Basilicata. I colpi della magistratura e la sonnolenza dei cittadini

9 ottobre 2022 | 13:16
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Basilicata. I colpi della magistratura e la sonnolenza dei cittadini

Il sistema del malaffare e della corruzione è in piena salute, mentre la regione continua ad ammalarsi

Dopo la tempesta mediatica, in seguito a quella giudiziaria che negli ultimi tre giorni ha scaldato la reazione     di partiti, sindacati e cittadini, è il caso di riflettere a motori emotivi raffreddati. L’inchiesta avrebbe preso le mosse da un personaggio che ha altri processi a carico e che sarebbe stato avvezzo a registrare le conversazioni con i suoi interlocutori politici, specie quando ha avuto sentore di sfratto dall’incarico. Questo giornale con quel signore è stato sempre critico anche denunciando e contestando pubblicamente le modalità di esercizio del potere che gli era stato attribuito. Esponenti politici di diverse estrazioni, a più riprese, ne avevano chiesto la rimozione, poi avvenuta. Non siamo dunque certi che il signore in questione sia uno stinco di santo vocato alla giustizia e alla lotta al “sistema” di gestione della cosa pubblica. Poiché egli stesso ne ha fatto parte “degnamente”.

Questa precisazione è necessaria alle argomentazioni che seguiranno nell’articolo. Non si tratta di mettere in dubbio le eventuali deposizioni del signore in questione, anzi. Egli sa benissimo come hanno funzionato e funzionano certe cose. E sa anche come raccontarle e dimostrarle. Ad ogni modo le indagini giudiziarie devono pur partire da qualche parte.

Detto questo, le circostanze che emergono dalle carte dell’inchiesta in questione, sono gravissime e confermano le nostre decine e decine di inchieste giornalistiche, editoriali, articoli dedicati al sistema di potere lucano. Tanto quanto basta oggi a metterci in difficoltà: è, infatti, difficile aggiungere qualcosa di nuovo, abbiamo detto tutto o quasi, almeno per quanto riguarda il passato recente. Però, magari ripetendoci sotto alcuni profili, possiamo riannodare certi fili e riproporre riflessioni e ragionamenti.

Il sistema Basilicata

Per i protagonisti in chiaro e scuro del potere invisibile e di quello esibito, le vicende giudiziarie continuano a rappresentare un incidente di percorso. Si può essere indagati e poi scagionati, condannati in primo grado e poi assolti in secondo, si può essere condannati e incarcerati. In tutte queste circostanze, alla fine “dell’incidente”, i protagonisti non perdono il potere acquisito, lo rianimano, lo cambiano, lo spostano magari in direzioni più rischiose. E c’è anche il modo per accrescerlo: grazie all’esperienza e alle abilità acquisite negli anni ricoprendo ruoli e assumendo incarichi nelle istituzioni, nelle banche, nelle imprese, nei giornali e ovunque. Grazie anche al capitale di relazioni costruito nel tempo. Dunque le vicende giudiziarie con le ipotesi di reato le lasciamo come sempre alla magistratura. Sull’inchiesta finita nelle cronache di questi giorni – e sulle altre – aspettiamo gli eventuali processi e gli esiti conseguenti. Nostro compito è analizzare i fatti su altri piani.

Non cambia mai nulla, perché?

Se ripercorriamo la storia delle inchieste giudiziarie negli ultimi 20 anni in Basilicata, scopriamo o ricordiamo fatti che, abbandonati al solo percorso giudiziario, non hanno sortito cambiamenti sostanziali nella politica e nel sistema di potere. Il reato e il presunto reato nella misura in cui emergono da indagini giudiziarie suscitano qualche giorno di scalpore, indignazione o scandalo, nulla di più. Ciò che invece dovrebbe interessare l’opinione pubblica sono i fatti sui quali non bisogna attendere conferma giudiziaria. E i fatti richiamano il comportamento, il linguaggio, le furberie, l’uso discrezionale e privato del ruolo istituzionale, o del potere in qualche modo esercitabile. Nulla a che fare con i reati del codice, ma molto a che fare con la dignità morale personale, con l’onestà delle decisioni, con la trasparenza delle procedure, con l’abuso della millanteria. Ecco, i politici e i dirigenti pubblici che assumono a guida del loro ruolo criteri moralmente esecrabili e si comportano come dispensatori privati di risorse e opportunità pubbliche, dovrebbero essere allontanati dai loro uffici. Spesso però questi signori cambiano semplicemente ufficio, anche per causa della complicità morale dei cittadini e di certa stampa.

