Emergenza carceri in Basilicata, un sit in a Potenza
Lo annuncia Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria
“La situazione delle tre carceri della Basilicata – Potenza, Matera e Melfi – non è certo diversa dall’emergenza che vivono tutti gli istituti penitenziari italiani, magari è solo meno nota. Per questo all’interno del calendario del mio tour che ha già toccato 38 carceri del Paese ho inserito una tappa a Potenza”. Lo dice Aldo Di Giacomo segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria annunciando per domani 13 settembre un sit-in con conferenza stampa davanti al carcere di Potenza (ore 12,30).
“E’ urgente intervenire. Non c’è più tempo da perdere. Lo provano: da una parte i 59 suicidi di detenuti dall’inizio dell’anno (di cui 15 durante questa stagione estiva), dall’altra le aggressioni quotidiane agli agenti e al personale medico, i continui tentativi di rivolta, i numerosi episodi di sfida da parte dei capo clan di organizzazioni criminali allo Stato che, purtroppo, continuano a comandare dalle celle.
Sarebbe sufficiente – continua il segretario del S.PP. – mettere insieme la legalità e la sicurezza dei cittadini che tutti i partiti invocano per l’”esterno” del carcere con le stesse necessità per l’ “interno”. Uno Stato che oltre a non garantire la legalità nelle carceri non riesce a garantire la sicurezza dei detenuti e dei suoi dipendenti (il personale penitenziario) testimonia di aver rinunciato ai suoi doveri civici sino a far passare inosservata la “strage” di questa estate con detenuti di età sempre più giovane.
Da servitori dello Stato l’impegno del personale penitenziario è rivolto a far rispettare la legalità e al contrasto a mafia e criminalità che, a nostro parere, deve svolgersi a partire dalle carceri. Ma in queste condizioni non siamo in grado di poterlo fare. Ci sono azioni, misure, provvedimenti che si possono e si devono attuare subito, prima dell’elezione del nuovo Parlamento e la nomina del nuovo Governo, perché più passa tempo e più l’illegalità si diffonde con il rischio di ripetere quanto accaduto con le rivolte nella primavera del 2020.