Guerra in Ucraina: capire le ragioni degli altri per trovare soluzioni

2 marzo 2022 | 13:45
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Guerra in Ucraina: capire le ragioni degli altri per trovare soluzioni

Se ci dobbiamo dire la verità, senza la deterrenza atomica saremmo in piena terza guerra planetaria

I costruttori di pace cercano di capire le ragioni degli altri, senza è impossibile trovare soluzioni. Necessità impellente nelle attuali contingenze quando a furia di tintinnare le sciabole si corre il rischio della fine dell’umanità. Già, perché se ci dobbiamo dire la verità, senza la deterrenza atomica saremmo in piena terza guerra planetaria.

Le ragioni dell’aggressione

Ma quali sono le ragioni di Putin? Nel 2015 Giulietto Chiesa, per anni corrispondente da Mosca, ci mise in guardia dall’espansione verso Est dell’Europa e della Nato profetizzando che l’inizio della terza guerra mondiale sarebbe partita dall’Ucraina. La tesi della reazione russa all’accerchiamento circola molto sui social evidenziata da una cartina che mette a confronto i confini della Nato del 1998 e quella di oggi. Paolo Mieli smonta questa tesi, anzi suggerisce che se, come disse Enrico Letta qualche tempo fa, si fosse a suo tempo fatta entrare l’Ucraina nella Nato oggi non saremmo nelle attuali condizioni . Anche senza l’articolata ricostruzione di Mieli i fautori della tesi dell’accerchiamento dovrebbero chiedersi come mai solo ora, quando manca di fatto solo l’Ucraina al completamento dell’espansione a est, c’è la reazione sovietica. Per contro l’unica conclusione possibile alle considerazioni di Mieli, che non offre nessuna spiegazione alternativa a quella dell’accerchiamento, è che Putin sia diventato matto. Cosa possibile ma drammatica, perché con i matti c’è poco da fare.

Ma senza comprendere fino in fondo queste ragioni siamo nella nebbia più totale, incapaci di trovare vie di uscita.

Politica di potenza e politiche di pace

Forse occorrerebbe abbassare i toni e almeno noi, che non siamo sotto le bombe, possiamo recuperare un poco di freddezza. Magari prendendo esempio proprio da Joe Biden, il primo che li aveva alzati, e che ora ha assunto un atteggiamento più riflessivo e prudente. Al contrario della UE. Oggi la proposta di far entrare l’Ucraina nell’Unione pare una latta di benzina gettata sul fuoco, più che un rassicurante messaggio di Pace o dettato dalla necessità di trovare una soluzione negoziale.

Tornando alla ricostruzione storica di Mieli occorrerebbe ricordare che l’espansione a est fu voluta fortemente dalla Germania, a mia memoria Prodi era contrario. Quando nel 1989 crollò il muro di Berlino ci si aspettava un periodo di pace infinito, almeno in Europa. Perché non si è riusciti ad inglobare la Russia nel sistema delle democrazie occidentali? Perché espansione dopo espansione si è deciso di estendere l’Unione Europea verso quelle democrazie, lontane per concezione dall’Europa Occidentale, spesso contestate come sovraniste? Mi riferisco specialmente al gruppo di Visegrad.

Forse sbaglio ma alla base c’è l’idea della dirigenza politica europea di aumentare la consapevolezza di sé e l’identità europea per poter svolgere una propria politica di potenza, autonoma e alla pari di USA, Russia, Cina. Per carità, ambizione legittima che però richiede una organizzazione militare autonoma dalla Nato e un radicale cambio degli equilibri mondiali, oltre alla disponibilità di intervenire mettendo, come dicono i militari, gli stivali sul suolo nei conflitti. Una ambizione pericolosa e preoccupante, almeno per me.

