La verità è che c’è qualcosa di terribilmente marcio in questa Basilicata

2 aprile 2022 | 17:36
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La verità è che c’è qualcosa di terribilmente marcio in questa Basilicata

Fino a quando le corporazioni, i municipi, le istituzioni politiche e giudiziarie, i Partiti non saranno in grado di assumere una cultura e una prassi dell’etica senza deroghe di sorta, vivremo in una regione assolutamente opaca e misera

Fino a quando le corporazioni, i municipi, le istituzioni politiche e giudiziarie, i Partiti non saranno in grado di assumere una cultura e una prassi dell’etica senza deroghe di sorta, vivremo in una regione assolutamente opaca e misera.

Quella opacità che riduce le libertà dei cittadini rendendoli sudditi di micro e macro sistemi di potere. Diciamolo, in tutte le organizzazioni siano esse di natura politica, economica, professionale esistono nicchie più o meno piccole di personaggi ambigui, avvezzi a inseguire le proprie convenienze e, in alcuni casi, i propri disegni “criminosi”. Uso il termine corporazione riferendomi agli Ordini professionali e alle organizzazioni di categoria: piccoli, medi e grandi imprenditori in tutti i settori. Senza escludere le caste che spadroneggiano nei tribunali, nelle università e nella sanità.

Dentro gli interessi corporativi si sovrappongono interessi individuali, particolari, di singoli aderenti alle corporazioni. Non è una questione di “mele marce” che banalizzerebbe estremamente un fenomeno crescente e sempre più preoccupante. Le mele marciscono per incuria, distrazione, indifferenza, incapacità di reagire ai segnali, anche deboli, di degrado e devianza. Basterebbe una mela marcia per far tremare un grande albero. Eppure, ed è questo che oggi preoccupa, gli alberi non tremano più e diventa sempre più difficile separare il frutto buono da quello cattivo. La mela marcia si nasconde tra quelle buone, anche grazie al ramo che, seppur consapevole, non la lascia cadere.

A parte la metafora, è evidente che il marcio nelle persone non si riesce a vedere così chiaramente come nelle mele. Tuttavia se vi fossero più coraggio e tensione morale, se le corporazioni, i municipi, le istituzioni, i partiti politici si comportassero come l’albero che trema, anche il marcio delle persone sarebbe visibile. E invece, ci si comporta come il ramo consapevole e tuttavia sordo, cieco e muto.

Accade che dentro le organizzazioni si innesca un processo di adattamento al “meno peggio”: si preferisce non reprimere le devianze attraverso gli strumenti normali di regolazione come le leggi, o altri tipi di sanzione. Si innesca un gioco di interazioni sociali, politiche, economiche, di interessi e convenienze, per cui “è meglio lasciar perdere”. Tutti sanno, ma nessuno, interviene. Il marcio, così, vince, fa carriera, partecipa alla vita pubblica, assume incarichi interni ed esterni alla corporazione di appartenenza: la mela marcia, fa marcirne altre, conquista consensi, diventa una variabile necessaria a produrre adesioni, opportunità, finanziamenti, convenienze per tutta l’organizzazione e per l’intera casta: perché la mela marcia per esistere ha bisogno dell’albero. Ma quando l’albero ha necessità del marcio per crescere o sopravvivere, le vie d’uscita dal pantano si restringono pericolosamente.

La reciprocità tra la mela marcia e il suo albero rappresenta un rischio. Il rischio che gli alberi così ridotti diano vita a un’intera foresta.

Credo che questa riflessione possa dare conto, fuor di metafora, di quanto accaduto in Basilicata negli ultimi decenni. La storia giudiziaria, economica, politica, sociale e culturale in gran parte conferma l’idea che, “c’è qualcosa di terribilmente marcio in questa regione”. È anche vero però che “l’albero secco e marcio non ha diritto di stare dove sta: esso ruba luce e aria alla giovane vita che sorge e matura per un mondo nuovo.”

Ecco perché a tutto quanto accade negli indotti industriali, in alcuni municipi, in alcune istituzioni e organizzazioni bisogna che i lucani reagiscano all’istante. Perché tutto ciò che si lascia perdere marcisce.

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