Le complicità reciproche

È evidente che chi si comporta in quel modo dimostra anche di essere incapace di perseguire l’interesse generale. È un’affermazione banale, ma diventa essenziale se consideriamo il fatto che quel sistema, con facce e ruoli diversi, si riproduce continuamente. Chi studia i meccanismi carsici degli intrecci illeciti tra politica, istituzioni, imprenditoria, banche, mondo delle libere professioni e dei media, sa benissimo che un’inchiesta giudiziaria centrata su episodi circoscritti di presunta corruzione non fa crollare alcun Sistema. Un’inchiesta giudiziaria, come quella svelata in questi giorni – e le altre dei mesi scorsi e degli anni scorsi- semplicemente si conclude con l’arresto di alcune persone che, eventualmente, andranno a processo e forse saranno condannate o assolte. Fine della storia. I personaggi coinvolti ora in un’inchiesta ora in un’altra, sono figure pro-tempore, è il Sistema che resiste e si rigenera sempre, puntando spesso su chi la fa franca. Il Sistema esiste, si espande, allunga continuamente le radici e si rigenera. Si rigenera come i tessuti di quelle lucertole che, se minacciate da un predatore, perdono parte della coda, lasciando l’aggressore alle prese con l’estremità mentre se la danno a gambe. Nel giro di un paio di mesi, la coda ricresce. Ecco, la coda del Sistema ricresce, sempre. È il radicamento di una certa cultura del potere. In questo quadro protagonisti sono anche semplici cittadini, medici, ingegneri, architetti, avvocati, imprenditori che accettano e chiedono favori e prebende in cambio di voti e anche di denaro. Una grossa fetta di elettorato o se vogliamo di popolazione è complice di quel sistema e contribuisce continuamente a rigenerarlo. Così anche chi aspira ad un lavoro, ad un miglioramento della posizione personale e dei propri familiari e amici. Insomma una vasta area di piccola corruzione-concussione in cui la prima alimenta la seconda e viceversa. La grande corruzione si sviluppa anche a partire da quella vasta area. La Basilicata rischia grosso.

La realtà che l’opinione pubblica non capisce, non vede o fa finta di non vedere

L’opinione pubblica è questo che deve sapere e di questo deve essere consapevole. Soprattutto i pochi cittadini che si espongono, che denunciano, che si oppongono, possano avere uno sguardo realistico sul terreno in movimento. Le favole, non aiutano.

Il Sistema lucano del malaffare legato a faccendieri di ogni specie, a politicanti e funzionari pubblici con la tasca sempre aperta, a poteri piccoli e grandi di interesse economico e politico, è subdolo, seducente, accattivante, invisibile ad occhio nudo. Un Sistema capace di agire in un quadro di legalità apparente, su camminamenti segnati dal rispetto delle formalità ma, nella sostanza, al servizio degli arricchimenti illeciti e dell’accumulazione del consenso. Lo scambio favori-voti, è una pratica nota a tutti. La domanda che bisognerebbe porsi è: incassare voti per fare cosa? Ecco, a che cosa è servito il mercimonio di consensi e favori praticato da decenni: ridurre la Basilicata nelle condizioni attuali.

Il Sistema in Basilicata è una rete perfetta di soprusi, di prevaricazioni, di minacce, di prepotenze, di collusioni, di malaffare. Ma ha bisogno di spazi sani, di luoghi di redenzione, di foglie di fico e di incenso, spesso forniti da pezzi della politica e delle istituzioni organicamente o sporadicamente agganciati ai suoi filamenti.

Per perpetuarsi, per rinascere ogni volta che subisce una sconfitta o una ferita, deve lavarsi con l’acqua pura della credulità, della fragilità e del consenso del popolo. Deve lavarsi sotto la doccia dei media specializzati nella manipolazione di fatti e notizie. Insomma, il Sistema ha le sue strade, i suoi luoghi invalicabili e oscuri, ma agisce spesso alla luce del sole, nei giardini della normalità, nei palazzi dell’ineccepibilità morale. Il Sistema è capace di manipolare il buono, usandolo in funzione dei suoi scopi cattivi. Il Sistema è così vasto, pervasivo, radicato, tanto da elevarsi a normalità, perciò paradossalmente invisibile.

