Basilicata. Il caso Antonio Tisci e la doppia morale dei moralisti
Molte persone da queste parti dovrebbero farsi un serio esame di coscienza, sempre che la coscienza ce l’abbiano
“Mi farebbe piacere che coloro i quali hanno richiesto la “pena capitale” contro una persona ritenuta il “nemico di turno” da abbattere, utilizzino una parte di tale attenzione anche verso altre situazioni, sicuramente più gravi, magari anche quando riguardano amici o compagni di partito. La doppia morale è una cattiva abitudine dura a morire”. È quanto ha dichiarato Vito Bardi nel comunicato stampa con cui ha commentato le dimissioni di Antonio Tisci da direttore generale dell’Arpab, che sarebbe stato rimosso lo stesso giorno per effetto del decreto di revoca firmato dal presidente della Regione. La vicenda la conoscono tutti, ormai. Tuttavia, è importante sottolineare il richiamo alla “doppia morale” che Bardi indirizza chiaramente ai partiti di opposizione, soprattutto al Pd.
Esiste, è vero, un problema di morale prêt-à-porter, indossata all’occorrenza in base alle convenienze strumentali del momento, un problema che riguarda tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione.
La storia della nomina di Tisci è lastricata di dubbi e di forzature politiche, non ci piove. L’’ex direttore dell’Arpab ha commesso errori inequivocabili e ingiustificabili, non ci piove. Il suo allontanamento da quella postazione era doverosa. Tuttavia – usiamo una metafora – crediamo che Tisci non abbia mai preso una multa. Altri, in altre sedi, pur essendo indagati per reati diversi, anche contro la pubblica amministrazione, restano al loro posto e nessuno alza barricate per chiederne la rimozione o almeno il rispetto delle regole.
E’ il caso del direttore amministrativo dell’Asm, ultimo caso eclatante, condannata in primo grado con interdizione dai pubblici uffici. Chi dovrebbe aprire un procedimento di sospensione nei confronti di quel direttore amministrativo è un altro dirigente dell’Asm già esponente del Pd. Perché, nonostante il parere inequivocabile dell’Anac, quel dirigente interdetto non viene sospeso? Da certe stanze del Pd e del sindacato non si è sollevata una voce. Così come sulla vicenda Scaglione, qualcuno dalle parti della Provincia avrebbe dovuto dire qualcosa. Silenzio.
E’ vero, esiste una doppia morale, da sempre: “c’è chi valuta diversamente gli stessi comportamenti a seconda che questi siano tenuti da diverse persone o in vista di diversi fini”. È una caratteristica della politica e dei politici, ma anche della società civile. È successo altre volte. Dirigenti, funzionari o semplici dipendenti tutelati e difesi dal sistema che li protegge anche dopo eclatanti condanne penali o morali. In qualche caso la tutela del “malfattore” rappresentava una necessità per coprire ben altre inconfessabili faccende: ti difendo affinché tu stia zitto e non metti a repentaglio l’intero sistema.
È un andazzo, quello della doppia morale e del doppio standard di giudizio, a cui assistiamo anche nei Tribunali. Il doppio standard permette che persone diverse siano giudicabili secondo standard differenti. È un metodo che infrange il principio di imparzialità della giustizia, secondo il quale “un determinato standard di giudizio legale deve essere applicato indifferentemente a ogni sorta di persona, a prescindere da pregiudizi personali, da discriminazioni e favoritismi fondati sullo status e sull’appartenenza sociale, sul ruolo sociale ed etnico, sull’identità di genere, sulla confessione religiosa, sull’orientamento sessuale, sull’età o su altre distinzioni.” Molte persone da queste parti dovrebbero farsi un serio esame di coscienza, sempre che la coscienza ce l’abbiano.
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