Brutte notizie per la Stellantis di Melfi: ancora uno stop alla produzione
L’azienda giustifica questa ulteriore fermata con la mancanza di semiconduttori e forniture
Ancora una brutta notizia per lo stabilimento Stellantis di Melfi. Nella tarda mattinata di oggi l’azienda ha comunicato ai sindacati un nuovo stop alla produzione dalle 14 di venerdì 17 giugno a sabato 25 giugno. Si tornerà perciò al lavoro con il primo turno di lunedì 27 giugno. Stellantis giustifica questa ulteriore fermata con la mancanza di semiconduttori e forniture. Il clima tra i lavoratori del polo automotive resta pesante e anche tra i più ottimisti iniziare a vacillare la fiducia nel futuro. Un “sentiment” che sconta anche le recenti polemiche sulla decisione del Parlamento europeo di vietare dal 2035 la vendita di auto con motorizzazioni termiche e gli interrogativi su volumi produttivi e commesse che pesano sulle aziende dell’indotto. Il voto dell’Europarlamento è stato accolto con sorpresa dai sindacati poiché si temono pesanti contraccolpi su un settore già alle prese con crisi di mercato e carenza di semiconduttori.
“Nel sito automotive di Melfi – spiega il segretario generale della Fim Cisl Basilicata, Gerardo Evangelista – si potrebbe aprire una crisi industriale complessa e delicata con effetti su tutta l’economia della regione difficili da sostenere. Rischiamo una nuova ondata migratoria, non solo di giovani istruiti che non trovano lavoro, ma anche di tanti lavoratori che potrebbero perderlo. Il destino di Stellantis e del suo indotto non è un problema solo per Melfi, ma un problema della Basilicata, del Mezzogiorno e dell’Italia intera”. Proprio la Fim Cisl ha programmato per martedì 21 giugno a Matera un Consiglio generale aperto che sarà tutto dedicato al futuro dell’automotive in Basilicata. Annunciata la presenza del segretario nazionale Ferdinando Uliano e di esponenti del mondo istituzionale e imprenditoriale lucano.
La decisione del Parlamento europeo di vietare dal 2035 la vendita di vetture a benzina e diesel pesa come un macigno sul futuro dell’intera filiera automobilistica nazionale: “Una transizione complessa come quella verso le motorizzazioni elettriche – spiega Evangelista – non può essere gestita in modo ideologico e con fughe in avanti che rischiano di consegnare le chiavi del settore ai paesi asiatici. Le aziende della componentistica hanno bisogno, da un lato, di tempo, progetti e risorse per riconvertirsi, dall’altro, vogliono certezze sui volumi produttivi che si realizzeranno a Melfi e sull’assegnazione delle commesse. Al momento le aziende dell’indotto brancolano nel buio e con loro i lavoratori. Siamo dentro un paradosso organizzativo: da una parte Stellantis conferma il piano industriale per Melfi, dall’altro mancano la programmazione e il monitoraggio degli impegni per arrivare a realizzare volumi produttivi e per garantire le commesse e i posti di lavoro anche nell’indotto. Così si rischia l’innesco di una sequenza di crisi industriali che metterebbe a repentaglio migliaia di posti di lavoro”.
Secondo Evangelista “bisogna intervenire urgentemente con politiche industriali in grado di rafforzare la competitività del tessuto produttivo esistente e di attrarre nuovi investimenti con progetti seri di reindustrializzazione. Per questo chiediamo al Mise di fare una mappatura degli investimenti e una chiara programmazione dei progetti: dalle gigafactory alla rete delle colonnine di ricarica, fino alla informatizzazione delle strade. L’elettrificazione non può farla solo Stellantis – avverte il segretario della Fim – ma serve un impegno forte delle istituzioni per costruire l’ecosistema in cui si muoverà questa nuova generazione di vetture. Se ben governata, la transizione elettrica può diventare un’opportunità di crescita e lavoro anche per la nostra regione. Per fare questo servono una strategia di politica industriale chiara, risorse economiche adeguate e capacità di far atterrare queste risorse su progetti innovativi, anche orientati alla riqualificazione dei servizi offerti dal territorio e alla formazione del capitale umano creando nuove figure professionali in grado di inserirsi nel nuovo processo produttivo”.