Storie e testimonianze |
Basilicata
/
Cronaca
/

Operaio Stellantis Melfi: “Ho strappato la tessera della Fiom, che sofferenza”

26 novembre 2021 | 17:21
Share0
Operaio Stellantis Melfi: “Ho strappato la tessera della Fiom, che sofferenza”
Una storica manifestazione alla Sata di Melfi (oggi Stellantis)

“Che delusione vedere il sindacato che per me rappresentava una speranza, firmare comunicati congiunti con le altre sigle, come fossero spot”

“Che delusione vedere il sindacato che per me rappresentava una speranza, firmare comunicati congiunti con le altre sigle, come fossero spot, inutili per i lavoratori, e sempre accondiscendenti nei confronti della proprietà”. A parlare, visibilmente amareggiato, è un operaio della Stellantis che non riesce più a credere neanche all’organizzazione in cui aveva riposto, storicamente, tutta la sua fiducia.

“Alla fine non ce l’ho fatta più – spiega – ho stracciato la mia tessera, con profondo dispiacere, ma mi sembrava di prendere in giro me stesso e tutto un passato che non riesco a seppellire in nome di un futuro che non si comprende”. L’operaio è amareggiato per come la Fiom ha affrontato quest’ultimo anno, in cui la nuova proprietà, Stellantis, è subentrata alla Sata, a San Nicola di Melfi. “Sono già diversi mesi – chiarisce – che non mi sento più tutelato. Il passaggio ad una sola linea, il peggioramento delle condizioni di lavoro. Tutte cose accettate senza battere un colpo che sia uno”. E ancora: “Non è questo il sindacato in cui mi riconoscevo, non è questa la bandiera che un tempo alzavo con fierezza”.

“Isolati da Marchionne e riammessi dalla Corte Costituzionale”. La storia, l’operaio, la racconta ripercorrendo gli ultimi 10 anni. “Era il 2011 quando la Fiat uscì da Confindustria e chiese ai sindacati di firmare il Contratto (CCSL) separato. All’epoca solo Fiom non firmò. E da lì iniziò una discriminazione nei confronti di noi operai tesserati a quel sindacato”. A porre fine a quell’“apartheid” ci pensò una sentenza della Corte Costituzionale, nel 2013. “Ma già allora il sindacato sembrava non essere più lo stesso di prima. Un tempo, infatti, si batteva contro i carichi di lavoro e per il salario”. Qualcosa si è rotto e non si è più risanato. “Nel 2018 alle votazioni sugli Rsl (rappresentanti della sicurezza sul lavoro) la Fiom prese 2500 voti, ma sono passati 4 anni e non è cambiato nulla”. Alle altre votazioni, quelle delle Rsu, “è stata esclusa per anni e ancora oggi le impediscono di partecipare alla competizione”. Un po’ come stare “con un piede dentro ed uno fuori”.

“Discriminati, invisibili, ma integrati”. Di qui una “totale subalternità” alle scelte prese da altri. “Invece di imporre una propria idea – attacca – la Fiom Cgil ha risposto salendo sul carro delle altre sigle sindacali”. Il prezzo che è stato pagato, pur di esserci ai tavoli, secondo l’operaio, è stato altissimo. “Carichi di lavoro e questione salariale sono scomparsi dalla trattative, quindi in sostanza è scomparsa la ragione per cui esiste la Fiom”. Ancora oggi, aggiunge “molti miei colleghi mi chiedono se la Fiom esiste ancora, se è rientrata nello stabilimento e se sì, perché non fa nulla davanti allo smantellamento di una linea e ad un futuro fondato su tagli sempre più chiari, se non addirittura delocalizzazioni”. Davanti a queste parole, pronunciate dai colleghi, il vecchio tesserato Fiom non sapeva cosa rispondere. Spaesato e affranto ha fatto l’unica cosa possibile per salvare almeno la propria “dignità”.

“Ho strappato la tessera, che sofferenza”. Nel ricordo delle battaglie passate, al fianco dei “compagni” della Fiom, “mi è sembrato di vivere una storia che non mi apparteneva più – afferma con rammarico – Mi sembrava di trovarmi davanti un apparato burocratico che era proprio ciò che contestavamo ai sindacati più aziendalisti”. A quel punto, cioè pochi mesi fa, “ho preso la tessera e l’ho strappata – ammette – E ad oggi ancora non ho trovato un motivo per ritornare sui miei passi. Tutto tace, non una mobilitazione, vista la situazione di incertezza in cui ci troviamo e i mille motivi per rilanciare una protesta, uno sciopero ai cancelli”.

“Aspetto un cambio di passo, chissà”. Quello dell’operaio, però, non è un addio definitivo. “Sto aspettando un segnale, un cambio di passo, un’iniziativa tesa a tutelare noi lavoratori”. C’è una parte di lui che vuole credere ancora in quello ‘slancio’ storico. “Ma se continuano a ragionare con la stessa testa della Fim e della Uilm non credo che cambierà nulla. Hanno perso ogni tratto che li distingueva. Che rammarico. Qualcuno che alzi finalmente la testa?”