Tamponi agli amici, la giustizia farà il suo corso: e la vergogna?
I ‘fessi’ alla fine di questa storia muoiono. I furbi fanno finta di niente
I ‘fessi’ alla fine di questa storia muoiono. I furbi fanno finta di niente. Almeno secondo la Procura di Potenza, i fessi, loro malgrado, si chiamano Antonio Nicastro e Palmiro Parisi. Anzi si chiamavano, perché sono morti tra marzo e aprile 2020 dopo aver contratto il covid. Le loro storie sono note ai più: entrambi con sintomi severi del covid ottennero un tampone molecolare dopo aver atteso giorni e, cosa ancor più grave, dopo che gli appelli dei loro familiari finirono sui giornali. Solo che era ormai troppo tardi: dall’ospedale San Carlo, dove furono ricoverati entrambi in terapia intensiva, dopo aver supplicato il tampone, uscirono per essere accompagnati al cimitero. Chissà se la stessa sorte non sia capitata anche ad altri.
Secondo la procura Nicastro e Parisi sarebbero morti per il ritardo con cui venne loro effettuato il tampone perché scavalcati da 34 persone che non ne avevano stringente necessità: i furbi. Tra questi Vito Bardi (presidente della Regione Basilicata), Francesco Fanelli e Donatella Merra (assessori regionali della Lega), Gerardo Bellettieri (consigliere regionale di Forza Italia); Gianni Rosa (assessore regionale all’Ambiente), Ernesto Esposito (all’epoca Direttore del Dipartimento Salute della Regione Basilicata), Rocco Ciorciaro e Daniela Rivela (dirigenti dell’ufficio Servizi alla persona della Regione), Michele Castelluccio (segretario particolare dell’assessore Rosa), Donata Salvatore, dipendente della presidenza della giunta, Patrizia Aloè dirigente del Crob di Rionero in Vulture, Antonio Maiorano, addetto alla segreteria del presidente della Regione, Sergio Maria Molinari, direttore dell’Unità operativa complessa “Distretto della salute” di Potenza», Michele Labianca, coordinatore della Task Force regionale coronavirus, e Angela Bellettieri, dirigente sanitaria dell’azienda ospedaliera San Carlo,
In base a quanto scritto negli atti della Procura, ripresi e pubblicati nei giorni scorsi da Il Quotidiano del Sud “sono stati ripetutamente favoriti, soggetti che, perlopiù, erano professionalmente e/o politicamente vicini alla dirigenza della Asp di Potenza”. Con l’aggravante che “dal giorno 17 marzo 2020 e nei giorni seguenti effettuavano e disponevano il prelievo del tampone su soggetti asintomatici e talvolta anche privi di link epidemiologici”. E proprio in quei giorni le condizioni di Nicastro peggioravano.
I raccomandati, o come la stampa li ha ribattezzati i “vip del tampone” non sono indagati. Gli indagati, a vario titolo, sono invece il medico del pronto soccorso che rimandò Nicastro a casa nonostante presentasse seri sintomi da covid, il direttore sanitario dell’Asp, Luigi D’Angola, il direttore dell’Ufficio di igiene e sanità pubblica dell’Asp, Michele De Lisa, il coordinatore della Task Force per l’emergenza coronavirus, Michele Labianca e la direttrice sanitaria dell’azienda ospedaliera San Carlo, Angela Bellettieri. Leggi qui
Come si dice in questi casi la giustizia farà il suo corso. Ma la vergogna? Da più parti, in queste ore stanno emergendo richieste di chiarimenti a Bardi, agli assessori Fanelli, Merra e Rosa. Ma cosa dovrebbero chiarire a questo punto? Se hanno o meno usufruito della corsia preferenzialecome ipotizza la Procura? E, siamo seri, potranno mai ammetterlo? Nella migliore delle ipotesi, come ha già fatto il presidente della Giunta regionale, potranno manifestare la loro “piena fiducia nella magistratura”, pur non essendo indagati, ed esprimere “rispetto per il dolore delle famiglie”. Con ogni probabilità faranno finta di niente aspettando che passi la “tempesta”.
È la vergogna la grande assente in questa vicenda. Eppure, mai come in questo caso, potrebbe essere catartico provarne ed ammetterlo pubblicamente. Perché tutti possiamo commettere errori, è umano avere paura, per di più di un virus che, all’epoca dei fatti emersi dall’inchiesta della Procura, ci ha travolto senza darci il tempo di comprendere cosa stesse accadendo. E tutti abbiamo provato terrore in quei mesi e in quelli a venire. Solo che quando la nostra paura lacera la vita di due famiglie perché qualcuno ha deciso che la vita dei loro cari valesse meno di quella di un assessore o un consigliere regionale allora sarebbe giusto vergognarsi e chiedere scusa. Cosa che siamo certi non accadrà perché, come spesso succede da queste parti, ci sono vite di serie A e vite di serie B. O se preferite i fessi e i furbi.