Stellantis Melfi, l’accordo che ha ingabbiato gli operai: smantellati e contenti
Gli effetti delle misure previste a giugno dello scorso anno da azienda e sindacati, senza condivisione con i lavoratori. A discapito dell’occupazione, che di fatto oggi è dimezzata, con le stesse auto da produrre, e un futuro più che mai incerto
Dalla “riduzione di una linea” ai “licenziamenti con incentivo”, dalle “trasferte” alle “garanzie occupazionali”, queste ultime solo di facciata. “Non permetteremo che si smonti un solo bullone dalla linea”, assicuravano le Organizzazioni sindacali ai lavoratori durante le assemblee di metà giugno, lo scorso anno. “Ci incateneremo ai cancelli se dovesse succedere”, urlava a stretto giro un senatore della Lega. Ma a distanza di pochi giorni, e cioè il 25 giugno 2021, Stellantis convoca i sindacati “unitari” (solo la minoranza Fiom non partecipa) e fa firmare senza chiedere “alcun parere ai lavoratori” un accordo che sanciva l’esatto contrario di quanto promesso durante le assemblee.
“Lo stabilimento di Melfi sarà interessato da un’evoluzione organizzativa che vedrà la produzione di vetture su un sola linea”, si legge nel documento che alleghiamo in calce. I rumors su quanto sarebbe avvenuto già circolavano da mesi, ma le Segreterie si affrettarono a smentire salvo poi firmare l’esatto contrario. “Questa linea potenziata manterrà invariata la capacità produttiva massima di 400mila vetture l’anno”, si legge ancora nel documento del 25 giugno 2021. Su una sola linea, in sintesi, viene fatto il lavoro che prima veniva effettuato su due. Ma c’è di più, i licenziamenti, anche quelli sono annunciati in quel patto, seppur con un tono addolcito.
“Piano di incentivo all’esodo”. È stato anche definito – è scritto nell’accordo – un piano di incentivazione volontaria all’esodo, che definisce, per chi tra 4 anni può agganciarsi alla pensione un contributo aziendale…Per i lavoratori che volontariamente vogliono uscire dall’azienda, ma che non hanno i requisiti pensionistici, è previsto un incentivo che può arrivare fino a 75mila euro”. I primi a lasciare, per la cronaca, lo scorso autunno, furono proprio gli ultimi arrivati, col job act. Tutti giovani, tutti in perfetta età lavorativa. Mollarono in 900. Entro la fine di quest’anno, un’altra platea ampia, forse superiore a 1000, potrebbe abbandonare la fabbrica con l’incentivo. E ancora, nel documento si legge: “Saranno favorite, in questa fase congiunturale, le trasferte verso gli stabilimenti italiani ed europei del gruppo Stellantis”.
“Garanzie occupazionali” Ma il punto dell’accordo che appare paradossale e difficile da comprendere, è quello in cui i sindacati si impegnano con l’azienda a chiedere “garanzie occupazionali”. Mentre firmano lo smantellamento di una linea, dicono ok ai licenziamenti con incentivo, nello stesso patto, con l’altra mano, si impegnano a chiedere “garanzie occupazionali”. Dall’accordo ad oggi è passato oltre un anno. Quasi un migliaio di lavoratori in meno, tutti giovani, e ora quelli meno giovani che si apprestano a lasciare col “gruzzoletto” pattuito, e i sindacati parlavano e parlano tuttora di “garanzie occupazionali”. Per chi, esattamente sono previste queste garanzie?
Smantellati e scontenti. In sintesi, l’accordo dello scorso anno ha sancito la riduzione delle linee da due a una, ha previsto la stessa produzione con meno operai, quindi con condizioni di lavoro peggiorate. Con operai costretti a correre ad una velocità pazzesca per salvare la produzione. Meno addetti, stesse auto da produrre. Nessun mea culpa da parte dei sindacati, che negli ultimi giorni hanno stretto nuovi accordi con Regione e Stellantis, con grande clamore mediatico. Senza memoria del passato, degli errori commessi, il presente è più complesso, e anche sul futuro c’è da stendere un velo. È la credibilità a venir meno. A pagarne le conseguenze, ovviamente, gli operai che non hanno scelta e che devono lavorare. A condizioni più che peggiorate, se e quando scendono in fabbrica. In uno scenario di crisi ancora più accentuato, inoltre, davanti alla richiesta pressante della “trasferta” in uno stabilimento del Gruppo, difficilmente potranno opporsi. Smantellati e scontenti. Accordo del 21 giugno 2021