Stellantis Melfi, Francesco: “ho mollato la fabbrica, libero dalla gabbia, adesso sono padrone del mio futuro”

11 novembre 2021 | 16:10
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Stellantis Melfi, Francesco: “ho mollato la fabbrica, libero dalla gabbia, adesso sono padrone del mio futuro”

“Quando ho firmato il mio licenziamento, in famiglia mi hanno dato del pazzo, perché buttavo all’aria un lavoro sicuro, la Fiat di Melfi, che per entrarci ci vuole pure la raccomandazione. Lasciare però è stato l’inizio di una nuova vita”. A parlare è Francesco, nella platea dei giovani del job act che lo scorso 31 ottobre hanno lasciato la ‘fabbrica integrata’ di Melfi, oggi Stellantis, con un incentivo pari a 58mila euro ciascuno

“Quando ho firmato il mio licenziamento, in famiglia mi hanno dato del pazzo, perché buttavo all’aria un lavoro sicuro, la Fiat di Melfi, che per entrarci ci vuole pure la raccomandazione. Lasciare però è stato l’inizio di una nuova vita”. A parlare è Francesco, nella platea dei giovani del job act che lo scorso 31 ottobre hanno lasciato la ‘fabbrica integrata’ di Melfi, oggi Stellantis, con un incentivo pari a 58mila euro ciascuno.

La gabbia sociale Ripercorrendo questi lunghi 7 anni il giovane (ex) operaio non nasconde come all’inizio partiva con grande volontà. “Pensavo al posto sicuro, pensavo che avrei potuto far valere i miei diritti, che non sarei stato solo un numero”. Poi però la realtà. “Pian piano – racconta – mi sono accorto che a fare progressi dentro la fabbrica erano solo i lecchini appoggiati dagli apparati sindacali. Mentre vedevo anche giovani laureati, sulla linea, persino ingegneri, che venivano tenuti in bassissima considerazione”. E poi Francesco sentiva i discorsi di chi in fabbrica ci stava da molti più anni. “Mi sembravano tutti rassegnati, come se al di fuori di questa ‘galassia fiat’ non ci fosse nulla. Come se non ci si potesse reinventare, come se non ci fossero altre chance. Ho visto una gabbia. Ho iniziato a pensare che non avrei resistito a lungo”

“Schiavi dei turni e sindacati dalla parte del padrone” C’è un altro aspetto però che Francesco ha vissuto con grande insofferenza in questi anni. “Mentre le condizioni di lavoro in fabbrica peggioravano e spesso anche per fare la pipì ti mancava il tempo – spiega – dall’altra parte i nostri rappresentanti sindacali parevano solo impegnati a spegnere ogni scintilla e a tenere buona la folla”. Invece di “essere nostri alleati – sottolinea – parevano i nostri carcerieri. Questa cosa non l’ho mai buttata giù. E nell’ultimo anno le cose sono peggiorate. Si lavorava sempre peggio e senza nessuna tutela proprio da parte di chi è preposto a tutelarci”.

“Non chiedo grazie a Fiat. Il salario l’ho sudato” Alla domanda se si sente in cuor suo di ringraziare l’azienda per i 7 anni di lavoro Francesco non ha dubbi: “E perché mai dovrei ringraziare la fabbrica, non mi hanno mica regalato niente. Hanno deciso loro i miei ritmi lavorativi per 7 anni: ora super lavoro, ora 5 giorni di lavoro al mese. Senza possibilità di determinare e programmare nulla. Anche il mutuo che ho fatto quando siamo stati in Cassa ho avuto problemi a pagarlo”. E aggiunge: “Inoltre i sacrifici li ho fatti io lavoratore, mica i capi. I dolori alla schiena erano i miei, mica i loro”. E sull’incentivo al licenziamento? “Anche su quello, togliere una briciola al capitale di una multinazionale, cosa sarà mai. Loro sono quotati in borsa. Non se ne sono neanche accorti delle briciole che mi hanno concesso”.

“Fuori dalla gabbia” Francesco però ha stretto anche legami umani, in questi anni, coi colleghi. “Molti di loro sono amici, li stimo. Però gli voglio anche suggerire di non sottostare a quella gabbia sociale e mentale che diventa il lavoro in fabbrica. Di continuare a tenere la testa alta e a far sentire la propria voce”. Inevitabile una domanda sul futuro, fuori da quella che non esita a definire ‘gabbia’. “Dal 31 ottobre, giorno del licenziamento, mi sento libero e più rilassato. Ho in mente un progetto che spero di portare a termine. Anche se rischierò di non guadagnare gli stessi soldi a fine mese, almeno questa volta sarò io il padrone del mio futuro, senza dover ‘schiumare’ sulla linea col team leader che ti tiene il fiato sul collo e ti dice pure se e quando devi andare a pisciare”.