È fatto di decine di “ragni”, ciascuno con le sue ragnatele ad occupare luoghi e spazi definiti dalle consuetudini o da oscuri accordi tra le parti. Ovunque questi filamenti tra loro si intrecciano quando le circostanze richiedono cooperazione e reciproche coperture. “Uccidere” un ragno o rompere una ragnatela non significa abbattere il Sistema complesso e labirintico dei filamenti sul territorio. Ferire non vuol dire uccidere.

Oggi il Sistema di malaffare, funzionale alle mafie e all’esercizio della corruzione, è più che mai in salute. Forte e radicato, in continua mutazione. In tutto questo crescendo soprattutto la Ndrangheta ma anche Mafia e Camorra si sono accomodate a molte tavolate imbandite negli ultimi 30 anni. Dall’Eolico, alla gestione dei rifiuti, dal petrolio all’indotto dell’industria estrattiva, dalla gestione delle acque, all’ortofrutta, agli appalti, con opache ramificazioni nelle stanze dei palazzi delle istituzioni.

I colpi della magistratura e la sonnolenza dei cittadini

La magistratura quando può, come può, anche in base allo spessore degli inquirenti, assesta colpi giudiziari alla mala politica e al malaffare in genere. Ma, ripeto, la storia delle indagini giudiziarie sulla politica in Basilicata in qualche caso ha soltanto modificato gli assetti di potere: via uno arriva l’altro. E non è escluso che pezzi della magistratura in passato si siano prestati a giochi di parte.

Il punto è un altro. L’opinione pubblica è scarsa di pensiero critico ed esercita male le prerogative di cittadinanza che le derivano dagli spazi di democrazia e di partecipazione ancora esistenti. Si accanisce con fraseggi e rutti retorici sui social contro gli indagati come se fossero definitivamente colpevoli, si abbandona ai soliti luoghi comuni sui “politici ladri” e “sono tutti uguali”, “mondo era e mondo sarà”. Insomma, si sonnecchia con gli occhi aperti. In tal modo sfoga un’indignazione, spesso ipocrita. E non vede, né capisce che occorre imparare a fare domande e a pretendere risposte.  Su tante vicende questo giornale, e non solo, ha prodotto una quantità enorme di domande: a politici, dirigenti, imprese. A parte qualche risposta giudiziaria, l’opinione pubblica non ha fatto proprie quelle domande e non ha preteso risposte pubbliche attraverso dibattiti pubblici anche nelle sedi istituzionali. Protestare pacificamente, organizzare sit-in, per pretendere risposte ogni volta che una domanda è necessaria sarebbe un vero esercizio di democrazia e di civismo senza pregiudizi. Il problema è che siamo abituati a fare richieste non domande. Il problema è che ci diamo risposte da soli, spesso di conforto o di rassegnazione. Nel mentre gli indizi ci portano verso situazioni molto critiche.

Nessuno organizza socialmente le domande

Mettere a nudo “le cose che non vanno” non vuol dire cambiare le cose che non vanno. La Basilicata ne è un esempio. Nei decenni, le cose che non vanno continuano a non andare e a peggiorare. Perché? Perché non facciamo le domande e non pretendiamo le risposte. Perché ci agitiamo nel vuoto e facciamo rumore nel frastuono. Organizzare socialmente le domande vuol dire tempo, impegno, persuasione, coinvolgimento, partecipazione, coesione, e si configura come pura azione politica. Per fare richieste, invece, basta un po’ di coraggio o un briciolo di faccia tosta o tanta disperazione, dipende dai casi. Fornire verità e risposte senza aver fatto domande al Potere – e quindi senza averlo sfidato – è puro esercizio di vanità. Lo fanno spesso i leader di certe organizzazioni, lo fanno spesso i cittadini più impegnati. Le parole ben organizzate, seguite da un punto interrogativo, hanno la forza di un esercito. Ma bisogna saperlo fare, perché spesso le domande banali, retoriche o superficiali ottengono non risposte, ma giustificazioni.

Qui alcune questioni più recenti che sembrano scomparse dai radar: Il concorso truccato; L’appalto misterioso; Il mistero delle acque; I lavoratori vessatiNessuno chiede conto;

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