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Sua maestà Draghi e i suoi adepti hanno messo in ginocchio la democrazia

22 dicembre 2021 | 17:09
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Sua maestà Draghi e i suoi adepti hanno messo in ginocchio la democrazia
Mario Draghi

Si autoproclama Presidente della Repubblica così che la politica in Italia tocca il punto più basso dal dopoguerra ad oggi

“Ho realizzato il mio mandato, il governo può andare avanti chiunque lo guidi.” Sic dixit Mario Draghi alla conferenza stampa di fine anno.

Sottotitoli in italiano “o mi fate Presidente della repubblica o arrivederci e grazie” e poi “con me al Colle va bene qualsiasi facente funzione a Chigi e se non volete andare alle urne io sono il vostro garante”. Complimenti per la sintesi che implicitamente dice in due parole più o meno tutto.

Complimenti anche per il duplice strappo alla prassi e al ruolo della politica e dei partiti: è lui stesso che si autoproclama Presidente della Repubblica ed è sempre lui che si autopromuove per aver finito in così breve tempo il compito tanto da essere libero da qualsiasi impegno da primo ministro, con buona pace di chi lo vuole per i prossimi due anni vincolato a fare il capo del governo perché dopo di lui il diluvio.

Non lapidatemi quindi se non rimpiangerò Mattarella, come non avevo rimpianto Napolitano, e se non vedo l’ora che finisca l’era Draghi, come non vedevo l’ora che finisse l’era Monti. Perché? È solo per una questione di poco conto: la democrazia.

Capisco che la tutela della democrazia sia faticosa e impegnativa e che l’Europa non anglofona si trovi spesso a disagio con il concetto, ma ci sono affezionato. Capisco anche che non sia chic parlare bene dell’Angleterre dopo la Brexit, ma la Magna Carta, nel 1215, segnò la fine del feudalesimo e da allora, per i sudditi di sua Maestà, la democrazia non è solo retorica: un governo tecnico o della Corona da quelle parti sarebbe considerato un colpo di Stato.

Non storcete il naso! Guardate il recente, sul metro della Storia, track record degli stati europei. Nel ‘22 in Italia nacque il fascismo, che fece da laboratorio europeo, con la complicità dei latifondisti e della borghesia industriale: lo stesso danaroso ceppo sociale che oggi domina la finanza e vaga per teatri milanesi e fiorentini gridando bis a Mattarella. Finì a piazzale Loreto il 25 aprile del 1945: poco più di 76 anni fa. Pochi giorni dopo finì il nazismo iniziato in Germania nel ’33. In Spagna nel ‘39 il franchismo, finito nel ’75. In Portogallo Salazar, dal ‘32 al ’68 e nel ’67 i colonnelli in Grecia imperversarono fino al ‘74. Persino la Francia della presa della Bastiglia a Vichy nel ‘40, mentre i londinesi resistevano eroicamente sotto le V2, ha avuto la sua Salò. Insomma il DNA democratico della Unione Europea è tutto da verificare, in specie con quello che ha combinato in Grecia di recente. Da Giovanni Senzaterra ai Windsor la Corona ha invece le carte in regola.

A onor del vero un governo tecnico sarebbe inconcepibile anche al di qua della Manica: pandemia o meno si è votato ovunque in Eurolandia. Ops! Parliamo però di Paesi ricchi ‘più uguali degli altri’, in Italia siamo però poveretti e il voto non è concesso, neanche quando si fa cadere un governo che funziona, anzi proprio per questo!

Certamente la Costituzione è stata rispettata da Mattarella sul piano formale, ma il Presidente dovrebbe essere arbitro, non giocatore, e custode della volontà popolare espressa nelle urne. È stato così? Per me no. Una Repubblica Presidenziale garantirebbe di più gli elettori e meno le lobby occulte e le prepotenze europee? A questo punto direi di sì.

Nel 2018 il popolo italiano ha inteso voltare pagina, poi è stato un corri corri a ribaltare l’esito del voto. Colpo di grazia i voltafaccia di Grillo e Di Maio e l’insipienza di molti neo deputati e senatori: vera palla al piede di Conte. Il M5S avrà ancora il coraggio di presentarsi alle urne con questi voltagabbana?

Quando si insediò Draghi, Davide Faraone (Italia Viva) gli disse: “È lei in nostro MES”, una ammissione in parlamento del commissariamento del nostro Paese ad opera delle burocrazie europee.

Diciamoci la verità, Draghi è null’altro che questo: il commissariamento dell’Italia ad opera delle burocrazie europee.  Cosa c’entri tutto ciò con la democrazia non è dato sapere.

Insomma con noi è bastata qualche piccola torsione costituzionale per commissariare un Paese che difficilmente avrebbe accettato un commissariamento formale come con la Troika in Grecia.

Ed è talmente evidente lo spregio del gioco democratico che referendum come quelli sull’acqua pubblica e sul nucleare rischiano di essere gettati alle ortiche.

Draghi ora dice che “Le regole del patto di Stabilità come erano prima non sono andate bene e non hanno sostenuto i Paesi che avevano bisogno”   e nessuno alza il dito per dire che quelle regole e le loro implicazioni portano anche la sua firma? “Lo chiede l’Europa”, come non perde occasione di sottolineare Mario Monti, in realtà era: “Lo chiede la BCE di Mario Draghi”.  Il lungo elenco delle raccomandazioni di Draghi fu attuato dai governi Monti e Renzi e, stando a quanto scritto in un allegato al DEF del 2017 a firma dell’allora ministro dell’Economia Padoan del governo Gentiloni, ci è costato dal 2012 al 2015 300 miliardi di Pil . In aggiunta ai costi di Mps, dei derivati, della svendita del patrimonio pubblico e del salvataggio della Grecia, Draghi ci è già costato un botto. A pagare il conto sono stati gli italiani e non le burocrazie europee che dopo averci affamati pretendono di mettere il loro garante Draghi sul Colle, che, per la sua storia, sarebbe messo in difficoltà al primo dibattito elettorale.

Con Draghi al Quirinale la democrazia rischierebbe sempre di più, tra il disgusto per un parlamento sempre più balcanizzato e privo di dignità e un presidenzialismo di fatto che aumenterebbe il distacco dal voto, che già oggi supera il 50% della popolazione, visto che a prescindere dal suo esito a governare sono sempre gli stessi.  Questo parlamento di carneadi dovrà eleggere il nuovo Presidente della Repubblica che, chiunque sia, sarà figlio di ricatti e torbide manovre.

Per tutto ciò non sentirò la mancanza di Mattarella, sperando che mantenga il punto, l’unica cosa in grado di riscattare una presidenza non patriottica e neanche garante di tutti gli elettori. Dopo l’elezione del Presidente ci sarà comunque il voto popolare e, specialmente se presidente sarà l’euroburocrate Draghi, rimarranno le macerie di una democrazia da ricostruire. Unica soddisfazione la scomparsa dei carrieristi del M5S che bivaccano nel parlamento e nel governo.

In tutto ciò con l’autoproclamazione di Draghi al Quirinale si tocca il punto più basso dal dopoguerra della politica italiana.

Pietro de Sarlo