Salvaguardare la democrazia

L’esercizio della democrazia interna all’Europa mostra ancora troppe lacune. Questa è ancora l’Europa delle nazioni e non quella di una unica comunità con pari diritti e doveri dove i legittimi interessi vengono contemperati nei processi democratici. È l’Europa in cui la guida dell’economia è stata sottratta ai governi legittimamente eletti e lasciata in mano ad organismi sovrannazionali come la BCE e il MES, privi di controllo politico e al di fuori della giurisdizione del Parlamento Europeo. Prima di pensare ad un esercito unico occorre pensare a una riforma complessiva delle istituzioni europee. Occorre riflettere sulla possibilità di mantenere alte le identità nazionali insieme a quella europea, e invece se non convenga immaginare una Europa non delle nazioni ma dei popoli, possibile solo se si abbattono gli stati nazionali e se si punta all’Unione delle regioni europee.  Non vorrei correre il rischio che l’uso della forza risieda in capo ad un Alto Comando Europeo con le stesse autonomie di BCE e MES.

Umanità sempre

L’aggressione all’Ucraina è condizione sufficiente per esprimere solidarietà a questo popolo, e non necessita di altre motivazioni. Dire però che si deve intervenire per difendere il diritto all’auto determinazione dei popoli è una falsità, perché da sempre ci sono limitazioni a questa autodeterminazione nei trattati internazionali. Cosa direbbe la NATO e gli USA se il Venezuela, o il Messico, decidesse di entrare in un ipotetico Patto di Varsavia? Possibile che non ci sia nessuno che ricordi Cuba e la Baia dei Porci?

Poi basta vedere come si è comportata proprio l’Europa nei confronti della Grecia, quando al governo è salita una forza politica come Syriza, che aveva nel proprio programma l’uscita dalla NATO e una visione non omogenea in economia al liberismo dominante. Certo non c’è stata una invasione con i carri armati, ma l’effetto distruttivo delle misure economiche imposte alla Grecia è stato devastante ed è stato un chiaro messaggio non solo alla Grecia, costretta a piegare la testa con qualcosa di simile se non peggio di pesanti sanzioni economiche. D’altronde il padre del liberismo, Milton Friedman, fu consulente di Pinochet.

E a proposito di ipocrisie dobbiamo chiederci anche perché abbiamo girato il capo dall’altro lato per la Grecia e perché siamo così accoglienti per chi fugge dall’Ucraina e perché respingiamo chi fugge da altre guerre in Africa e in Medio Oriente: dalla Siria o dal Darfur, per esempio.

Propaganda di guerra

Quello che infine stupisce è l’assetto propagandistico della informazione, un assetto da stato militare, non da democrazia in pace. Ogni dibattito pare vietato, in parlamento chi dissente all’invio delle armi viene additato al ludibrio universale, il segretario di un partito che dovrebbe essere democratico, Enrico Letta, emette l’equivalente dell’Editto Bulgaro, di berlusconiana memoria, nei confronti di un giornalista, Marc Innaro, che aveva osato esporre una tesi diversa dalla propaganda. Chi tenta, senza misurare le parole, di ragionare sulle motivazioni di Putin viene zittito dicendogli ‘puoi dire queste cose perché sei in un regime democratico, in Russia saresti messo in prigione’. La minaccia implicita in questo modo di ragionare mette i brividi. Un fronte compatto, lo stesso che fece propaganda a favore del MES e contro il governo Conte.  Nessun politico si sente di dissentire dal pensiero unico.

Quest’aria da chiamata alle armi non mi piace proprio. E che qualcosa di strano ci sia le persone, fatta salva la diffusa e spontanea simpatia verso l’aggredito, se ne rendono conto. Abito al settimo piano di un palazzo che affaccia su un viale di Roma. In analoghe occasioni del passato le persone, prevalentemente quelle di sinistra, riempiva i balconi con le colorate bandiere della Pace: oggi non ne vedo neanche una!

Vigilanza democratica

Io penso che, se non facciamo grande attenzione, le cose dopo questa guerra, non saranno più come prima e che siano a rischio qui in Europa proprio quelle libertà fondamentali che diciamo di voler tutelare. Una volta in condizioni simili la sinistra avrebbe invitato alla vigilanza democratica. E sempre mi martellano le orecchie le parole di Mattarella al suo secondo insediamento: “Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico”. Non verrei che questi poteri approfittino della circostanza. I costruttori di pace si facciano avanti.