Giustino Fortunato e il mito della miseria del Mezzogiorno

4 settembre 2022 | 11:13
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Giustino Fortunato e il mito della miseria del Mezzogiorno
Giustino Fortunato e, nel fotino, Vincenzo Plastino

Nel ricordo del 174esimo anniversario della nascita del grande meridionalista richiamiamo alla memoria il suo amico e compaesano, incompreso, emarginato e dimenticato Vincenzo Plastino

Oggi, come ci ricorda Vito Bardi con un suo post su Facebook, è il 174esimo anniversario della nascita di Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, 4 settembre 1849 – Napoli, 23 luglio 1932). A me piace ricordare Fortunato quando afferma che “In Basilicata la classe dirigente è costituita da una borghesia reazionaria nell’anima, corrotta, desiderosa di dominio assoluto nel proprio interesse esclusivo, preoccupata sempre e soltanto di non irritare il potere centrale ed interessata a servire purché le siano garantiti privilegi e le sia consentito di sfruttare i ceti subalterni…”. Evidente, purtroppo, una qualche attualità in queste affermazioni.

Tuttavia condivido le tesi di chi attribuisce in termini negativi al meridionalista lucano l’analisi sintetizzata poi nel mito della miseria del Mezzogiorno. Fortunato si fa sostenitore della tesi per cui le terre rendono poco per la natura del suolo, per l’instabilità del clima, per la malaria, non si può pretendere più di tanto dai proprietari. Occorre quindi promuovere lavori pubblici, poiché l’agricoltura, per cause naturali è già spremuta. (T. Pedio, 1994). Il senso della tesi di Fortunato è ben descritto in una lettera che egli scrive il 20 febbraio 1903 al sociologo e storico Guglielmo Ferrero: “Vedere, niente altro che vedere, la gran distesa di terre argillose, sterili, deserte, ovunque terribilmente malariche…” Le ragioni dell’arretratezza meridionale sono il clima e la geografia.

Dopo l’Unità, i ricchi proprietari terrieri temono due cose soprattutto: la questione demaniale e l’imposizione fiscale. E l’imposta dovuta dai proprietari si desume dalla rendita della terra: alta la rendita, alta l’imposta. Perciò la tesi di Fortunato è una manna per i proprietari terrieri, per quella borghesia reazionaria nell’anima e parassita da egli stesso criticata. In sostanza la tesi del mito della miseria accolta di buon grado dal Governo centrale, causerà molti danni al Mezzogiorno. Lo stesso don Giustino era un proprietario terriero ed era contrario alla quotizzazione delle terre demaniali.

Forse don Giustino è rassegnato, non crede fino in fondo al riscatto economico e sociale del Mezzogiorno e vede nell’emigrazione uno degli sbocchi per sollevare le popolazioni lucane dalle misere condizioni di vita. In una lettera dell’ottobre 1885  a un maestro elementare di Rionero in Vulture, scrive: Se voi vi decidete ad emigrare con tutta la famiglia per sempre e a farvi americano, io credo che laggiù potreste sperare di lasciare agiati, e più che agiati, i vostri figlioli…È così ingrata la vita italiana, è così dura la nostra patria per i suoi figli!

Vincenzo Plastino, intellettuale incompreso, emarginato e dimenticato, compaesano e amico di Fortunato, nel dicembre 1899 in un lungo saggio critico “Su le condizioni presenti e l’avvenire agricolo della Basilicata” sembra rovesciare, almeno in parte, le tesi del meridionalista deputato. “La nostra regione, a torto trascurata nei suoi interessi, sia per l’indifferenza dei grandi proprietari, che deturpano la loro esistenza nell’ozio lascivo delle grandi città, sia per le estranie brame dei capitalisti, che rivolgono altrove le loro ingordigie…”

Plastino insiste e insisterà anche negli anni successivi sulla necessità dell’istruzione e dell’educazione, senza le quali non vi può essere riscatto della Basilicata e sviluppo del Mezzogiorno. Non esiste una miseria strutturale, afferma Plastino, non c’è un’agricoltura povera per natura, i problemi risiedono altrove: “si lavora senza fede, l’incuria degli agricoltori che si abbandonano alla speranza del tempo e alla spontanea offerta del terreno”. Soprattutto la causa delle condizioni miserevoli dell’agricoltura sta “nel mancato utilizzo delle scienze agrarie, nella carenza di istruzione.” Insomma, possiamo sintetizzare: niente lagne, anche finte, e diamoci da fare.

Ecco, noi oggi ricordiamo Giustino Fortunato, ma raccomandiamo ai lucani, e ai rioneresi in particolare, di riscoprire la figura del poeta, intellettuale e scrittore Vincenzo Plastino, un anticipatore dei tempi, uno studioso che vedeva oltre il mito della miseria del Mezzogiorno.

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