La Polemica
“Adesso che sono morto, posso anche tornare alla vita, perché, si sa, i vivi non possono risuscitare”
Mi chiamavo Pasqualino. La signora Polemica l’ho conosciuta che ero ancora un bambino. All’asilo mi istigava a litigare col compagno di merenda. Al liceo, Polemica mi stava sempre addosso. Contestavo i professori, il loro linguaggio, le loro idee, il loro modo di fare altezzoso. L’ammiccante e intrigante signora Polemica mi ha poi seguito all’Università: “guarda quelle finestre rotte e quei muri cadenti, fai casino”. Mi portava a vedere gli statini truccati, i voti rubati, le tesi copiate. “Contesta, contesta, arrabbiati, polemizza”, mi diceva. Ed io obbedivo. Ma nulla è cambiato. Mi ha seguito nel lavoro. Ero sempre lì a far notare agli altri la superficialità, la negligenza, la scarsa dedizione. Ma nulla è cambiato. Sono andato in pensione e lei, benché invecchiata, ha continuato a sedurmi. Mi arrabbiavo con l’automobilista distratto, con i ragazzacci che schiamazzavano nel cortile. Mi arrabbiavo per le code all’ufficio postale. E lei, Polemica, sempre carina, dolce, amorevole. Finalmente sono morto e lei viva mi accompagna al camposanto. Mugugno per la scarsa partecipazione al mio funerale, me la prendo con la gente che fa finta di dispiacersi per la mia dipartita. Mi arrabbio per il loculo umido e buio.
Adesso che sono morto, posso anche tornare alla vita, perché, si sa, i vivi non possono risuscitare. Se ciò dovesse accadere, la prima cosa che farò da risorto è cacciare via quella porcacchia di Polemica. Nella mia prima vita ho perso tempo. Avrei dovuto fare, proporre, lavorare, inventare, creare, amare, capire. Avrei voluto dei figli. Invece ho vissuto con Polemica che si sa, è sterile. Mi chiamavo Pasqualino, ma Lino è andato via con Polemica, per sempre. Adesso mi chiamo Pasqua. Con l’accento sulla a.