla Camera emerge in tutta evidenza l’adesione alla cultura e al modello neoliberisti. L’idea per cui sei un imprenditore di te stesso, sei nel contempo padrone e servo di te stesso, se fallisci sei colpevole, se sei disoccupato o povero è colpa tua. Al centro di tutto la produzione di ricchezza economica ad ogni costo, senza ostacoli, in mano alle imprese. Lasciate libero, chi fa, di fare. Anche la produzione selvaggia di energia a danno del Sud del Paese, va liberalizzata. È vero, il governo di destra proverà a realizzare politiche compatibili con il neoliberismo.  Ci hanno provato, con buoni risultati, anche i governi recenti in prevalenza cosiddetti di centro sinistra, a parte l’ultimo con Draghi che ha fatto di peggio. Meloni governerà nei limiti imposti dai cosiddetti vincoli esterni, al pari dei governi precedenti. Tuttavia sul fronte interno ha spazi di manovra per mettere in campo provvedimenti in linea con una politica reazionaria e conservatrice, comunque gradita ai sostenitori del neoliberismo. Nonostante la confusione tra fatturato e posti di lavoro, tra settori ad alta intensità di capitale e quelli ad alta intensità di lavoro mostrata da Meloni davanti al Senato. Nonostante Meloni non abbia chiaro in mente che cosa sia il capitalismo digitale e quali trasformazioni epocali siano in movimento nel mondo del lavoro per effetto dello sviluppo tecnologico.

Il vero totalitarismo che nessuno vede

I rischi del totalitarismo sono nel dataismo, nei big data, nel panottico digitale in cui milioni di persone agiscono nell’illusione della libertà individuale. Il totalitarismo è nel modello di produzione e consumo, nel consumismo senza freni, nella crescita senza scopo che non sia l’arricchimento degli oligopoli mondiali. Il pericolo del totalitarismo è nelle tendenze autarchiche, nei nazionalismi identitari, nell’imperialismo economico e militare che causa distruzione, povertà e disuguaglianze estreme. È nel controllo delle vite, del cibo, dell’energia, delle coscienze ad opera dei veri padroni del Pianeta. È nello sfruttamento dei fenomeni migratori, nella spoliticizzazione dell’agire sociale, nell’impossibilità di insorgere contro le ingiustizie secondo modelli rivoluzionari e nella continua erosione degli spazi di democrazia. Il totalitarismo è nella società della prestazione, dell’esposizione, della depressione, della commercializzazione dei corpi, delle vite, delle emozioni. È nella mercificazione dei sentimenti. Mi fermo qui. Questo potere totalitario non è più un rischio, si è già stabilizzato. Ai governi non resta che andare a patti con quel potere. Bisognerebbe provare a combattere contro i simboli di questi poteri, sempre più dispersi, invisibili, impenetrabili. Manifestare contro questi totalitarismi. E il problema sarebbe Daniele Capezzone? Oppure le scarpe di Meloni, il fascismo di Lollobrigida? Il folclore di La Russa?

Visione umanitarista e visione neoliberista

Di questo passo l’alternativa di sinistra sarà pura illusione o una rinnovata stampella ai disegni totalitari del neoliberismo. E dunque andrebbe chiarito che non è più sufficiente parlare di destra e di sinistra, di fascismo e di comunismo come mondi contrapposti per via della differenza di retorica, liturgia, di estetica politica. Il conflitto che non vedo nascere è tra una nuova visione umanitarista della società e una visione neoliberista, consumistica, tecnocratica, conservatrice e reazionaria. In questo conflitto può nascere una vera alternativa che non avrei dubbi a definire di sinistra. Sarebbe utile dire che patria, orgoglio, onore, interesse nazionale oggi non sono più valori, se mai lo sono stati, ma sono dei “disvalori”, armi retoriche che hanno giustificato e giustificano guerre, fame, oppressione, sfruttamento, schiavitù. Preferisco la fratellanza tra i popoli del mondo a Fratelli d’Italia. Preferisco Forza Terra a Forza Italia. Preferisco “Prima il Pianeta” a “Prima gli italiani”.

Ma la gente non arriva a fine mese

“La gente non arriva a fine mese” è la giaculatoria che ascoltiamo da anni. Intanto la gente fa fatica ancora oggi ad arrivare a metà mese. Ma la gente chi? In misura diversa una decina di milioni circa di persone in Italia. In politica interna lo scontro tra maggioranze e opposizione si concentra simbolicamente su quella giaculatoria. Come se la povertà, il precariato, la disoccupazione, dipendessero da variabili esclusivamente endogene. In tal caso si agisce con provvedimenti mai strutturali, mai risolutivi, sempre transitori tra un’elezione e l’altra, tra un governo e l’altro. Aiuti di qua, contributi di là, bonus a destra e a manca. Ma i problemi restano, anzi si aggravano. Chi ragiona e agisce fino in fondo, a parte le semplici dichiarazioni, contro gli oligopoli, contro la speculazione finanziaria, alimentare, energetica, contro la grande evasione e la grande corruzione? Chi agisce fino in fondo contro l’economia del debito, contro le rendite parassitarie, contro le mafie mondiali, contro la privatizzazione dei beni comuni? Vale a dire: chi affronta il dominio liberista, causa vera per cui la gente non arriva a fine mese? In questa quasi metafora ci sono gli spazi per interrogativi epocali ormai diventati non più rinviabili. Ma l’Italietta dei bonus, delle liti condominiali e delle critiche alle scarpe di Giorgia Meloni vuole essere lasciata in pace.

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